Roma. Filodolio Cucina Extra Vergine, ristorante per gli appassionati di olio di oliva
In un curato locale nel cuore del quartiere africano a Roma si trova Filodolio.
Il titolo, però, non è un semplice nome, ma una filosofia: la scelta di accompagnare ogni piatto con il succo del celeberrimo frutto mediterraneo.
Un modus operandi avvantaggiato dall’appartenenza del ristorante alla penisola baciata del mare nostrum. Una penisola che definisce la carta degli oli e di conseguenza il menu che non si distacca dal territorio nazionale per cercare un prodotto nemmeno di provenienza vicina. Il diktat è quello di una spremuta di olive italiane.
Sviluppato su due piani e (quando il municipio lo permetterà) all’esterno, il ristorante si compone di tre ambienti a diversa luminosità che calzano alla perfezione, pranzo, aperitivo e cena.
Ma bando alle ciance, quel che incuriosisce è la capacità dello chef di abbinare a ogni piatto un olio a crudo, anche dove l’impresa sembra più ardita. Un compito svolto (quasi) senza mancanze da Alfonso Aquino.
Gli entrée sono in parte ispirati al futuro progetto dell’aperitivo, un concetto che se ben sviluppato gioverebbe al locale e alla scena romana che si trova sguarnita di proposte valide per stimolare l’appetito.
Si comincia quindi con delle chips di nero di seppia e polvere di lampone, componente che domina il morso con una spiccata punta di asprezza finale.
Insieme troviamo una, purtroppo, più anonima chips al pomodoro con maionese di basilico.
Candidata per la comparsa sulle tavole imbandite di Spritz è la focaccia con spuma di burro e alici guarnita da un germoglio di aglio. Un boccone fresco ma dal gusto pieno e in generale abbastanza consistente da reggere l’alcol.
Sulla stessa scia segue il bun (preparato in house e degno di nota) per l’hamburger al tonno e cipolle di Tropea marinata in aceto di lamponi: una soluzione stuzzicante che penalizza però il pesce, quasi oscurato dalle forti note di acidità.
Si entra nel vivo con le bruschette di pane condite con due olii, un fruttato con note aromatiche di finocchietto e a seguire un deciso blend umbro di quattro varietà che chiude la degustazione.
Una degustazione intesa per un pubblico non educato in grado di carpire, grazie anche a un pane neutrale, i differenti aromi. Ciò però non priva il locale di ospitare delle degustazioni per palati più consapevoli ed esplica il doppio binario su cui si muove il ristorante con un percorso più “semplice” e uno più ardito allo stesso tempo.
A destare il mio interesse tra gli antipasti è il raviolo aperto di seppia (9 €) con guanciale e crema carbonara, un abbinamento insolito per la presenza del mollusco che si rivela però la parte più gradevole in quanto la carne suina soffre di eccessive untuosità e sapidità: forse l’aggiunta dell’olio a crudo non era necessaria. Consigliamo la degustazione a chi dello stomaco sa farne capanna.
Ben diversa è l’esperienza che ruota intorno alla cheescake (12 €); guarnita con alici marinate nella loro stessa colatura e strutturata su vari livelli, a partire dal biscotto di parmigiano, passando per la ricotta di bufala e alla gelatina di pomodori. Quest’ultima, particolarmente acida e pronta ad imporsi, è comunque insidiata dai sapori forti della sapidità del pesce e dal grasso dei latticini.
Il risotto con broccolo romano (12 €) riprende il concetto di contrasto tra clientela profana ed “educata” configurandosi come proposta quasi ruffiana, adatta a chi non cerca di sperimentare qualcosa di impegnativo. La burrata affumicata e il pomodorino del resto si sposano bene insieme supportati da una base di risotto (cremoso) e guarniti da un olio di varietà Coratina che enfatizza il rosso vegetale. Una scelta che sicuramente non dispiacerà a nessuno.
Antitetici sono i tortelli cotti (11 €) in acqua di peperoni e adagiati su una crema estratta da questi ultimi. Una scelta forse barocca e il condimento quasi soffoca la pasta, ma fortunatamente la cottura viene eseguita a dovere donando una valida consistenza al raviolo che custodisce un ripieno di pollo. La valutazione è nel complesso positiva e premia la capacità di equilibrare i sapori.
Nella guancia di maiale (13 €), immersa nella scarola e accompagnata dal cipollotto, spicca l’ottima cottura della carne che rimane fulcro del piatto prestandosi al condimento di entrambi i vegetali senza una nota gustativa preponderante. Ciò la rende adatta anche ad accogliere (nuovamente) il blend umbro e il suo già noto aroma.
Simile è il capocollo cotto a bassa temperatura con verdure “baby” e maionese di rafano (15 €). La carne rimane morbida anche grazie alle venature di grasso e i condimenti rimangono tali, relegato a un ruolo complementare ma secondario.
L’agnello scottato (14 €) si sottrae alla tradizione romana che lo vuole ben cotto e arrostito e si presenta al cliente dopo una cottura nappata al burro che mantiene la carne tenera. Ottimo è l’accostamento con la crema di cicoria pur soffrendo di un protagonismo che affligge anche le altre carni, un’arma a doppio taglio che sposta i riflettori sulla proteina mentre l’olio anche qui è secondario e si nota paradossalmente sul topinambur, la rapa attenuata che accoglie la nota fruttata non troppo intensa del filo d’olio.
Primo ad arrivare tra i dolci è la spuma di ricotta di bufala (7 €) con mela verde e spugna di pistacchio. Un piatto forse confuso a partire dall’impiattamento che più simboleggia quel che il ristorante è ora, acerbo ma con ottime potenzialità.
Il piatto necessita di una struttura migliore che verrà con la sperimentazione e che dovrebbe vedere la superlativa spugna protagonista e non relegata ai confini del piatto, la mela verde sciacqua la bocca da uno degli oli più delicati della selezione e smorza il dolce della crema.
Nella pannacotta (6 €) invece l’abilità dello chef è in atto e non più in potenza: un lingotto a cui si arriva passando prima per la sfera di cioccolato bianco ripiena di mango, per la spuma e il tocchetto del suddetto frutto, un climax discendente di consistenze che si chiude con la nota di unto dell’olio, probabilmente uno dei miglior piatti mangiati durante il pasto che riesce a non stuccare pur presentando solo elementi dolci e sposando l’oliva alla perfezione, la bandiera del locale.
Con un costo medio che si attesta sui 35 € a persona il locale è una proposta interessante nella zona di Conca d’Oro e di Roma in generale. Considerati inoltre i margini di miglioramento che vengono inseguiti con determinazione dal patron e dallo chef, il ristorante è sicuramente degno di una vostra prova.
Fateci sapere nei commenti cosa ne pensate.
Filodolio Cucina Extravergine. Via Tripolitania, 147. Roma. Tel. +39 06 8621 2938