Coronavirus: cosa rischia un positivo che va a lavorare al ristorante
Sottoporsi a isolamento fiduciario è la regola per chiunque sia risultato positivo al coronavirus. Ancora di più, per motivi evidenti, se si tratta di persone che lavorano in un bar o in un ristorante.
Ma cosa succede a chi, nonostante abbia contratto il virus, si reca lo stesso al lavoro, con il rischio molto concreto di diffonderlo?
Domenica scorsa, a Milano, il titolare e il dipendente di un ristorante etnico in zona Turro, due cittadini peruviani in isolamento fiduciario perché colpiti dal coronavirus, sono stati denunciati a piede libero. Erano andati comunque a lavorare violando l’isolamento.
I due, accusati di “inosservanza dell’ordine dato per impedire la diffusione di una malattia infettiva”, rischiano ora da 3 a 18 mesi di carcere e un’ammenda da 500 a 5000 euro.
Ad accertare il reato sono stati i carabinieri intervenuti dopo aver ricevuto una segnalazione. Arrivati sul posto, raccolte le testimonianze dei presenti, tra cui alcuni clienti, i militari hanno visionato i video delle telecamere di sorveglianza.
Titolare e dipendente del ristorante milanese avevano di fatto interrotto l’isolamento fiduciario nel loro domicilio, recandosi nel locale senza aspettare il risultato negativo del tampone da parte dell’Ats di Milano.
Il ristorante è stato sottoposto a sequestro per consentire i lavori di sanificazione degli ambienti. Mentre sia i clienti che gli altri dipendenti al lavoro quando i militari sono intervenuti, hanno fatto rientro nelle loro abitazioni in attesa di comunicazioni sugli accertamenti necessari.
Diverso il caso del pizzaiolo napoletano che è regolarmente andato a lavorare diventando un inconsapevole veicolo di contagio da coronavirus.
La sua vicenda incrocia l’inchiesta della Procura di Napoli sulla truffa dei tamponi pubblicizzati sul web e praticati a domicilio, ma senza nessuna autorizzazione amministrativa e sanitaria.
Impossibile dunque accertare l’esattezza delle analisi, una situazione che secondo gli inquirenti ha contribuito alla diffusione del coronavirus. Con il risultato che i responsabili della truffa rischiano ora l’accusa di associazione a delinquere, cui potrebbe aggiungersi quella di epidemia dolosa.
Il pizzaiolo citato in precedenza è una vittima della truffa. Si era infatti sottoposto alle analisi proprio presso l’organizzazione illecita scoperta dagli investigatori.
Risultato negativo ai tamponi, l’uomo è andato a lavorare per poi scoprire che, diversamente da ciò che credeva, era risultato positivo al coronavirus.
Anche in questo caso i carabinieri hanno disposto il sequestro della pizzeria per sanificare gli ambienti, e iniziato le pratiche per rintracciare i clienti della pizzeria e informarli dell’accaduto.