Trippa alla romana: la ricetta originale della Sora Lella
Regina del quinto quarto bovino, protagonista di una ricetta della mitica Sora Lella, la trippa alla romana è un piatto tipico della cucina romanesca.
Il percorso “iniziatico” alla romanità ne prevede indiscutibilmente un assaggio, senza trascurare coratella, pajata o coda, gli altri tagli poco pregiati dei menu capitolini.
Nella Roma papalina, la trippa si mangiava il sabato, giorno della macellazione (tanto che ancora oggi alcune trattorie espongono il cartello “Sabato trippa”).
Le massaie correvano ad accaparrarsi gli scarti di bue, ovvero la rimanenza dei quattro quarti nobili della bestia: il quinto, appunto.
Trippa alla romana: calorie, grasso, colesterolo e falsi miti legati al nome
Fino a inizio ‘900 la trippa alla romana rappresentava per il popolo il principale apporto proteico a basso valore energetico, all’incirca 108 calorie per 100 grammi.
Un piatto economico, nutriente perché ricco di vitamine e minerali ma povero di grasso (solo il 5%), riabilitato nel tempo dall’accusa di essere dannoso per il colesterolo. Ma soprattutto reso gustoso da pochi ingredienti rimasti invariati nel tempo. Pomodoro, mentuccia (non menta) e pecorino.
Era anche il cibo che il Comune acquistava per gli amatissimi gatti della Capitale.
Nel 1907, però, il sindaco Nathan decise di eliminare questa spesa per risanare il bilancio cittadino, da cui il famoso detto “non c’è trippa per gatti”.
Che sia preparata a casa, in una trattoria di borgata o sui fornelli di una cucina stellata, tutti hanno diritto ad un buon piatto di trippa, persino chi litiga ogni tanto con la bilancia.
1. I nomi della trippa
Se non l’avete mai assaggiata o magari mai vista prima di trovarla fumante nel piatto, ecco una breve descrizione delle varie parti che la compongono.
- Il Rumine (panzone o larga), è la parte più spessa e grassa della trippa. Rappresenta l’80% circa di tutto lo stomaco dell’animale.
- Il Reticolo (detto anche Beretta, Cuffia o Nido d’ape), è la parte più spugnosa della trippa e la sua forma ricorda quella di una cuffia.
- L’Omaso (o Libretto, Millefogli, Centopelli) è la parte più magra ed ha una struttura lamellare che ricorda le pagine di un libro aperto.
- L’Abomaso (Caglio, Francese, Frezza, Lampredotto) è la parte di stomaco più vicina all’intestino ed ha un colore scuro.
Un tempo, per togliere i cattivi odori, la trippa veniva lavata con acqua e aceto e risciacquata più volte in acqua pulita. Oggi il lavoro “sporco” lo fa il macellaio e si acquista normalmente già sanificata, priva di impurità e precotta. Tuttavia per pulirla vengono spesso usati prodotti che la rendono bianchissima compromettendone il sapore, meglio quindi acquistare quella grigia o scura e comunque non “candeggiata” o troppo cotta.
2. Trippa e mentuccia, da non confondere con la menta
Malgrado non abbia prove scientifiche da addurre, sono certa che la trippa sia un po’ come la cioccolata: rende felice, conforta, mette di buon umore.
Se a Milano si fa con i fagioli, a Firenze solo con la parte del lampredotto (l’abomaso cotto), a Napoli in bianco con le patate, la trippa alla romana è rigorosamente rossa, con il pecorino e la mentuccia.
Da non confondersi, benché l’aroma sia simile, con la menta. Una pianta dall’aroma più deciso e dalle foglie più grandi. La pianta della mentuccia, nome scientifico Calamintha nepeta, viene spesso chiamata Nepetella o Poleggio.
Ora non rimane che prepararla. E, come diceva la Sora Lella, morta purtroppo nel 1993, “quanno che fate sta trippa, po’ sentirete che ve magnate!”.
3. Trippa alla romana: la ricetta della Sora Lella
Ingredienti per 4 persone
1 kg trippa di bue
1 kg pomodori pelati passati
Qb olio extravergine di oliva
1 cipolla
1 carota
150 g Pecorino Romano
1 costa sedano
Qb mentuccia
1 spicchio aglio
1 peperoncino fresco
Qb sale
2 chiodi di garofano
Qb pepe
1/2 bicchiere vino bianco
4. Come preparare la trippa alla romana
Metto a bollire la trippa per circa 15 minuti così da eliminare ogni eventuale residuo di impurità.
La risciacquo e poi la taglio a listarelle.
Faccio una mirepoix di carote, sedano e cipolla. La metto a rosolare nell’olio con uno spicchio d’aglio in camicia e un pezzetto di peperoncino.
Una volta appassito il trito, tolgo l’aglio e aggiungo la trippa tagliata a listarelle. Per garantire una cottura omogenea cerco di tagliare in modo regolare, facendo attenzione ai diversi spessori delle varie parti di addome.
Faccio rosolare per circa 10 minuti, sfumo con il vino bianco, aggiungo sale e pepe.
5. I chiodi di garofano
Verso i pomodori pelati frullati, i 2 chiodi di garofano (omaggio alla ricetta della Sora Lella, vero e proprio oracolo della cucina romana, che ne metteva qualcuno in più) e lascio cuocere per circa 30 minuti. O comunque fino a quanto la salsa non si sia addensata.
Spengo la fiamma, spolvero con una manciata di pecorino e aggiungo le foglie di mentuccia. Questo passaggio preferisco farlo alla fine, per evitare il retrogusto amarognolo che rilascia la pianta una volta cotta.
Impiatto, spolvero ulteriormente col pecorino e guarnisco con dei crostoni di pane abbrustolito.
RicettaTrippa alla Romana
Ingredienti
- 1 kg trippa di bue
- 1 kg pomodori pelati passati
- Qb olio extravergine di oliva
- 1 cipolla
- 1 carota
- 150 g Pecorino Romano
- 1 costa sedano
- Qb mentuccia
- 1 spicchio aglio
- 1 peperoncino fresco
- Qb sale
- 2 chiodi di garofano
- Qb pepe
- 1/2 bicchiere vino bianco