Quanto costa un chilo di tartufo quest’anno
All’inizio di ottobre tra i numerosi amanti del tartufo inizia a circolare la consueta domanda: quanto costa un chilo di tartufo quest’anno?
La risposta crea imbarazzo crescente nei cercatori perché un chilo di tartufo costa ogni anno di più a causa del cambiamento climatico.
Se parliamo di tartufo bianco, la varietà di maggior pregio, le colline della Langhe e del Roero hanno sempre avuto stagioni fresche, con piogge ben distribuite che riuscivano a irrigare il terreno in profondità.
Da qualche anno, invece, i mesi di siccità si sono prolungati. Inoltre le poche piogge sono bombe d’acqua che non riescono a penetrare a fondo il suolo secco.
Una serie di fatti concomitanti che sta facendo diminuire i tartufi e aumentare i prezzi. Compresi i prezzi dei tagliolini al tartufo bianco, piatto identitario se ce n’è uno.
Quanto costa un chilo di tartufo: differenze 2021 – 2022
Visto che la richiesta non scende, la risposta di inizio stagione alla domanda quanto costa un chilo di tartufo quest’anno, come nel 2021, è oltre 4.500 € al chilo.
Con queste differenze in base alla pezzatura:
- Piccole (fino a 20 g) 2.980 €
- Medie (fino a 50 g) 4.330 €
- Grandi (oltre 50 g) 6.280 €
L’altro tartufo di stagione, il tartufo uncinato, ha un costo medio superiore a 1.430 € al chilo.
Nel 2021, secondo la Borsa del tartufo –una delle più famose è quella Acqualagna– i prezzi del tartufo bianco in base alle pezzature erano i seguenti:
- Piccole (fino a 20 g): 2000 €
- Medie (fino a 50 g): 3.200 €
- Grandi (da 50 g in su): 4000 €
Prezzi alti che compensano sia la scarsità del tartufo che la fatica dei cercatori, ma decisamente troppo impegnativo per noi che il tartufo lo dobbiamo comprare.
Quanto costa una grattata di tartufo al ristorante
In un anno medio la lamellata di tartufo (8-10 grammi) al ristorante costa 25 €, l’anno scorso costava 30-35 €, oggi siamo sui 40-50 €.
Un prezzo eccessivo che mette il cliente normale nella scomoda situazione di dover decidere tra la grattata di tartufo o la bottiglia di vino.
Secondo i cercatori la risposta corretta alla domanda che ci stiamo rivolgendo (quanto costa un chilo di tartufo quest’anno) è: attorno a tremila euro al chilo.
Ma i tempi dell’abbondanza sono ormai alle spalle. Se negli anni Novanta si raccoglievano 6-7 chili di tartufo a settimana e, letteralmente, non si sapeva dove metterli, oggi al massimo i “trifolau” (cercatori di tartufo in dialetto piemontese) arrivano a un chilo.
Che pianta è il tartufo?
Dall’alba dei tempi una fitta cappa di mistero ha avvolto il tartufo (genere Tuber, dal latino tubera, che significa grumo, gobba o rigonfiamento). Se di solito la prima curiosità da appagare è “perché un chilo di tartufo costa tanto”, l’altra riguarda il tipo di pianta.
Per secoli nessuno sapeva da dove venissero i tartufi, solo nel 1711 sono stati classificati come funghi.
E solo nel 19° secolo si è scoperto che i tartufi crescono nel sottosuolo, in completa oscurità, attaccati alle radici degli alberi indispensabili per il loro sviluppo.
Oggi si conoscono almeno 180 varietà diverse di tartufo, benché solo 13 siano di interesse commerciale.
La Spagna guida la produzione internazionale di tartufo nero, con una media annua di 47 tonnellate, seguita da Francia e Italia.
Infine, negli ultimi decenni, si sono sviluppate tecniche di coltivazione che hanno permesso l’espansione in tutto il mondo del tartufo. A eccezione del tartufo bianco (non coltivabile).
Dove vivono i tartufi – il ciclo
1 – I tartufi vivono e crescono nel sottosuolo a una profondità che va dai 20 ai 50 cm.
