Pane a 9 €: l’ultima di Milano è che il prezzo include lo storytelling
Ambrosia, il pane più venduto del nuovo forno con caffetteria Ambrogia, appena aperto a Milano da due laureate, costa 9 € al chilo.
È questo il passaggio più controverso del pezzo con cui il dorso milanese del Corriere della Sera ha presentato ai suoi lettori il panificio Ambrogia di piazza Sicilia.
Completato dalla spiegazione che Federica Ferrari, 43 anni, laureata in Economia, e Francesca Gatti, 40 anni, laureata in Storia dell’arte, hanno dato al quotidiano.
Se il pane a 9 € al chilo costa quasi il doppio rispetto alla pagnotta comprata al supermercato, è perché compreso nel prezzo c’è lo storytelling.
Storytelling? In che senso? Parliamo di pane a 9 euro al chilo. Prezzo da bolla milanese dentro cui lievita un male oscuro, altroché farina, acqua, lievito e sale.
Pane a 9 €: lo storytelling è un ingrediente che costa caro
Hanno spiegato le due neo imprenditrici al Corriere: “Il nostro segreto? Lo storytelling: spieghiamo ai clienti la nostra filosofia e il nostro modo di produrre il pane”.
Una spiegazione subito impugnata sul sito del Gambero Rosso da Paolo Manfredi, che si è ritagliato il ruolo da frugal gourmet, cioè da critico gastronomico attento ai prezzi e ai risvolti etici che comportano.
(Lui invece di definisce “solo un malmostoso di mezza età che adora fare polemica”).
Ha scritto Manfredi: “Ora, di pirla è pieno il mondo, ma che tu mi ricarichi lo storytelling sul prodotto, e soprattutto che tu me lo dica, è sfidante anche per il senno discutibile degli hipster e delle sciure che sospetto riempiano il locale”.
Le due laureate del forno gioielleria Ambrogia hanno provato a coprire il rumore di fondo creato dal pane Ambrosia – ribadiamo, un chilo a 9 € – e dalle loro dichiarazioni.
Hanno spiegato ai clienti la filosofia della bakery, cioè usare ingredienti di qualità, a filiera corta e tracciata. Aggiungendo che quelli, i clienti: “capiscono, apprezzano, preferiscono spendere qualcosa in più ma portare a tavola un prodotto buono e salutare”.
I prezzi di Milano hanno creato una selezione naturale
Ora, tutto è possibile. Anche che i prezzi dei negozi e dei ristoranti di Milano abbiano creato una specie di selezione naturale.
Una comunità che in nome del libero mercato manda giù qualunque eccesso pestilenziale, come il pane a 9 € al chilo o un piatto di pasta in bianco a 26 euro. Tanto c’è lo storytelling.
Chissà cosa ne pensa di certi prezzi quella che chiamavamo classe media, parlandone da viva. E che, scegliendo un negozio al posto di un altro, evitava che venisse bollato come trappola per turisti scemi.
Intendiamoci, questa non vuole essere la solita tirata populista contro il caro prezzi, signora mia. Il pane a 9 € del panificio Ambrogia di Milano non è quello precotto chissà dove che si compra in molti supermercati.
Inoltre, i rincari dei beni energetici incidono pesantemente sui costi delle materie prime, farina compresa. E quando l’artigianato è sano paga bene dipendenti e fornitori.
Ma il pane, per quanto oggi lo si voglia far passare per commodity più che alimento di base della nutrizione umana, non può costare 9 € al chilo.
Il prezzo giusto è un altro. Perfino a Milano.