Il paradosso del green pass al ristorante: se lo hai, non mangi all’aperto
Il green pass al ristorante da strumento di vantaggio per chi lo detiene a sistema di discriminazione, cioè un paradosso.
Il paradosso del green pass al ristorante sembra avviato in questo agosto, ancora rovente di polemiche, a diventare emulo della legge di Murphy.
Se qualcosa può andare storto, lo farà, recita la famosa legge. E l’imposizione del green pass al ristorante per accedere alle sale al chiuso lo ha confermato.
Dal 6 agosto, come ricorderete, per accomodarsi al tavolo di un bar, di un ristorante, di una pizzeria in una sala al chiuso occorre avere il Green pass. La certificazione verde si ottiene (= si scarica) dopo aver effettuato il ciclo vaccinale, essere guariti dal Covid oppure aver eseguito un tampone (negativo) nelle 48 ore.
Un lasciapassare che, all’inizio di questa avventura, è sembrato discriminatorio. I ristoranti con solo sale al chiuso avrebbero visto crollòare le presenze. A tacere delle polemiche su chi deve controllare il Green pass e sulla mappa dei ristoranti che lo chiedono.
Ma non era ancora arrivato il paradosso del green pass al ristorante.
Che suona così: se non hai il green pass mangi all’aperto. Se hai il green pass mangi nella sala al chiuso.
Attenzione, il paradosso non permette una scelta ma un’organizzazione dei ristoranti. Che è sembrata punitiva almeno a leggere l’articolo del Corriere che lo descrive.
Mangi all’aperto al ristorante solo se non hai il green pass: il paradosso
Sì, perché per organizzarsi al meglio i ristoranti hanno iniziato a convogliare i titolari di green pass nelle sale al chiuso e a riservare sedie e tavoli nei dehors a chi ne è sprovvisto.
Questo per massimizzare l’occupazione dei posti disponibili ed evitare di restare mezzi vuoti.
Ma è un paradosso guardato dalla parte del cliente che vorrebbe trascorrere una serata en plei air e si è dotato del green pass per rispondere all’invito a vaccinarsi. E a dimostrarlo.
Per chi è fan della cena a lume di stelle il paradosso del green pass al ristorante ha un solo nome: fregatura.
Ma come, faccio il mio dovere civico e sono ghettizzato nelle sale al chiuso mentre fuori si sta da dio? questa la posizione.
Rintuzzata dal leader di Io Apro, Umberto Carriera, fiero oppositore del green pass al ristorante che conferma il paradosso. “Purtroppo anche io, nei miei ristoranti, ho dei tavoli fuori e li riservo a chi ha il green pass. Chi resta dentro storce il naso. Con la bella stagione vorrebbe mangiare fuori. I clienti italiani sono più comprensivi. Ma vallo a spiegare agli stranieri, “voi dovete stare dentro”. Vengono qui per il sole, per i tramonti».
Ai clienti questa nuova “opportunità” non piace e tra chi predilige l’aria condizionata e chi cerca il sole e i tramonti c’è qualcuno che stila la sua personale mappa. Croce su ristorante e pizzeria che applicano il paradosso del green pass.
Dove è finita la preoccupazione del controllo?
La tentazione per rispondere a questo sistema è negare il possesso del green pass.
Al momento attuale mancano dati sull’altra questione legata al green pass: chi lo controlla. In un attimo sembra svanita la preoccupazione dei ristoratori di diventare poliziotti e di assicurarsi del possesso del green pass. Sembra che lo chiedano per riservare i posti all’aperto a chi non lo ha senza più preoccuparsi della liceità o meno della richiesta e del controllo.
Evidentemente il paradosso del green pass al ristorante ha prodotto il paradosso del gatto imburrato. Propedeutico alla teoria del moto perpetuo del green pass al ristorante.