Spaghetti all’assassina cucinati da Lolita Lobosco. Ricetta originale di Bari
Spaghetti all’assassina. Per incuriosire, il nome del “piatto più famoso di Bari”, incuriosisce. Bisogna riconoscerlo.
Spaghetti all’assassina nel libro di Gabriella Genissi
La definizione appartiene alla scrittrice Gabriella Genisi, barese purosangue.
Del resto è lei ad aver scritto “Le indagini di Lolita Lobosco”, la divertente sfilza di libri che ha ispirato la serie di RaiUno con Luisa Ranieri nei panni dell’avvenente commissario.
Spaghetti all’assassina nella serie con Luisa Ranieri
Al centro dell’episodio trasmesso domenica sera in prima serata, il terzo di quattro previsti, c’era proprio il piatto inventato nella finzione del libro (“Spaghetti all’assassina”, Sonzogno, 2015 pp. 189, 12 euro), da tal Colino Stramaglia, proprietario di un ristorante molto popolare di Bari vecchia.
Il giorno dopo l’ennesimo episodio di successo della serie, intervistata da Repubblica sul piatto della sua città, la scrittrice si dimostra integralista peggio di un lettore di Scatti di Gusto.
La storia della ricetta
E per evitare l’accusa di alto tradimento spiega le regole da seguire se non si vuole rispondere di assassinio sì, ma della tradizione.
Intanto, scongiuriamo i depistaggi e collochiamo la vera origine della ricetta. Cioè il ristorante Al Sorso preferito, al centro di Bari negli anni Sessanta del secolo scorso. Dopo averlo comprato i nuovi proprietari trovano il piatto sul menù e decidono di riproporlo.
La padella di ferro è fondamentale
Per fare gli spaghetti all’assassina ci vuole la padella in ferro nero che si trova solo nella città vecchia. Niente conduce il calore meglio del ferro nero. Non si deve lavare altrimenti perde il grasso. Solo oliare e pulire con carta di giornale.
Le persone meno integraliste, sensibili all’igiene e alla legalità (il ferro nero è illegale causa rilascio di ossidi e sostanze pericolose per la salute), possono ripiegare su una padella antiaderente per la loro “Assassina” fatta in casa. Ma è importante che sia bella forte, perché la preparazione richiede la fiamma alta.
I perfezionisti possono altresì rivolgersi alle “lyonnaise”, padelle in ferro perfettamente legali e molto usate nelle cucine dei ristoranti.
Spaghetti, non spaghettoni per carità
“All’assassina” possono essere gli spaghetti, unico formato di pasta concesso, mai gli spaghettoni.
Anche perché, restando sul tema della differenza tra i due formati, si dovrebbero evitare le paste molto ricche di amido (per esempio i nostri amatissimi e pugliesi spaghetto Cavalieri).
Perché la ricetta originale barese inizia con gli spaghetti secchi, quindi reidratati con la formula della risottatura.
Spaghetti all’assassina: perché si chiamano così
La spiegazione più probabile sta nella quantità, generosa, di peperoncino. Ma non è tutto lì. “Assassina” è da intendersi come non esattamente salutista. Con lo spaghetto stracotto. Bruciato. Attaccato. Risottato. Non esattamente gourmet se vogliamo, ma il contrario dei troppi piatti turgidi e poco saporiti di cui riempiamo oggi i nostri menu.
Accademia e contro Accademia
A Bari la responsabilità di tutelare l’amato piatto spetta addirittura a un’accademia. Anzi, no, due. Un’Accademia e, udite udite, una contro-Accademia.
L’Accademia dell’assassina, composta da uomini gaudenti della Bari verace. La contro-Accademia, formata al contrario da sole donne del capoluogo pugliese, che valutano la ricetta come fossero austeri ispettori della guida Michelin. Scheda alla mano si presentano nei ristoranti per votare aspetto e sapidità del piatto. Attenzione però, sono ammessi alla votazione solo i cuochi che hanno cucinato l’Assassina nella padella di ferro. La devono proprio mostrare.
Ricetta degli spaghetti all’Assassina
Ingredienti per 4 persone:
- 400 g di spaghetti
- Concentrato di pomodoro, un tubetto
- 170 g di passata di pomodoro
- 3 peperoncini (almeno) secchi
- 2 spicchi di aglio
- olio extravergine di oliva
- sale, un pizzico
Preparazione
Faccio bollire acqua abbondante insieme al concentrato e al sale.
Entra in scena la leggendaria padella di ferro. Prima levo l’anima all’aglio e spezzo grossolanamente con le mani il peperoncino. Poi metto tutto a rosolare e mescolo dopo aver unito la passata. Aggiusto di sale.
È il momento degli spaghetti uniti a crudo. Se le dimensioni della padella non vi consentono di unirli interi, rompeteli a metà con le mani. Mescolo con delicatezza lasciando attaccare un po’ gli spaghetti sul fondo.
Non appena si attaccano, li muovo sempre delicatamente usando una spatola di legno. Unisco uno o due mestoli di brodo secondo l’occorrenza. Continuo a mescolare facendo consumare il brodo.
Attento ai rumori in arrivo dalla padella di ferro, quando sento soffriggere, torno a muovere con la spatola gli spaghetti.
Continuo così, come si fa con i risotti, bagnando ogni tanto e mescolando un po’ per evitare che gli spaghetti si attacchino sul fondo fino a quando la cottura della pasta non è conclusa.
A proposito di cottura, svolgendola direttamente nella padella di ferro, so da principio che non otterrò la stessa consistenza degli spaghetti cotti in acqua e sale.
Ma va bene così. Difficilmente sentirei altrimenti gli spaghetti, specie quelli più bruciacchiati, fare croc sotto i denti. In sostanza, il punto di cottura e di bruciato dovete deciderlo voi.