2 – I tartufi che hanno già stabilito un rapporto simbiotico con le radici di alberi quali lecci, querce e noccioli iniziano a maturare nel tardo autunno.
2 – Con l’avanzare dell’inverno i tartufi continuano la maturazione. I cercatori partono con i cani addestrati che riescono a localizzare in che punto del sottosuolo si trovano i tartufi grazie a un poderoso senso dell’olfatto.
3 – Con il passare dei giorni la dimensione dei tartufi maturi inizia a diminuire. Di lì a poco arriva la fase della raccolta. In base alle condizioni di quel momento si decide quanto costa un chilo di tartufo.
4 – All’inizio della primavera i tartufi neri che si trovano ancora nel terreno iniziano a marcire (a proposito, se vi capita un tartufo con sentori di ammoniaca e consistenza gommosa vuol dire che è andato a male).
È allora che il fungo si riattiva e inizia la sua espansione attraverso i filamenti, ponendo le basi per la successiva stagione del tartufo.
I cani da tartufo sono fondamentali
I cani addestrati sono in grado di fare ciò che nessun altro essere può, grazie a un numero di recettori olfattivi nel naso che va da 100 a 300 milioni, contro i 5-6 milioni degli esseri umani.
Nei cani, anche la regione del cervello dedicata all’analisi degli odori è 40 volte più grande di quella dell’Homo sapiens.
Ecco perché gli animali sono i migliori alleati dei trifolau nella ricerca nel sottosuolo di una delle prelibatezze alimentari più pregiate.
Dal XV secolo e fino al 1985 i cercatori italiani si servivano di maiali addestrati, soprattutto femmine, particolarmente attratte dall’odore inebriante del tartufo.
Perché il tubero emana un composto chimicamente simile all’androstenolo, feromone sessuale sintetizzato anche nei testicoli del cinghiale.
Il problema è che i maiali non sono solo ipnotizzati dall’aroma del tartufo ma anche dal sapore, addestrarli a non divorarlo è molto complicato.
Per questo, nel 1985, i maiali da tartufo sono stati banditi in Italia, rimpiazzati completamente dai cani addestrati. La cui simbiosi con i trifolau ha portato la ricerca del tartufo tra le attività rappresentative del patrimonio immateriale dell’umanità dell’UNESCO.
Non solo quanto costa un kg, ma da cosa dipende l’odore del tartufo
Quanto costa il tartufo al chilo quest’anno è una domanda che gli appassionati rivolgono con un po’ di apprensione. Sempre con qualche ansia chiedono come riconoscere un buon tartufo.
Un’altra curiosità sul fungo pregiatissimo, più leggera e divertita, riguarda l’odore del tartufo. Per molti, la puzza del tartufo.
Da cosa dipende?
Ognuno dei gioielli naturali –neri, ruvidi, sferici, alcuni grandi come mele– conosciuti come tartufi è una fabbrica di aromi in miniatura.
Secondo alcuni il sapore del tartufo ricorda l’aria fredda di montagna o la terra umida. Altri dicono che il sapore è simile a quello di cavolfiore, patate lesse, olive nere, burro, funghi, zolfo o aglio.
Altri, dalle narici meno raffinate, citano un paio di calzini da lavare.
Un odore che non ha impedito al “gioiello della cucina” di essere evidenziato come afrodisiaco nel 1825 dal gastronomo francese Brillat-Savarin.
Il compositore pesarese Gioachino Rossini è andato oltre, definendolo il “Mozart dei funghi”.
E si dice che il poeta inglese Lord Byron tenesse un tartufo sulla scrivania, fiducioso che il suo odore avrebbe stimolato la creatività e attirato le muse.
Il profumo del tartufo spiegato
È stato meno semplice che rispondere alla domanda “Quanto costa un chilo di tartufo nel 2022”, ma si è arrivati a capire che l’odore unico del tartufo è il risultato di un insieme di composti organici volatili (VOC) prodotti dal fungo.
Lungi dall’essere il risultato di una singola molecola, l’odore che percepiamo è prodotto da decine o centinaia di queste particelle invisibili, sospese nell’aria.
Tra tutti i funghi, il tartufo è quello che emette la più alta quantità di composti organici volatili.
