Sappi che la mozzarella di bufala è la rovina archeologica di Paestum
Gillo Dorfles, professore di estetica all’Università di Trieste e a quella di Milano, è critico d’arte, pittore e filosofo. Gli piace Paestum e qui trascorre qualche giorno di riposo. La sua felice mano ha lasciato un bel ricordo con le etichette della Cantina San Salvatore 1988 che ha lui ha dedicato l’Aglianico Gillo. Mi è venuta in mente questa etichetta per la stretta connessione delle vigne e dei vini di San Salvatore (di cui ho apprezzato molto il Pian di Stio, Fiano da agricoltura biologica, e l’architettura della cantina che si affranca per quanto possibile dai moduli industriali della zona di Giungano) con il bufalo.
Gillo Dorfles, sempre lucidissimo osservatore della realtà sociale dei nostri tempi (tanto da far immaginare che abbia anche trascorsi da antropologo) ha scritto un articolo sul Corriere della Sera che già dal titolo non lascia adito a dubbi: il latte di bufala non vale Paestum.
La storia è abbastanza conosciuta. I terreni intorno all’area archeologica con i celebri templi e le mura ciclopiche sono privati. E i privati sono dediti alla coltivazione delle pannocchie di granturco che ancora acerbe finiscono nella dieta delle bufale. Che producono il latte origine delle migliori mozzarelle, scamorze e ricotte del mondo, come ricorda Dorfles.
La domanda è proprio questa: può un prodotto come la mozzarella di bufala tenere sottoterra una meraviglia come la città di Paestum e scientemente finire di distruggere quelle rovine che sono sotto i campi coltivati a granturco necessari per l’allevamento?
Per Dorfles non è possibile dare la precedenza a un problema di cibo piuttosto che a un’entità storico-artistica. E alcuni cittadini di Paestum hanno dato una risposta iniziando a coltivare prato in quei terreni per arrecare minor danni.
Probabilmente la risposta di un gourmet dipendente dalla mozzarella sarebbe ancora diversa poichè naturalmente proteso nell’individuare il migliore caseificio della zona. O forse si potrebbe trovare una soluzione diversa per riuscire a riportare alla luce tutta l’antica Paestum salvando in un sol colpo bufale e testimonianza archeologiche.
Anche perché l’area degli scavi non gode di buona salute se è vero che ricercatori stranieri sono fuggiti davanti al degrado della necropoli del Gaudo, alle spalle dei templi o si ha la possibilità di aprire una discarica abusiva a poca distanza.
Ci piacerebbe ascoltare una voce del Consorzio di tutela della mozzarella Dop che nel latte in eccesso ha una sorta di iattura commerciale che l’ha portata al cambio del disciplinare e alla previsione di un congelamento del prodotto (ai link trovate le video interviste a Rivabianca e alla Tenuta La Cardonia).
Potrebbe essere questa culturale una strada per la valorizzazione del latte e della mozzarella di bufala che un po’ di lustro lo deve anche a quei templi intorno cui in altri tempi pascolavano le bufale?
[Link: corriere.it. Immagini: Azienda Agricola San Salvatore]