Moeche: andar per i migliori bacari di Venezia assaggiando granchi
Se moeche e migliori bacari convivono nella stessa frase significa una cosa sola: siete a Venezia.
In autunno o a inizio primavera, per qualche settimana, tra i numerosi frutti di mare esposti al mercato del pesce di Rialto –alcuni riconoscibili, altri dall’aspetto abbastanza alieno– spicca l’abbondanza di granchi vivi.
Sono i granchi di Venezia, che i pescatori esperti, con un lavoro lungo e faticoso, raccolgono nella laguna da 300 anni. Vere prelibatezze locali, arrivano a costare 8 euro al pezzo e fino a 70 euro al chilo.
Si chiamano moeche (moeca è soltanto il maschio del granchio, le femmine si chiamano masanete).
Monitorati attentamente in prossimità delle due stagioni annuali, i granchi della laguna veneziana, non appena inizia il periodo della muta (si liberano del vecchio carapace e per un breve periodo; in attesa che si componga quello nuovo, restano teneri, anzi molli, diventando così moeche) vengono catturati, trasferiti in sacchi di juta che preservano l’umidità, puliti e trasferiti rapidamente al mercato.
Inutile dire che, nonostante il prezzo, i veneziani tutti ma in particolare i ristoratori dei bacari, fanno a gara per averli.
I menù delle osterie popolari veneziane si riempiono di piatti con le moeche, quasi tutti nel nome della tradizione lagunare, semplice e cruenta.
La frittura pulp delle moeche nei bacari, non adatta ai deboli di cuore
Solo per golosi impenitenti.
La ricetta classica prevede che le moeche vengano bucate con uno spillo in modo da perdere l’acqua interna, quindi infarinate e rese croccanti da una generosa frittura. Questa è la procedura meno cruenta. Ne esiste un’altra al limite del pulp. Prima del passaggio in olio bollente, i granchi –ancora vivi– vengono soffocati nell’uovo dove stazionano un paio d’ore.
Perché tanta crudeltà? Perché solo così le moeche –rispondono all’unisono i cuochi dei bacari veneziani– prendono quel magnetico color rosso dorato e soprattutto il sapore dolcigno che s’abbina squisitamente alla spruzzata finale di sale marino e limone. E che consegna alle moeche indimenticabili note salmastre e iodate.
Le moeche entrano di diritto anche nel classico scartosso (cartoccio) veneziano. Acciughe, calamari, cicale di mare e moeche, appena levati dalla padella, vengono messi dentro fogli di carta paglia arrotolato a forma di cono, magari accompagnati da qualche tocchetto di polenta arrostita.
Tra ottobre e novembre un piatto con 5 moeche insieme alle immancabili verdure fritte può costare in media 20/25 euro.
I bacari dove mangiare le moeche
Se la sola descrizione dello scartosso con moeche vi ha messo un certo appetito, da qui in poi vi suggeriamo le tappe irrinunciabili del vostro prossimo bacaro tour veneziano.
Bacareto da Lele
Ci andreste a mangiar moeche in un bacaro microscopico, sprovvisto di bagno e pure di posti a sedere? Chiaro che no.
Invece è imperdibile.
Per i “panineti” imbottiti a 1 euro (mortadella o soppressa tagliate sul momento davanti ai vostri occhi). Per il ritmo vertiginoso con cui s’ingollano bicchieri di Malvasia. E sì, anche per le moeche.
Associate a verdure di stagione, sempre fritte, e a pezzetti di polenta bianca arrostita, sembrano ancora più buone tra le ombrette versate da Fabio (l’oste) e le battute sagaci dei studenti di architettura. Che si spostano spesso sugli scalini dei “Tolentini”, la bella chiesa vicina di Campo, per assaporarle fino all’ultimo crok. Attenzione: è chiuso la domenica.
Bacareto da Lele. Santa Croce 183 campo dei Tolentini – Tel. +393478469728
Da Fiore
Du is megl che uan, il vecchio slogan del biscotto al gelato, si adatta anche al bacaro di Campo Santo Stefano. Potete prendere l’uscio che porta al piccolo ristorante (trattoria sarebbe più corretto) o scegliere quello più spartano del bacaro vero e proprio.
Sulle stesse botti per cui si fa la fila all’ora dell’aperitivo, dove tanti prima di voi hanno gustato sarde in saor, baccalà mantecato, seppie alla griglia, folpèti al sedano (polipetti), polpette o le castrature di Sant’Erasmo (carciofi violetti locali, anche presidio Slow Food), vi suggeriamo di dare una possibilità alle moeche fritte.
Messe in un piatto, croccanti sotto i denti ma tenere all’interno, s’accompagnano con la polenta fumante bianca, come pretende la tradizione. Oppure con le castrature.
Uscendo, perdersi tra botteghe dei restauratori e vetri artistici vci sembrerà ancora più romantico.
- Da Fiore. San Marco 3461 calle de le Botteghe, Tel. +390415235310
Do Spade
Andar per bacari assaggiando moeche ci porta nella piccola calle vicino al Ponte di Rialto dove troviamo un bacaro veneziano che ha l’abitudine di distinguersi. A partire dalla storia.
Dicono si trovi nella stessa zona, oggi a rilevante tasso alcolico, almeno dal 1488. Anno in cui un volume cita tal “Carlo de Zuane hosto all’insegna delle Spade, gastaldo della confraternita degli osti”.
Il livello della cucina, tipicamente veneziana, è superiore di una spanna rispetto a quello dei classici bacari. Siamo praticamente in una trattoria. Ciononostante, e malgrado gli spazi ristretti (molto ambita la botte all’esterno), il bancone è di quelli che invitano alla sosta. I cicchetti che non possono mancare ci sono tutti. Fiori di zucca fritti e ripieni di baccalà (squisiti), gamberoni e calamari, polpette al sugo e sarde in saor.
La stagionalità delle pietanze è un altro chiodo fisso dei giovani osti. Di conseguenza, nei periodi di muta, non mancano mai le moeche. Si mangiano fino a notte inoltrata fritte, da sole, al prezzo medio di 4/6 euro l’una. Oppure accanto a una cremosa polenta bianca. Più raramente in un versione in saor, con le cipolle rosse in agrodolce.
Cosa poco frequente tra i bacari veneziani, il lungo menù e la lista dei vini sono esposti e i prezzi (contenuti) ben evidenziati.
Cantina do Spade. San Polo, 859, 30125. Tel. +39 0415210583