Olio di Palma. Bastano uno spot della Nutella e un convegno per riabilitarlo?
Potrei partire dalla fine e dire che uno se ne torna a casa con la convinzione che il progresso implica (e sempre così sarà) ricerca e sfida, verifica e discussione, ribellione ai luoghi comuni e responsabilità. E che su ogni polemica o demonizzazione vince la sostanza dei dati. E che questi dati devono e possono essere comunicati adeguatamente. Che la misura nelle scelte di consumo e nello stile di vita vincerà sempre. E che l’olio di palma non è il demonio.
Oppure riavvolgo e racconto. Ferrero – “da 70 anni la qualità prima di tutto” – si è esposta, organizzando un convegno per inquadrare con maggiore ampiezza la questione dell’olio di palma e sostanziare la responsabilità delle proprie scelte. Un convegno con gli occhi di tutti puntati addosso – sostenitori, detrattori, complottisti, ambientalisti, scienziati, consumatori.
Ferrero ha anche lanciato anche uno spot pubblicitario.
Considerata esempio di best practice dalle principali ONG, Ferrero dichiara l’uso di un olio di palma 100% sostenibile nella Nutella e nelle merendine,
- attingendo da piccoli produttori o cooperative,
- spremendo l’olio da frutti freschissimi, trattandolo a bassa temperatura e portando le lavorazioni finali all’interno dell’azienda,
- tracciando il prodotto dall’inizio alla fine
- vantando un livello di contaminanti notevolmente al di sotto del livelli minimi raccomandati dall’EFSA – quindi al di sotto degli altri olii di palma presenti sul mercato – e in linea con i valori degli altri olii vegetali correttamente processati,
- aderendo ai più stringenti criteri RSPO (Roundtable for Sustainable Palm Oil) e redigendo un proprio decalogo per un olio di palma sostenibile, a garanzia del fatto che tale olio non contribuisce alla deforestazione né all’estinzione di specie, all’elevata emissione di gas serra o alla violazione di diritti umani,
- partecipando al POIG (Palm Oil Innovation Group), piattaforma di innovazione e sorveglianza della sostenibilità accanto a WWF, Rainforest Action Network e Greenpeace e altre associazioni non-governative ambientaliste internazionali
Dal panel dei relatori, è venuta una varietà di prospettive medico-scientifiche, tecniche, economiche, socio psicologiche, ambientalistiche che hanno restituito all’olio di palma lo status di un ingrediente sicuro.
Alain Rival, CIRAD Resident Regional Director for Southeast Asian Island Countries, ha spiegato l’importanza della palma da olio come una delle risorse agricole più remunerative delle regioni tropicali umide e il suo impatto sullo stile di vita e sull’ambiente alla luce dell’intensificazione di scelte ecologiche – un cambiamento monitorato attentamente dalle ONG.
Elena Fattore, Ricercatrice Dipartimento Ambiente e Salute, IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” ha acceso una luce sulla cosiddetta ipotesi lipidica, ossia la relazione tra il consumo di acidi grassi saturi e il rischio di malattie cardiovascolari. “In nessuno degli studi recenti – ha affermato – è stata confermata relazione causale. La campagna denigratoria sull’olio di palma, basata sul fatto che quest’olio contiene una percentuale maggiore di acidi grassi saturi rispetto ad altri oli vegetali non ha alcun riscontro nell’evidenza scientifica”.
Carlo Agostoni, Direttore Pediatria Media Intensità di Cura Fondazione IRCCS Ca’ Granda-Ospedale Maggiore Policlinico sottolinea: “in questo momento non ci sono dati clinici a supporto di manifestazioni negative in seguito a ingestione di olio di palma”; inoltre “l’acido palmitico ha una centralità peculiare nella nutrizione infantile, rappresentando il principale acido grasso saturo”. Acido che è contenuto nel latte materno.
Giovanni Lercker, Docente dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari ha evidenziato la versatilità dell’olio di palma per dare gusto, fragranza, consistenza al prodotto, mettendo anche in luce la ricchezza di antiossidanti utili alla stabilità – resistenza all’ossidazione. L’olio di palma è universalmente considerato l’alternativa principale ai grassi idrogenati, contenenti acidi grassi trans nocivi per la salute umana.
Giovanni Fattore, Direttore del Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management Pubblico e Ricercatore CERGAS (Università Bocconi), ha letto la campagna denigratoria dell’olio di palma sul duplice fronte delle lotte commerciali a tema salute alimentare e sostenibilità ambientale, e della diffidenza verso un prodotto proveniente da economie in via di sviluppo – un sottile razzismo?
Di marketing del “senza” e di dinamica delle bufale potenziate dalla pervasività della rete, ha parlato Claudio Bosio, Preside della Facoltà di Psicologia e Professore di Psicologia del marketing e dei consumi presso l’Università Cattolica di Milano – facendo notare come la parola “senza” automaticamente consideri nocivo l’ingrediente omesso e crei un immediato discrimine tra buoni (coloro che non usano l’ingrediente) e cattivi (coloro che lo usano). Salvo poi impiegare ingredienti per altri aspetti peggiori o di minor valore, godendo ormai di un favore costruito.
Marco Silano, Direttore del Reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato il ruolo dell’ISS nel garantire la sicurezza alimentare e nutrizionale attraverso la gestione , la valutazione, la comunicazione del rischio. Se valutazione e gestione sono attività svolte da Enti, Agenzie ed Istituti ben identificati e tracciabili, la comunicazione del rischio ha molteplici livelli ed è l’area più critica. Ora, il parere dell’ISS sull’olio di palma è che “la letteratura scientifica non riporta l’esistenza di componenti specifiche dell’olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute.”
Chiara Campione, Senior Corporate Campaigner Greenpeace Italia, ha evidenziato il concetto di alleanze selettive. Allora, in un contesto problematico dove – nel caso dell’olio di palma – i problemi si chiamano distruzione delle foreste torbiere, accaparramento dei terreni e fumi inquinanti degli incendi, Greenpeace promuove azioni e alleanze con organizzazioni e aziende per rafforzare e rendere più ambiziosi gli standard in fatto di responsabilità ambientale, partnership con comunità locali e integrità aziendale e di prodotto.
Quindi, da domani, abbuffate di Nutella?
Non esageriamo. Piuttosto, nutriamoci di senso critico.