Milano. Cibo, vino, arte, design, moda di alta gamma o in una parola Larte
Bella gente all’inaugurazione del Larte. C’era questo c’era quello (e c’ero anch’io): vip e nip, potenti e potentati vari, presenzialisti e attivisti, e naturalmente non poteva mancare qualche blogger – anzi foodblogger – ormai imprescindibili per meriti acquisiti sul campo, meglio, a tavola. Contemporaneamente vip e nip, mi sono aggirato in questo ambiente nuovissimo con interesse, vuoi antropologico vuoi gossiparo, ma soprattutto, scusatemi, culturale e gastronomico.
Larte – senza apostrofo (e dal logo futuristico – nel senso di Depero, naturalmente) – è un progetto nato all’interno della Fondazione Altagamma (ovvero, da vent’anni le eccellenze italiane di fascia alta) che ha visto la luce a Milano, in via Manzoni, a due passi dalla Scala, dirimpetto alle Gallerie d’Italia, quattro passi dal Museo Poldi Pezzoli e da Casa Manzoni, un po’ di più da Brera eccetera (localizzazione quindi significativa, che ben si attaglia al nome; consideriamo poi che in questo stesso edificio nacque il “gran Lombardo”, Carlo Emilio Gadda, epitome di milanesità, ma anche di ideazione, di “design” linguistico direi quasi).
Un gruppo di soci e partner (alfabeticamente: Alessi, Artemide, Baratti & Milano, Bellavista, Ca’ Del Bosco, Caffarel, Cantine Ferrari, Capri Palace Hotel, illycaffè, MK Consulting, Federico Regalia, Sanpellegrino, Santo Versace) ha, come si dice, “fatto sistema”, e aperto questo spazio in cui far convivere enogastronomia, arti, design, moda. La direzione creativa è di Davide Rampello, che ha introdotto la serata di fronte a un pubblico abbastanza rumoroso (mandibole all’opera, chiacchiericcio persistente – ma noi #braviblogger ce ne stavamo lì buoni buoni ad ascoltare): si tratta di uno spazio commerciale ed emozionale, che accoglie e ospita come una casa, o anzi un caffè (Illy), più una cioccolateria (Baratti & Milano e Caffarel), più un’hosteria (ecco, magari questo più a livello etimologico che come target…), più aperitivi (Franciacorta e Trentodoc: Bellavista, Ca’ del Bosco e Ferrari) abbinati, leggo, al “cibo nudo” (e in effetti, l’aperitivo d’inaugurazione prevedeva una miriade di assaggi non “elaborati”, vorrei dire, abusando della mia stessa pazienza, “in purezza”), più un ristorante (la direzione operativa è affidata ad Acropolis – Capri Palace Hotel con il general manager Ermanno Zanini e per la parte ristorazione Tonino Cacace), più un negozio galleria spazio espositivo. Tutto insieme: ecco perché Larte, senza apostrofo, e con parole chiave declinate.
Il Caffè, luogo di ritrovo per eccellenza, attorno a questa bevanda si è sviluppata in Italia una cultura dell’intelligenza e della conversazione, un modo di stare insieme che ha dato luogo a movimenti letterari e artistici.
La Cioccolateria è altrettanto un’offerta non solo di prodotto, ma di un mondo dove l’Italia ha rinnovato la sua tradizione portandosi, grazie a una nuova e inedita interpretazione del cioccolato, ai vertici mondiali.
L’Hosteria è da sempre un luogo totalmente italiano dove in tutta la penisola si esercita l’arte dell’ospitalità che, in questo caso, è incentrata sull’offerta dei vini.
Il Ristorante ha nella sua etimologia il concetto di “ristorare”, dare vigore, nuova energia, elaborando tutte le formidabili varietà del patrimonio agroalimentare italiano che non ha pari nel mondo. Pensiamo alla varietà e alla biodiversità del patrimonio orticolo, cerealicolo, dei legumi, delle carni, dei formaggi e degli oli italiani, dei vitigni, ecc … caratterizzata da una qualità altissima e da una straordinaria memoria che ha radici millenarie.
La Galleria: l’Italia ha da sempre espresso momenti altissimi nei linguaggi artistici. LARTE farà riferimento al moderno, al contemporaneo, a quei movimenti e opere che dal dopoguerra in poi hanno influenzato il linguaggio artistico nel mondo: pensiamo a Burri, Fontana, Manzoni, …
Lo spazio è molto bello: un ingresso lineare e moderno, forse non larghissimo (vista l’occasione era particolarmente sovraffollato), che consiste in un lungo corridoio, che porta a un altro corridoio e a una cucina e che arriva a una bella sala post-industrialeggiante con una saletta ulteriore. Cucina e saletta sono divisi dalla sala da una grande vetrata satinata effetto ti intravedo o magari no. Opere d’arte, belle luci, pareti a pioli che poi reggono bottiglie (ovviamente “finte”), oggetti, moduli vari. Bisognerà rivederlo in una situazione normale: certo l’occhio era più attratto dalle ottime mozzarelline e dalle fette di affettato che dalle preziosità artistiche.