Finora, in varie specie di tartufi, sono stati identificati oltre 200 composti. Sia il tartufo bianco che quello nero producono una miscela di alcoli, chetoni, aldeidi, dimetilsolfuro, dimetildisolfuro, diacetile, etilfenolo, furaneolo e octenolo.
Per avere un riferimento, l’odore del caffè è prodotto da almeno mille composti chimici che entrano attraverso le narici e incontrano i nostri recettori olfattivi.
Nelle fragole, il numero è superiore a 300 VOC.
Nel tartufo, in genere, la struttura di ciascuna molecola è composta da idrocarburi, gli atomi più comuni sono ossigeno, azoto e zolfo.
La potenza dell’aroma varia in base al tipo di tartufo. Il tartufo nero è considerato il più aromatico di tutti, il tartufo estivo è l’ultimo della scala, il tartufo bianco si trova nel mezzo.
Inoltre, l’aroma del tartufo cambia durante la sua maturazione.
Sappiamo che gli aromi possono cambiare a seconda delle località anche all’interno dello stesso Paese. Possono anche variare in base al clima, al terreno, anche tra due alberi nello stesso campo.
Il tartufo ha quella potenza aromatica per una ragione ben precisa. È una strategia evolutiva per la sopravvivenza della specie.
L’odore è così forte per consentire al tartufo di comunicare chimicamente con gli altri organismi del suo ambiente.
Non avendo un proprio sistema nervoso, il tubero è costretto a usare altri mezzi. Per esempio, alcuni dei composti volatili attirano gli insetti che aiutano a disperdere le spore.
Pensandoci bene, è una tecnica simile a quella dei fiori che si affidano agli insetti e agli uccelli per disperdere e per impollinare.
Il tartufo si può coltivare
La produzione mondiale di tartufo è cresciuta negli ultimi anni grazie all’aumento della coltivazione del pregiato fungo.
Due sono stati i principali effetti collaterali. Oggi tutti gli amanti sanno quanto costa un chilo di tartufo quest’anno e i tempi di conservazione: tartufo bianco 3 o 4 giorni in frigo, tartufo nero 6 o 7 giorni sempre in frigo.
Nel corso del tempo, gli scienziati hanno scoperto che i tartufi non crescono in modo indipendente, ma appaiono sempre vicino a querce, noccioli, pioppi e faggi.
Ma non sono parassiti, i due organismi collaborano. Gli alberi dipendono dal tartufo per raccogliere i minerali essenziali e il tartufo, che non è in grado di avviare la fotosintesi, riceve nutrienti dalle radici dell’albero.
Oggi sappiamo che oltre 200.000 specie di piante hanno una relazione simbiotica con i tartufi.
La coltivazione del tartufo rimane tanto un’arte quanto una scienza. Ogni fattoria segue le proprie tecniche, alcuni segreti vengono gelosamente custoditi.
Il viaggio del tartufo dalla spora al piatto è irto di incertezza biologica, concorrenza economica e mal di testa logistici.
Devono essere allineate centinaia di variabili. Il tartufo è un fungo schizzinoso che cresce solo quando le condizioni ambientali (escursione termica, precipitazioni o irrigazione controllata) e le condizioni del suolo (acidità, umidità, minerali come fosforo e potassio) lo permettono.
I tartufi sono stati raccolti nelle aree tartufigene fino a quando, negli anni Settanta, le tecniche di inoculazione sviluppate in Francia hanno aperto le porte alla coltivazione in piantagioni gestite.
Come funziona la coltivazione del tartufo
In un vivaio, si collega prima la spora del tartufo alle radici di un albero. La spora inizia quindi a germogliare e a generare un micelio, o una radice di tartufo, in seguito portata in un campo e piantata.
Durante i primi anni si cura la salute dell’albero, si controlla l’acidità del terreno e si fornisce acqua attraverso l’irrigazione per creare le condizioni necessarie allo sviluppo sotterraneo del tartufo.
In primavera si generano i primordi o piccoli tartufi, rossi fuori e bianchi dentro. Da quel momento in poi il tubero matura. In autunno si allarga. Finalmente, in inverno, il tartufo completa la maturazione ed è pronto per essere mangiato.