Green pass e circolare del Viminale: guida per locali all’aperto e al chiuso
Avremmo voluto aggiungere definitiva alla parola guida relativa al Green pass al ristorante.
Non lo facciamo ma diciamo subito che, in breve, richiedere il Green pass al cliente è obbligatorio. La richiesta della carta o di altro documento di identità è invece discrezionale.
La nuova circolare con i chiarimenti del Viminale autorizzerebbe a scrivere di una guida definitiva al Green pass. Ma è proprio la discrezionalità del controllo a far ritenere che la storia potrebbe continuare.
Storia iniziata con il Dpcm firmato dal Presidente del Consiglio cui sono seguite proteste dei ristoratori, interpretazioni e suggerimenti.
I ristoratori non sono poliziotti e occorre rispettare la privacy del cliente. Su questo assunto-protesta dei titolari delle attività di ristorazione, però, il Garante della Privacy ha fugato ogni dubbio.
In risposta a un quesito della Regione Piemonte il Garante della Privacy ha arricchito la guida al Green pass di un ulteriore tassello. “Le figure autorizzate alla verifica dell’identità personale sono indicate nell’articolo 13 del Dpcm del 17 giugno 2021 e quindi anche i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi”.
Nessun problema di privacy per i ristoratori che volessero chiedere anche un documento di identità al cliente per verificare la corrispondenza con il Green pass. Un controllo “incrociato” esaminato e spiegato da questa successiva circolare del Viminale. Firmata dal capo di gabinetto del Ministero dell’Interno Bruno Frattasi
Che crea una sorta di zona grigia per ristoranti, pizzerie, bar che intendono effettuare servizio al tavolo e al chiuso.
E qui veniamo a quanto chiarisce la circolare.
Le due fasi della guida al Green pass
Prima di riportare il testo della circolare nella parte di interesse dei ristoranti, vediamo il riassunto delle prescrizioni.
Due sono le fasi per entrare nelle sale al chiuso di un ristorante o di qualsiasi altra attività di ristorazione. Limitatamente al consumo al tavolo.
Nella prima fase, il cliente è tenuto ad esibire il Green pass. È un obbligo e il ristoratore deve verificare il possesso ed effettuare il check con l’app VerificaC19. Tocca al cliente esibirlo senza troppe discussioni.
La seconda fase è quella del controllo della titolarità di chi esibisce un Green pass. E qui si apre il capitolo della discrezionalità per il ristoratore. Che è tenuto a verificare, ad esempio, se il Green pass esibito da un ventenne appartiene a un sessantenne.
La circolare dice che il ristoratore deve effettuare la verifica “quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione”. Così cade malamente la guida definitiva al Green pass. È facile immaginare contestazioni senza aprire il capitolo dell’identità di genere.
È chiarito comunque che il titolare dell’attività di ristorazione o un suo delegato ha i poteri per il controllo.
Guida al Green pass: le sanzioni
La questione ha rilevanza per le sanzioni dovute alla necessità di evitare utilizzi fraudolenti del Green pass. Ma la circolare sottolinea che “qualora si accerti la non corrispondenza fra il possessore della certificazione e l’intestatario della medesima, la sanzione si applica solo all’avventore, laddove non siano riscontrabili palesi responsabilità a carico dell’esercente”.
E quindi la configurazione della responsabilità a carico dell’esercente impone cautela nel potere discrezionale di richiedere il Green pass al cliente. La soluzione più semplice è far leva sul potere discrezionale e quindi richiedere sia il Green pass (obbligatorio) che il documento di identità (opzionale).
Le altre prescrizioni
Nella giornata di ieri scrivevamo circa le altre prescrizioni fino a questo momento osservate: obbligo di mascherina, distanziamento, disinfezione delle mani, rilevazione della temperatura corporea, tenuta dei dati del cliente per la tracciabilità. Che fine hanno fatto?
Il Green pass non li abolisce, anche se la circolare fa riferimento ad esse in maniera poco compiuta.
Ne consegue che la certificazione verde, anche ai sensi del citato art. 9-bis del DL n.105/2021, non è richiesta per i servizi in questione erogati all’aperto, nonché per l’asporto e per il consumo al banco, rimanendo tuttavia al riguardo pienamente confermate tutte le altre
disposizioni anti-COVID riguardanti il distanziamento interpersonale.
Sembrerebbe che soltanto il distanziamento interpersonale resti in piedi. La logica, ahimè, direbbe che una persona con il Green pass potrebbe comunque aver sviluppato l’infezione. E dunque controllo della temperatura e conservazione dei dati siano necessari.
Ma per scrivere “Guida definitiva al Green pass”, il chiarimento potrebbe essere necessario.
E ora, il testo della nuova circolare che delinea la guida al Green pass.
