Come si mangia l’olio? Il libro che ti fa conoscere l’extravergine di qualità
“Sull’insalata.” Ammettiamolo – è la prima risposta che ci viene in mente leggendo la domanda-titolo di questo libro, Come si mangia l’olio?
Che va bene, ovvio. I gastrofighetti, avranno pensato “su un crostino di pane possibilmente sciapo, anzi, senza la crosta che potrebbe serbare un sentore di bruciaticcio che…”
I più naïve avranno pensato “Ci friggo la qualsiasi.”
Bene anche così. Ma, naturalmente, c’è di più.
E questo “di più” ce lo spiega appunto Come si mangia l’olio, il bel libro(ne) di Andrea Leonardi, Filippo Falugiani e Franco Pasquini (Edizioni Polistampa, 176 pp., 32€), edito con il contributo della Fondazione Chianti Banca. È stato presentato mercoledì scorso a Milano, nella scuola di cucina naturale di Pietro Leeman, a pochi passi dal suo ristorante Joia. Leeman è anche uno dei cuochi che hanno scritto le ricette riportate nel volume – gli altri sono Gaetano Simonato (Tano Passami l’Olio, Milano), Vito Mollica (Il Palagio, Firenze), Lino Scarallo (Palazzo Petrucci, Napoli), Guido Havercock (La Tavola di Guido, Castellina in Chianti), Oliver Glowig (Ristorante Oliver Glowig, Roma), Vincenzo Capuano (Rossopomodoro Lab, Milano).
Il libro(ne): perché è in formato A3, praticamente un lenzuolo. Il che ne aumenta il fascino, dando particolare rilievo alle immagini: i piatti risultano più veri del vero. E questo a noi di Scatti di Gusto piace – tanto da essere aver voluto contribuire all’impresa. I nostri “scatti di gusto” parlano di prodotti e di produttori, di chef e di piatti, privilegiando le fotografie, convinti come siamo che le parole e le immagini siano assolutamente complementari, dando le une forza e profondità alle altre. E quindi, non potevamo non esserci.
Ma andiamo con ordine. La presentazione, condotta dalla nostra Daniela Ferrando, ha visto schierati gli autori, i responsabili di ChiantiBanca, e, oltre a Leeman, padrone di casa, un altro degli autori delle ricette, il pizzaiolo Vincenzo Capuano (che, oltre a impastare e infornare ottime pizze, andare in giro per i Rossopomodoro del mondo, partecipare a lezioni universitarie, trova anche il tempo per queste cose). Daniela è riuscita a tessere una rete che ha toccato tutti i temi principali del libro – a partire dagli abbinamenti fra olio e piatti, che ne è il tema portante, e che è stato interpretato appunto nelle ricette proposte con una serie di indicazioni puntuali.
Ad esempio: al piede della ricetta del Soffice di Robiola all’Olio EVO, un piatto dei quattro (tanti ne vengono proposti da ogni chef) creati da Tano Simonato, un “Soffice di robiola e albume all’olio extra vergine con tuorlo disidratato, caviale e tartare di scampi,” si legge questa descrizione degli abbinamenti oleari:
“Olio leggero (Liguria, Brisighella, Piemonte, Garda); per il caviale olio leggero (Brisighella); per la tartare di scampi Olio medio, con profumi di tipologia più morbida, ma di buona intensità (Sicilia, Sardegna, Marche).”
Peraltro, va notato che Tano è forse l’unico a indicare, in alcune ricette, anche i diversi oli da usare nei diversi momenti della preparazione.
Mentre per un’altra ricetta del libro, una di quelle preparate da Vincenzo Capuano, la Pizza Pomodorosa (con 4 tipi diversi di pomodori: datterino giallo battipaglia, pomodoro antico slow food, pomodoro del piennolo, pomodorino di corbara), le indicazioni da un lato puntano l’attenzione sul rapporto sensoriale fra gusti e sentori, dall’altro offrono una panoramica di possibilità gustative che copre tutta l’Italia:
“Anche se, come abbiamo detto, il pomodoro aiuta a diminuire la percezione dell’amaro, la prima nostra scelta dovrà ricadere su oli che abbiano sentori di pomodoro e che ne possano semmai amplificare il gusto e l’olfatto. Per cui, olio con piccante medio-intenso, amaro medio-lieve, ma soprattutto sentori di pomodoro verde, foglia di pomodoro, basilico, sfalcio d’erba primaverile, foglia di fico, ricordi di banana. Tutti profumi freschi e morbidi insomma che dovranno accompagnare e amplificare l’odore di pomodoro. Bene Ravece e Itrana, così come Nocellara e Tonda Iblea, un’ascolana tenera (Marche), la grossa di Cassano (Calabria), bosana e semidana sarde. Volendo azzardare sull’amaro potremmo consigliare una bianchera friulana, che però offre anche sentori ben definiti di pomodoro verde; o anche un grignano veneto.”
La partnership di Scatti di Gusto si vede anche in questa scelta di un pizzaiolo a fianco di questi chef: siamo o non siamo i più titolati a parlare, e far parlare, di pizza?
Il volume si apre con una sezione dedicata all’utilizzo dell’olio extra vergine di oliva in cucina, e comprende anche un’accurata guida all’analisi sensoriale – anzi, “Elementi di Fisiologia Sensoriale”; per i più maniaci, c’è anche una scheda di valutazione sensoriale. Attenzione: non dell’olio in sé, da solo, ma dell’olio nel piatto e con il piatto. Anche se la degustazione dell’olio in sé, come ci ha dimostrato praticamente, l’altra sera, Matteo Mugelli, produttore degli olii e dei vini Torre Bianca (sì, abbiamo assaggiato anche questi), è un passaggio fondamentale per la scelta di un olio anziché un altro, ovviamente anche per la ristorazione. Scaldare leggermente l’olio in mano, nel bicchierino tenuto coperto con l’altra mano, e rotearlo leggermente per aumentare la superficie del liquido che libera gli aromi, annusare, assaggiare…
Mugelli è un esperto di tecniche di frangitura, ed è anche cofondatore, con Filippo Falugiani, dell’AIRO, l’Associazione Internazionale Ristoranti dell’Olio, che ha curato questo progetto editoriale, e che organizza anche (con l’Associazione Premio Il Magnifico) un importante concorso internazionale per extravergini, Il Magnifico, i cui vincitori sono illustrati in un altro capitolo del libro (anche qui, ogni olio vincitore con una bellissima foto a tutta pagina).
Segue rinfresco, curato da Leeman, a cui è stato possibile aggiungere qualche goccia degli oli degustati in precedenza – così, per vedere l’effetto che facevano: assolutamente notevole.
Quindi? Quindi, l’olio è sicuramente un ingrediente da ri-valutare, in particolare nella ristorazione medio-alta, dove spesso è trattato come un elemento secondario, trascurandone le potenzialità. Anche per questo noi di Scatti di Gusto siamo favorevoli all’istituzione, nei ristoranti, di una Carta dell’Olio, magari, perché no, con un apposito sommelier, che tenga conto delle realtà locali.
Io intanto mi informo su un corso di degustazione da frequentare…
[Immagini: Superioradv.agency, Scatti di Gusto, iPhone Emanuele Bonati, iPhone Daniela Ferrando]