Guida Michelin: Marianna Vitale del ristorante Sud è la chef donna 2020
Marianna Vitale, chef del ristorante Sud di Quarto, periferia di Napoli, una stella assegnata dalla Guida Michelin, è la Chef Donna 2020. Il riconoscimento arriva con la quinta edizione dell’Atelier des Grandes Dames, il network di Veuve Clicquot che ha l’obiettivo di celebrare il talento femminile nell’alta ristorazione.
Marianna Vitale è stata selezionata degli ispettori Michelin per la tenacia con cui ha costruito un progetto di ristorazione di qualità al di fuori dei circuiti turistici della sua regione.
La motivazione potrebbe farci ricadere nella consumata questione delle quote rosa. E già immagino i commenti sul piatto che non ha genere e sesso.
Mi dispiace, sono di segno e senso contrario. Il solo fatto che sia ancora indicizzata la trita questione del genere femminile in cucina – con uscite improvvide di alcuni colleghi maschi che fanno inorridire – è indice della bontà dell’iniziativa della Guida Michelin e della maison di Champagne.
Non è una questione di trovare per forza una donna da premiare o di raggiungere in certo numero di presenze femminili per sentirsi in pace con la coscienza.
Quante sono le donne chef stellate
La Guida Michelin in Italia annovera 43 chef a capo di ristoranti stellati. Nel mondo sono 168 e questa evidente forza tutta italiana nel rapporto con il resto del mondo non mi fa pensare a una forzatura “politica” della Rossa.
Piuttosto guarderei con favore all’occhio puntato sul Sud di cui il nome del ristorante è efficace portatore di un messaggio di cucina che rigirerei alla stessa Michelin. Perché non c’è ancora un tre stelle Michelin a Sud di Roma. Non è questione di genere perché potremmo chiederci solo se questo riconoscimento a Marianna Vitale è il viatico alla seconda stella che molti suoi fan assegnerebbero di corsa. E anche qui permettetemi un andare contro la vulgata: non sarà la location ad attribuire una seconda stella ai piatti, non alle posate o al b anno di accoglienza, di Marianna Vitale.
Parliamo quindi di sguardo e di cucina femminile e non femminista o pro-femmine.
Il coraggio di Marianna Vitale
Il coraggio di Marianna Vitale, ma potrebbe essere stato anche di un Mariano, è stato concepire un ristorante di alta cucina a Quarto, obiettivamente luogo lontano da qualsivoglia flusso turistico. Di più, difficile da raggiungere. L’unica volta che ci sono andata lo associo a un’interminabile fila di auto alla Montagna Spaccata. Quella si avrebbe rotto gli attributi a chiunque.
Ma poi che piacere ritrovarsi in quello spazio in cui milioni di progettatori avrebbe dedicato alla tavernetta rustica del villino bi-piano.
Invece Mariana Vitale vi fa volare su fino all’attico e alla terrazza. Un amico mi diceva che molta della sua abilità acquisita sul campo dopo una laurea gettata alle ortiche – si dice così, no? – è dovuta al suo mentore Lino Scarallo. Non c’è, insomma, la nonna a dirle come fare il ragù.
”Mia nonna non era brava a cucinare, doveva cucinare, è diverso. Cucinava sempre, tutto il giorno, ma solo per dar da mangiare a me, mio fratello, mio nonno e mio zio, perché ognuno tornava a casa ad orari diversi. Non credo amasse cucinare… non me la ricordo felice ai fornelli”
Mettiamola così, la laurea in lingua e letteratura spagnola con la lode presa nel 2004 a 24 anni finisce nel ragù della voglia di smetterla con i lavoretti da precaria e di creare il ristorante dei sogni insieme a Pino Esposito suo socio e allora marito.
Nel 2009 nasce SUD e nel 2011, a novembre e quindi sull’edizione 2012, sul ristorante splende la stella Michelin.
Diciamo che Marianna Vitale riassume in un sol colpo i temi della femminilità in cucina, della tradizione dei piatti – ok rivisitata – e della questione meridionale del luogo (e dei tristellati).
Un piatto per concentrare le caratteristiche
Se dovessi mettere tutto in un suo piatto direi impepata di cozze che è diventata una pasta mista di forza. Lì ci trovate la Marianna cui piace mangiare.
“Io ero una bambina di sano appetito, avevo fame. Il mio primo approccio al cibo è stato una necessità”. Poi durante gli studi la vocazione era accogliere i compagni di classe, prima per la merenda, poi per cena, nei week-end. ”Farli stare bene è sempre stato il mio desiderio, un principio di vita. È il senso dell’accoglienza che si trova a Sud, è parte dell’identità del Sud”.
Si può diventare chef stellata iniziando da autodidatta e aprendo il ristorante nella cantinetta? Un po’ come lo Steve Jobs della tavola? Marianna Vitale testimonia in senso affermativo con il suo SUD. Anche senza mettere in conto questo nuovo riconoscimento.
“Autodidatta per me è una parola che ha un senso diverso. Quando ho deciso di fare questo mestiere ho cercato dei punti di riferimento e fra le prime storie che ho trovato in giro per il mondo, non in Italia, c’erano quelle di due autodidatte come me: Carme Ruscalleda e Anne-Sophie Pic. Entrambe tre stelle Michelin”.