Serata Piacevole, mi sono divertito, anche grazie agli amici foodblogger, e alle cose che ho assaggiato, alcune assolutamente meravigliose; per il resto, affollata e rumorosa, come sempre in questi casi. C’era questo c’era quello, dicevo: così ho intravisto, salutato, urtato, ignorato, a seconda dei flussi di folla, Gualtiero Marchesi, Davide Oldani, Bruno Barbieri, Fiammetta Fadda, Allan Bay, e poi Adriano Galliani e Lapo Elkann, Enzo Miccio, non ho proprio visto Csaba Dalla Zorza e Andrea Berton – ma ho assaggiato solo qualcosa qua e là.
Larte è un manifesto e anche il Ristorante spiega la sua filosofia. Ve la copioincollo dal magazine ufficiale che trovate in pdf.
Ne LARTE la cucina è un concetto semplice e circolare: innovazione, tradizione, nuovi piatti e valorizzazione dei classici. L’impegno principale sarà restituire ai prodotti la centralità del proprio ruolo, selezionando accuratamente i migliori talenti gastronomici del nostro territorio, seguendo i cicli stagionali e rendendo gli ingredienti dei nostri piatti riconoscibili senza tradirne le origini.
La creazione dei piatti non potrà prescindere dal bisogno che sentiamo di attingere al patrimonio gastronomico che il nostro Paese ha ereditato. Prima di investigare nuove strade LARTE vuole valorizzare – in maniera moderna – quei piatti e quei sapori che popolano la memoria olfattiva e gustativa italiana, e che raccontano una storia più complessa, di valori sedimentati e collettivi. Un lavoro filologico e non un esercizio autoreferenziale.
LARTE si proporrà anche come crocevia e luogo d’incontro di tutte le eccellenze gastronomiche del nostro Paese. Tutti i mesi – per una settimana – LARTE ospiterà un guest chef che, in rappresentanza di una Regione italiana, racconterà attraverso la propria cucina la specificità del Territorio da cui proviene. Agli incontri parteciperanno anche piccoli produttori e allevatori di eccellenza che operano negli stessi “Terroir”.
Se avete ancora dubbi sull’importanza della Cucina nell’anno di grazia 2013, aggiungerò che è sempre visibile, contenuta com’è in un boudoir che al centro del locale. Si svela sensuale appena coperta dalla sottile tela di lino inserita nella grande vetrata che la separa dalla grande sala. Anche l’acciaio inox concorre al gioco di seduzione del “vedo-non vedo”, con il colore bronzeo che gli è stato regalato da un processo naturale, leggo ormai rapito nel magazine.
La posizione centrale serve anche a diffondere in maniera discreta gli aromi. Due grandi pass, a contatto diretto con l’area di impiattamento, hanno forma di espositore per potenziare le fragranze dei piatti in uscita con pochi inserti di piante aromatiche che cambieranno al variare del menu e delle stagioni. E non saranno essenze, ma prodotti freschi profumati da Madre Natura. Per me questo è più di un manifesto programmatico.
Io posso dire che ho mangiato bene, benissimo: ho già accennato alle mozzarelline, e poi c’erano formaggi, tartine burro acciughe, affettati, mandorle avvolte in una sottile striscia di pasta. A occhio, molti prodotti campani o giù di lì, e veramente di una freschezza e bontà tali da ben rappresentare il concetto di “alta gamma”. I fornitori per la parte gastronomia sono Aceto Balsamico Giuseppe Giusti, Allegrini, Birra Menabrea, Calvisius Caviar, Coppini Arte Olearia, Masi Agricola, Pastificio Gentile dal 1876, Prosciuttificio Dok Dall’Ava, Urbani tartufi (mentre arredo e art de la table fanno affidamento su Ballarini 1889, Coltellerie Berti 1895, Florim, Jannelli e Volpi, Listone Giordano, Paron Arredamenti, Sirman, Zafferano calici e bicchieri, Zanotta).
La salettina in fondo conteneva quattro tavoli con quattro prosciutti Dok Dall’Ava, ovvero San Daniele del Friuli, che venivano amorevolmente affettati e proposti all’assaggio. Se il Dok Dall’Ava di San Daniele era buono, e quello un po’ più stagionato anche, il Fumato, affumicato, era meglio – ma il Patadok, ovvero maiale dell’Estremadura lavorato qui in Italia, beh… ne ho assaggiato a più riprese, visto che non son riuscito a farmi dare l’intero prosciutto.
E non ho trovato nemmeno un aggettivo che ne descrivesse la bontà, sapidità, pienezza, scioglievolezza. In questo contenitore nato nel cuore di Milano.
Larte. Via Manzoni 5. 20121 Milano. Tel. +39 02.89096950