Ristorante a domicilio L’Imbuto: recensione del delivery da stella Michelin
Questa volta l’ho fatta grossa. Ho sconfinato fuori Regione. Tranquilli, qui in Abruzzo siamo ancora in zona rossa ed è successo solo “virtualmente”, grazie al menu a domicilio del vulcanico chef Cristiano Tomei, patron del Ristorante lucchese stella Michelin, L’Imbuto.
Una versione del tutto personale ed allegra come lui, istrionico, che da buon toscano sembra quasi nato nel piccolo schermo.
Durante questo lockdown è possibile abbattere i limiti spazio temporali?
Checché se ne dica, io rispondo con un bel sì.
Riecheggia ancora la presentazione della Rossa Michelin e allora avanti con l’ordine, non resisto.
Facile perché si fa tutto online. Puoi scegliere tra 5 menu: mangio tutto, carne, pesce, vegano o vegetariano. Tutti a 65 €. Cinque anche le portate, pane compreso.
Ci separano “solo” 566 chilometri. Tanti sì ma con pochi click completi i passaggi e sei in pole position. La spedizione si conclude al massimo in tre giorni lavorativi, con corriere refrigerato e semilavorati al sicuro, tutti sottovuoto. Completato l’ordine, sono stato contattato dalla segreteria. Bene, consegna concordata per il venerdì.
Avrò smorzato l’impellente food craving stellata che è in me?
Il pranzo (o cena) a domicilio di Cristiano Tomei
Il contenuto della scatola se vogliamo lo rispecchia. È a sorpresa. Per diversi motivi.
Uno perché i box sono volutamente differenti da ordine a ordine.
Due perché si eleva all’onnipotenza l’adrenalinica attesa della spedizione a domicilio.
Tre perché la parola d’ordine è anche coinvolgimento. Come? Motivando chi dovrà completare i piatti, facendo divertire compiaciuto il consumatore, mantenendo sempre elevata la qualità.
I piatti stellati a domicilio
Cinque portate di ricostituente alimentare/motivazionale per i cinque sensi, come recita la scatola simil medicinale che descrive i procedimenti.
Il pane, buonissimo, fragrante e ben alveolato, solo da completare in cottura a 200°C. Farina multicereali, lievito madre, olio extravergine di oliva, sale, farina di granturco ed ago di pino.
Apriamo il menu tomeiano a domicilio con un’entratina. Una crocchetta di mazzancolle. Da riscaldare nel forno a 220°C e disporre nel piatto su una salsa al melograno. Piatto da terminare con salsa americana e polvere di cipolla rossa bruciata (ottima). Bei contrasti, bella consistenza. E siamo solo all’inizio.
Continuo con un ottimo rombo con farina di corteccia. Si tratta di una mugnaia già impanata, da rosolare solo con un po’ di burro. Un pesce accompagnato nel piatto con una salsa in riduzione e dei funghi. Delicato e gustoso. Accenti amaricanti, con richiami di pineta mediterranea. Il pesce è stato preparato magistralmente e l’abbinamento con i funghi è una delizia, tale da smorzarne l’elevata sapidità del pesce.
Il primo. Una minestra al riso di Parmigiano. Il riso è stato già reidratato con le croste del sontuoso formaggio. Pertanto è da cuocere solo 4 minuti nel suo brodo con burro e sale. Sul fondo del piatto abbiamo messo un estratto di rosmarino e sopra un fondo di cipolle (da capogiro). Sapidità molto spinta ma riequilibrata con l’amaro marcato del rosmarino. Non il classico risotto. Che non avrebbe un granché di toscano. Rifinito a puntiglio. Equilibrio che si interseca bene, nonostante i contrasti siano difficili da addomesticare.
Il piatto cult anche a domicilio
Per secondo, un cult dello chef. Bistecca Primitiva, con un avviso ai naviganti. Va mangiata rigorosamente con le mani! Messaggio ricevuto.
Di esecuzione comunque più complessa. Abbiamo bagnato una corteccia di pino marittimo (inclusa) e poi l’abbiamo posta nel forno a 200°C per 20 minuti. La carne (un manzo della Garfagnana stracciata al coltello) l’abbiamo massaggiata con olio extravergine di oliva e poco sale per farla ambientare al meglio. Un po’ di grasso in padella che, una volta disciolto, gli ha conferito un gusto pazzesco. Abbiamo bagnato le bucce di patata e poi le abbiamo fritte.
Passaggio finale: una volta insaporita, abbiamo messo la carne sulla corteccia con sopra le bucce fritte. Che dire. Un piatto unico. La succulenza di una strepitosa carne fa il palio con l’accenno di contorno, comunque leggero, con tonalità più amare. Gusto ridondante addomesticato bene dalla grassezza. Persistenza che potrebbe durare all’infinito. Un classico de l’Imbuto da rivivere con estrema goduria a casa. Ed è anche bello a vedersi.
Dopo una pausa necessaria motivata dagli ottavi di ritorno della succulenza, viriamo quasi di netto verso la cacciagione. In chiusura abbiamo fagiano alla brace con barbe di prete. Da scaldare a bagnomaria. La carne è già insaporita e pronta. In tal caso non hai mediane. Un piatto che o sbagli o centri. Centrato a pieno dallo chef che l’ha preparato con dovizia. Semplice, anche nell’impiattamento, e tenero, gustosissimo.
Vino e dolce
Ho attinto dalla mia cantina selezionando un gran bello champagne. È un Brut Tradition Grand Cru Egly-Ouriet. 75% pinot noir, 25% chardonnay. Complesso al naso, sfumature agrumate, interminabili. In bocca strutturato, armonico e persistente. Un carattere perfetto per la complessità medio alta dei piatti. Un matrimonio da rivivere. E la scelta non era facile.
Chiudiamo in dolcezza. Lo chef ha preparato una pannacotta all’abete e mandorle. Il bosco ed il sotto bosco sono stati dei ritornelli gradevoli ed a pieno titolo inseriti nella stagione autunnale che si avvia verso la chiusura. Dolce ma non troppo, bella pulizia. Sweet symphony.
Com’è andata?
L’esperienza seduti al ristorante, ce lo ripetiamo all’infinito, è impagabile. Questo però è stato un viaggio (lungo) bello, giocoso, come nel miglior stile della cucina di Tomei che non ama “nominare” i suoi piatti. Proposte NoMenù, piaccia o meno. Senza regole, senza schemi.
Una certezza: è appagante. Per tante cose e per l’elevata qualità delle materie prime selezionate.
Piatti abbastanza facili e divertenti da riproporre, ottimi per le papille, con un quid che fa rivivere gioie ma anche dolori che si provano “dietro le quinte” di una cucina (stellata). Eh sì, perché la creatività è sempre la benvenuta ma sono ammessi anche gli errori, come abbiamo fatto noi.
Poi ci sarà tempo per provarla nel suo luogo naturale. L’elegante ristorante ha sede nella limonaia del palazzo storico Pfanner, una delle dimore settecentesche più affascinanti di Lucca. E palcoscenico del Marchese del Grillo con Mario Monicelli a dirigere il mitico Alberto Sordi.
“L’imbutobox. Contro il gastro-onanismo. Il divertimento e il piacere di condividere una cena unica con i tuoi amori, amici, affini”. È la filosofia di Cristiano Tomei applicata al delivery.
Fidatevi, il risultato è assicurato, non scontato. A sorpresa. Grazie a piatti buoni, genuini e mai banali. Bravo Cristiano, pittore, artista camaleontico della cucina italiana.
Ristorante L’Imbuto. Piazza del Collegio, 7. Lucca. Tel. +393450864454