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Pizzerie
30 Settembre 2018 Aggiornato il 30 Settembre 2018 alle ore 23:28

Top 51 Pizza. Perché Gabriele Bonci prende in giro la classifica inaffidabile

Non siamo ritornati al tempo in cui le grandi firme dai rispettivi giornali si stilettavano a vicenda o era vietato citare un giornale concorrente ma ci
Top 51 Pizza. Perché Gabriele Bonci prende in giro la classifica inaffidabile

Non siamo ritornati al tempo in cui le grandi firme dai rispettivi giornali si stilettavano a vicenda o era vietato citare un giornale concorrente ma ci siamo quasi.

In attesa della 50 Top Trattoria, a tenere banco è ancora la pizza.

Per fortuna il vetero-populismo della pizza napoletana come arma di conquista del popolino napoletano, secondo solo ai talebani afghani a cedere di un passo rispetto a una tradizione non codificata e in parte non conosciuta, ha smesso di convocare conferenze stampa per difendere le pizze bruciate (chi ricorda lo scandalo della puntata di Report in cui eminenti rappresentanti della pizza napoletana provarono a far passare il messaggio che una pizza avvolta nei fumi di una imperfetta combustione fosse odore di legna?) e passare alla codifica della pizza, rectius, della pizzeria e non solo napoletana.

Il compitino messo giù da Luciano Pignataro che prende spunto da un post di Gabriele Bonci è di quelli che i professori a scuola avrebbero licenziato con qualche tratto rosso, uno blu e la nota “l’alunno avrebbe dovuto spiegare meglio le motivazioni”.

La tesi che dopo due mesi si parla ancora di Top 50 Pizza perché non se ne può fare a meno è quello da matita blu. Il solo fatto che ne abbia ripreso a scrivere – ovviamente con funzione anche auto propagandistica del nuovo libro edito da Hoepli e della nuova Top 5o qualche cosa – dimostra che c’è bisogno di dare ossigeno alla creatura polimorfica che ha intenzioni educational e sanzionatorie allo stesso tempo.

Ma ovviamente la ripresa sui social o sui blog è quell’onda o ondina che serve per arrivare alle strenne natalizie in cui tutti, Gabriele Bonci forse compreso, getteranno un occhio sul nuovo libro dedicato alla pizza e che – storicamente parlando – potrà cercare di cancellare o agganciarsi alla storia del professore Mattozzi chiamato a suo tempo a giustificare l’ineluttabilità delle scelte napoletane in materia di pizza.

Gabriele Bonci ha lanciato come sa fare il sasso nello stagno putrescente della pizza napoletana, quello che esala inconfessabili miasmi per invidia, rancori e interessi di parte, con un meme divertente: 51 Top Pizza alterando il logo.

E lo ha fatto nel giorno della presentazione a Napoli della guida del Gambero Rosso anch’essa fagocitata dalla necessità di mettere in fila i migliori, i Tre Spicchi, assegnando un punteggio su base centesimale. Se lo ha fatto è perché non poteva più stare a guardare il fiume di classifiche che ogni giorno si spandono sul web ed anzi è arrivata in colpevole ritardo perché la guida ai ristoranti ha già la classifica da tempo.

Ora non è che Gabriele Bonci possa essere considerato in toto un amico del Gambero Rosso. Davanti al suo Pizzarium per un po’ di tempo campeggiò un cartello che invitava giornalisti critici della testata a non entrare. E il DG Salerno nel bel mezzo della presentazione lo ha ripreso in malo modo sull’educazione da tenere in una conferenza stampa di presentazione (vabbè, poi si è beccato il rimprovero social di aver tolto la giacca come se fosse stato nel salotto di casa sua e di aver continuato a consultare il telefono per tutto il tempo della presentazione). Gabriele Bonci non l’ha mandata a dire e sul podio che pure lo ha visto ben piazzato ha detto di smetterla con le classifiche che esacerbano gli animi dei pizzaioli e alzano il livello di rancore.