Cos’è SUD di Marianna Vitale
Tre stelle Michelin a riferimento e una stella sulla sua tavola che era spesso citata come tra le più economiche. Ora a SUD si può scegliere fra due menù degustazioni a sorpresa tagliati sulle disponibilità del mercato e i gusti della clientela: il Menù SUD, 7 portate a 60€, 95€ con i vini in abbinamento, oppure il Menù Marianna Vitale, 100€ per 12 portate oppure 145€ con i vini in abbinamento. Momentaneamente è sospeso il menù degustazione di soli primi piatti. Sono apparse invece portate possibili solo in un tasting menù, come si mangiano in un solo boccone, come un Cucchiaio di riccio di mare, aceto di kombucha e pepe Jamaica, servito prima dei dessert.
Forse ai lettori di Scatti di Gusto interessa questa parte. Ma io ho letto l’intervista sull’essere donna oggi che è stata registrata dalla Veuve Cliquot e ve la riporto.
Così che possiate decidere se il premio Chef donna dell’anno sia un inutile orpello da quota rosa o abbia effettivamente un valore di scouting in questo settore. Il settore dei pubblici esercizi è uno dei pochi in cui la forza lavoro femminile è preponderante, ma le posizioni dirigenziali – come sempre – restano in mano agli uomini. Gli chef sono uomini, le cuoche, le cameriere, le addette alle mense sono donne. (Dati FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi / Rapporto annuale 2019).
La questione femminile in 5 domande da non fare
Hai mai pensato “volevo i pantaloni”?
Sinceramente non penso che l’essere stata donna mi abbia svantaggiato in particolare come chef. Ero svantaggiata di mio socialmente già prima: donna, napoletana, di Porta Capuana, chiattulella, una laurea in lingue e ho avviato un’impresa a Quarto. Non ho dovuto inventarmi nulla, fare storytelling o costruire un personaggio, ma so di avere una storia che zittisce le platee, che colpisce”. Effettivamente i riflettori sul lavoro di Marianna si sono accesi fin dall’apertura di SUD: nel 2011 riceve il Premio Chef Emergente de Il Sole 24 Ore, nel novembre 2011 la Stella Michelin, nel 2015 è Miglior Cuoca d’Italia per le Guide ai ristoranti de L’Espresso e di Identità Golose, nel 2017 il Premio Identità Donna di Identità Golose, nel 2018 riceve il Premio Lydia Cottone Napoli è donna e nel 2020 la consacrazione con il Premio Michelin Chef Donna by Veuve Clicquot.
Essere donna per te è stato un vantaggio, ma allora perché non ce ne sono così tante?
In realtà non ci sono proprio le chef donne, è giusto dire che ci sono imprenditrici donne. Tutti i ristoranti stellati con chef donne sono ristoranti di famiglia, come il mio. Questo perché in Italia gli investitori sono uomini e investono sugli uomini. Quando avremo una classe dirigente di donne e delle investitrici donne, vedremo cosa sceglieranno e se saranno meritocratiche.
Essere chef e sotto i riflettori è diventata la realtà, ma non era così fino a prima di Masterchef. Prima si parlava di insegne, di locali, non di nomi e cognomi e di cuochi famosi. Come la vedi la figura dello chef oggi?
Io volevo stare in cucina, non volevo essere la protagonista ma ho dovuto fare un passo avanti per farci notare, per arrivare al risultato. Ma a me piace lavorare, la fatica, non uscire in giacca bianca a salutare fra i tavoli. Non lo faccio, mi da fastidio questa liturgia, irrompere nelle serate altrui dopo che sono stata così presente già con i miei piatti. E poi lo vedo sminuente, non c’è nulla di speciale, lo fai con tutti allo stesso modo. Lo paragono a una funzione, in cui a fine serata lo chef chiede come è andata, ascolta la confessione e congeda i fedeli perché la messa è finita.
Io lo vorrei trovare uno che mi dica che ha mangiato una chiavica! Almeno discutiamo.
L’annosa questione: esiste una cucina femminile?
Mi è capitato di sentirmi dire che si vedeva che in cucina c’era una donna perché c’era un fiore come ingrediente in un piatto. Siamo fermi ai fiorellini come simbolo di femminilità, ma quando mangi il quinto quarto di calamaro, cosa pensi? Chi lo avrà fatto? La differenza fra me e un cuoco maschio è che io mi ritrovo a ragionare sull’essere donna e a paragonarmi a lui, e lui no.
Come concili vita privata e lavorativa? La domanda che agli uomini non fanno mai che fanno a tutte le donne che lavorano.
La risposta è solo in termini pratici. Per la gestione familiare mi affido a scuola, nonna e all’aiuto di altre famiglie che possono supportarti. Chi sceglie questo mestiere sacrifica molto del privato. Il brutto è che non hai tempo per coltivare tanti altri interessi, il bello è che capisci quanto il lavoro racchiude in sé il desiderio di farlo. Ho conciliato me Marianna e me chef applicando in quello che faccio la passione per la ricerca, per le lingue, l’amore e la curiosità per il cibo e i ristoranti. Con gli amici e i familiari voglio evitare di parlare di cibo, però, il mio tempo libero lo dedico ad altro.
[I ritratti sono di Andrea Moretti]