Il testo della circolare
Riguardo al possesso delle certificazioni verdi e al loro utilizzo, occorre
innanzitutto precisare che le vigenti disposizioni individuano, all’uopo, due diverse e successive fasi.
La prima consiste nella verifica del possesso della certificazione verde da parte dei soggetti che intendano accedere alle attività per le quali essa è prescritta.
Tale prima verifica ricorre in ogni caso e, proprio in ragione di ciò, è configurata dalla disposizione dell’art. 13 del d.P.C.M. come un vero e proprio obbligo a carico dei soggetti ad essa deputati, specificamente indicati nel comma 2 del predetto articolo.
La seconda fase, di cui si occupa il comma 4 del citato art. 13, consiste nella dimostrazione, da parte del soggetto intestatario della certificazione verde, della propria identità personale, mediante l’esibizione di un documento d’identità. Si tratta, ad ogni evidenza, di
un’ulteriore verifica che ha lo scopo di contrastare casi di abuso o di elusione delle disposizioni in commento.
Diversamente dalla prima, tale verifica, che viene posta a carico dei medesimi soggetti indicati dal comma 2 dell’art. 13, non ricorre indefettibilmente, come dimostra la locuzione “a richiesta dei verificatori”, contenuta nel predetto comma 4.
Trattandosi di un’attività che consiste nella richiesta di esibizione di un
documento d’identità, la disposizione opportunamente indica tra i soggetti investiti di tale verifica in primo luogo – ossia alla lettera a) del comma 2 dell’art. 13 – “i pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni”, notoriamente muniti del potere di identificazione delle
persone per fini di controllo stabiliti a vario titolo dalla legge.
Inoltre, lo stesso art. 13 indica, di seguito, anche altre categorie di soggetti addetti a tale forma di verifica, in relazione alle quali si ritiene di dover fornire alcune ulteriori precisazioni.
Le cene spettacolo, ad esempio
Riguardo alla categoria sub b ), essa è riferita al personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, iscritto nell’elenco di cui all’art. 3, comma 8, della legge 15 luglio 2009, n.94. Appare opportuno rammentare come la stessa legge n.94/2009 vieti per tale
personale l’uso di armi, di oggetti atti ad offendere e di qualunque strumento di coazione fisica. Trattandosi, inoltre, di personale iscritto in apposito elenco tenuto dalle Prefetture, si richiama l’attenzione delle SS.LL. sulla necessità di effettuare verifiche, anche saltuarie, riguardo al mantenimento dei requisiti soggettivi richiesti ai fini dell’iscrizione nel suddetto elenco.
Il Green pass al chiuso e all’aperto
Relativamente ai soggetti indicati dalla successiva lettera c) dell’art. 13 del Dpcm, si precisa che tale disposizione è riferita anche ai servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio, per il consumo al tavolo, al chiuso.
Ne consegue che la certificazione verde, anche ai sensi del citato art. 9-bis del DL n.105/2021, non è richiesta per i servizi in questione erogati all’aperto, nonché per l’asporto e per il consumo al banco, rimanendo tuttavia al riguardo pienamente confermate tutte le altre
disposizioni anti-COVID riguardanti il distanziamento interpersonale.
L’incongruenza tra Green pass e dati anagrafici
In merito all’applicazione del citato comma 4, giova ribadire che la verifica dell’identità della persona in possesso della certificazione verde ha natura discrezionale ed è rivolta a garantire il legittimo possesso della certificazione medesima. Tale verifica si renderà
comunque necessaria nei casi di abuso o elusione delle norme, come, ad esempio, quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione.
La verifica di cui trattasi dovrà in ogni caso essere svolta con modalità che tutelino anche la riservatezza della persona nei confronti dì terzi.
È il caso di precisare che nelle suindicate fattispecie l’avventore è tenuto all’esibizione del documento di identità, ancorché il verificatore richiedente non rientri nella categoria dei pubblici ufficiali, di cui al comma 2, lettera a) dell’art. 13 del citato d.P.C.M.
Si richiama altresì l’attenzione sulla previsione contenuta al comma 6 del più volte citato articolo 13, che demanda il controllo sulla corretta esecuzione delle verifiche in commento ai soggetti di cui all’art. 4, comma 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n.19, individuando, così, le forze di polizia, nonché il personale dei corpi di polizia municipale
munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza.
Con riguardo a quanto immediatamente precede, occorre anche puntualizzare che, qualora si accerti la non corrispondenza fra il possessore della certificazione verde e l’intestatario della medesima, la sanzione di cui all’art.13 del citato decreto-legge n. 52/2021
risulterà applicabile nei confronti del solo avventore, laddove non siano riscontrabili palesi responsabilità anche a carico dell’esercente.
Qui il testo integrale della circolare.