In pratica ha giocato con tutti gli operatori del consenso (dell’informazione, ahimè, proprio non riesco più a pronunciarlo).

50 Top Pizza, quindi, per lui come per molti altri è inaffidabile. Non lo ha premiato, direte voi, e quindi da influencer cerca di minarne il consenso.

L’effetto domino delle competizioni è clamoroso. Daniel Young, autore del contestatissimo – da Pignataro e compagni di avventura toppeschi – libro della Phaidon da cui è scaturita la prima classifica che ha mandato al vertice Franco Pepe, ha dato la stura all’avventura.

Si è accodato 50 Top Pizza perché, al netto dei valori di merito della pizza, rectius, della pizzeria di Franco Pepe ha esattamente fatto quello che dice di criticare: surfare l’onda di consenso che si era generata. Non si tratta di imbrogliare, ma nello scegliere gli ispettori, fare un briefing, portare un esempio significa canalizzare l’attenzione di chi quella classifica andrà a votare, attenzione, non a costruire.

A questo punto è arrivato il Gambero Rosso che surfa ancora più in alto e mette nei primi 3 L’Albereta, cioè la filiale di Pepe ad Erbusco a pari merito con Pizzarium sul secondo gradino del podio. Ovviamente ho ascoltato le critiche più retrive circa il coinvolgimento dell’azienda di Franciacorta che è nella guida vini, sponsor e bla e bla. A me ha colpito di più che Pepe sia riuscito ad esportare il suo modello di pizza fuori dai confini di Caiazzo e a farlo su un forno elettrico per pizza napoletana (e no, non è quello del nostro sponsor) rompendo il tabù che ha coinvolto altri pizzaioli e che vorrebbe “o ammaccano loro o la pizza non è buona”. A prescindere che lo sponsor della guida pizzerie è il Consorzio Sannio, cioè Benevento, e il signore che ha officiato tutto il rituale delle premiazioni in scala ascendente mica sarà stato contento di premiare Caserta, Franciacorta eccetera. Se la vogliamo mettere tutto per forza a soldi.

Sesso, Soldi, Sangue. Le tre S che da sempre hanno fatto la fortuna delle notizie e delle copertine dei giornali si sono riversate anche nel mondo web e classifiche. Se del food porn ne è stato scritto a mari, dei soldi c’è sempre quella vena di ritrosia, di indicibile acquisto di anime e penne, ops, tastiere.

Pignataro giustamente fa notare che se una cosa funziona attrae gli sponsor che ritrovano in immagine i soldi investiti. La redemption di 50 Top Pizza sarebbe tale che nessun produttore di farine ha sentito il bisogno di accettare una proposta di sponsorizzazione dell’evento (perché di questo parliamo, di un evento, non di una guida come la Michelin e il fatto che la citi cercherò di renderlo chiaro al passo successivo).

Ovviamente potrebbe darsi il caso che non abbiano chiesto soldi a nessuno degli ennemila mulini che macinano a pietra o usano pacchetti enzimatici perché la loro etica (c’è un’etica nel chiedere i soldi e non è una battuta) impedisce di coinvolgerli. Meglio avere a che fare con un’azienda di formaggio che probabilmente farà meno pressioni o sarà comunque meno coinvolta emotivamente. Almeno così dicono le malelingue.

Ma di questo passaggio, a me colpisce l’affermazione – non del tutto chiara, ci va il tratto rosso – che un editore (eh già perché la classifica è prodotta da un editore sul modello della 50 Best) paga i giornalisti con gli introiti pubblicitari. Esattamente come accade con i giornali. Quindi, in questa logica, gli ispettori della 50 Top Pizza sono pagati con i soldi degli sponsor. Pignataro è pagato con i soldi degli sponsor. Faccio subito una rettifica: il lavoro degli ispettori e di Pignataro è pagato con i soldi degli sponsor. Se qualcuno ha pensato che servissero per l’affitto del teatro deve ricredersi.

