Riaperture. Il sondaggio elenca i 4 requisiti dei migliori ristoranti
Secondo un’indagine di Tradelab, 8 Italiani su 10 ritengono che torneranno a frequentare bar e ristoranti, anche se con cautela e in totale sicurezza.
Del resto, per i nostri connazionali la voglia di normalità è tale che oltre 7 italiani su 10 sono disposti a rinunciare alla propria privacy, almeno nella fase iniziale di “restart” (con picchi di consenso nelle fasce della popolazione più colpite dall’emergenza Covid-19, oltre che naturalmente tra Gen Z e Millennials).
All’interno di quella che sarà il “New Normal”, cambieranno alcune abitudini di consumo, spiegano da Hostmilano, la manifestazione in programma a fieramilano dal 22 al 26 ottobre 2021.
Quattro requisiti per i locali migliori
Ad essere premiati saranno i locali in grado di garantire
- la presenza di pochi avventori in contemporanea (75%)
- una perfetta pulizia (59%)
- il rispetto delle norme (53%)
- la distanza tra i tavoli (50%).
Risultato: nella fase di riapertura ci sarà un Away From Home più intimo, fatto di consumi individuali o di gruppi ristretti, dove si sceglieranno locali conosciuti o già frequentati in passato
Una voglia di normalità che accende qualche luce di speranza sull’effetto Covid-19 sulle diverse filiere dell’ospitalità professionale che a causa del lockdown ha visto mandare in fumo un quarto del giro d’affari annuo dell’intero settore dei consumi fuori casa; un mercato che nel 2019 ha superato quota 86 miliardi di euro, frequentato da circa 40 milioni di Italiani.
Arriva l’epoca della distanza
L’epoca della distanza. La chiamano così i sociologi, l’era del post-pandemia. Quando ad affermarsi sarà un nuovo paradigma, composto da valori che vanno dalla sostenibilità alla competenza, passando per una nuova qualità del tempo e dello spazio.
In questo contesto, sarà la città a dover essere ripensata nel suo complesso, locali e spazi pubblici compresi. Per i designer però, il compito non sarà tanto di progettare il distanziamento, ma piuttosto di immaginare oggetti e ambienti diversi, in linea con la nuova vita della fase 3, e la sua inevitabile tendenza al decongestionamento.
Dal punto di vista architettonico, lo sottolineano in molti, diminuirà il numero delle superfici, perché tutti avremo meno cose intorno, e saremo molto attenti a non sprecare quelle risorse che, in altri momenti, potrebbero risultare fondamentali. Con il risultato che si tenderà a privilegiare la pulizia – reale e metaforica – degli spazi, anche di quelli che condividiamo con gli altri. E gli oggetti? Quelli che sopravviveranno alla pandemia saranno per forza di cose “intelligenti”, in grado di svolgere funzioni diverse a seconda dell’esigenza; proprio come i sistemi domotici, capaci di sfruttare la tecnologia per evitare i contatti non necessari.
Sicurezza: le nuove regole per i locali di domani
Nella nuova era – aziende e professionisti sono tutti d’accordo – a cambiare saranno anche, se non soprattutto, le strutture dedicate all’ospitalità. A cominciare dagli hotel, dove la distanza sociale condizionerà la ri-organizzazione di hall, aree comuni e perfino di procedure come check-in e check-out. Spazio dunque all’automazione e all’Internet of Things, per favorire le comunicazioni con gli ospiti in modo diretto, oltre che alla ricerca di materiali nuovi che possano essere igienizzati velocemente e senza rovinarsi.
Nei punti vendita invece, al posto delle tracce sul pavimento che indicano la distanza da mantenere, domani potrebbero arrivare schermi o superfici trasparenti attraverso cui dialogare, con la giusta distanza.
Al ristorante poi, oltre a separare i tavoli con pareti leggere in plexiglass, andrà rivoluzionato anche il servizio; e addirittura potrebbe cambiare anche la forma stessa dei piatti, per evitare ogni possibilità di contatto tra il cameriere e la pietanza da portare in tavola.
Anche sul fronte dei format, le ipotesi allo studio sono molte: dalle casse automatiche per la gestione del menu e del pagamento, all’elaborazione di tunnel che, oltre alla sanificazione di persone e cose, misurano la temperatura corporea e verificano la presenza di mascherina e guanti. Per non parlare della possibilità di inserire murali caldi all’interno del locale, ideali per mantenere i cibi alla giusta temperatura in attesa che siano gli stessi clienti a ritirarli, riducendo al contempo gli spazi dedicati agli arredi.
Tutte da esplorare, infine, le opportunità di sviluppo per il mondo del packaging, grazie alla realizzazione di prodotti ecosostenibili sia per il consumo in loco che per il delivery. Perché nella fase della ripartenza, anche i bar e non solo i ristoranti, dovranno integrare la propria offerta con la consegna a domicilio. Il tutto all’insegna dell’iper-personalizzazione del servizio, per dei consumatori che durante il lockdown hanno imparato ancora di più ad apprezzare l’home delivery, spesso affidandosi a quello svolto dagli esercizi vicini a casa e già conosciuti.
La propensione al consumo
Dal 18 maggio, quando torneranno ad essere aperte le attività commerciali, poco più della metà degli italiani (53,6%) tornerà come prima nei negozi e meno di due su quattro (42,5%) nei centri commerciali.
È quanto emerge da un sondaggio condotto da IZI in collaborazione con Comin & Partners, sulla propensione dei consumatori nei confronti della riapertura ai tempi del Coronavirus.
- Oltre la metà degli italiani (55%) non frequenterà più come prima i ristoranti
- Quasi la metà (48%) degli intervistati non tornerà nei bar con la stessa frequenza, rispetto alle abitudini pre Covid-19.
- Da lunedì prossimo più di un italiano su quattro (35,2) tornerà a frequentare i ristoranti «come prima»
- Quasi due italiani su cinque torneranno a frequentare i bar (42,4%).
- Il 7,6% non tornerà al ristorante
- Il 7,4% non andrà al bar
Chi sceglie di non ritornare al bar e al ristorante lo fa per il timore alimentato anche dai dubbi sulla sicurezza e la paura del contatto con altre persone