La macchina messa in moto ha bisogno di benzina, sia chiaro.

Ma è sempre sui soldi che va un altro tratto rosso. Il mantra degli scontrini e dell’anonimato. Questo assioma può essere valido per chi lo ha eletto a sistema e per questo ho citato alla voce soldi la Guida Michelin. Non c’è commistione degli ispettori con altri ruoli. Non scrivono, non si fanno selfie, non moderano (a pagamento) convegni, non presentano libri. E soprattutto hanno un budget messo a disposizione da Michelin gomme che li rende perfettamente impermeabili a qualsiasi tipo di connivenza, amicizia o favore. La Guida Michelin per Michelin è un fattore di costo il cui ritorno in termini pubblicitari sul marchio è una parte del mix delle operazioni di comunicazioni del colosso del settore automotive.

Ora ditemi che gli organizzatori di 50 Top Pizza fanno beneficenza e ritratto tutto.

Ok, non la fanno.

Ci serve il Sangue. Che è il regolamento, cioè la linfa di cui dovrebbe nutrirsi la classifica per dichiararsi credibile e affidabile.

Mi autocito perché in occasione di una risposta a un commento ho provato a spiegare come mi appaiono i due termini e qual è l’obiettivo delle classifiche di Scatti di Gusto.

Credibilità è una relazione che si instaura tra soggetti e quindi viene riconosciuta da qualcuno.
Onestà, coerenza e affidabilità sono le qualità della persona credibile come spiega Aristotele.
Una classifica è affidabile se il dato oggettivo, rectius, verosimile viene condiviso con buona approssimazione da soggetti terzi, cioè i lettori, e quindi se gli scostamenti da quella proposta sono minimi (ho il dubbio che il quarto possa essere terzo, ma non il decimo sia primo).
Quindi sarà affidabile se ha questa caratteristica, mentre sarà credibile se c’è onestà di osservazione, coerenza di giudizio rispetto alle voci esaminate, affidabilità perché condivisa.
I criteri per stilarla sono stabiliti prima dell’osservazione. Per la pizza noi proponiamo:
aspetto visivo, profumo, cottura, sapore, leggerezza, rapporto qualità-prezzo che è l’ordine cronologico di valutazione. Comprimiamo al massimo il valore soggettivo di piacevolezza generale che è quello che più facilmente si espande.
Non tutti i pizzaioli elencati utilizzano il mulino che ha scelto Scatti di Gusto come mezzo affidabile e credibile. Ritengo anche perché siano correttamente indicati i pizzaioli autori di pizze credibilmente ottime o buone anche se usano la farina di un suo competitore.

La differenza tra 50 Top Pizza e Scatti di Gusto la comprendete facilmente leggendo perché i soldi servono a fare sangue. Noi cerchiamo la qualità dei contatti, loro la quantità della visibilità. Ecco come viene spiegato da Pignataro:

E sappiamo come in un pizzeria, più che in uno stellato, fa molta differenza essere o meno riconosciuto, soprattutto quando per mangiare una pizza devi fare una fila di un’ora.
Circa cento ispettori sparsi in giro per l’Italia votano, mangiano e pagano come clienti normali.
Questo vuol dire che anche gli sponsor nulla possono e il loro interesse nel sostenere il progetto è soprattutto nella visibilità mondiale che ne ricavano più che fare il piccolo favore a un loro cliente. Del resto se cercate 50TopPizza su Google  poetete rendervene conto facilmente: abbiamo contato circa 800 articoli sparsi in tutti i continenti, migliaia e migliaia di rilanci in italiano. Nessuna guida italiana, direi anche nessun sito, in questo momento rende così conveniente un investimento pubblicitario nel rapporto costo/contatto.

Ma il discorso tendenzialmente non cambia alla voce soldi. Fa differenza il sangue perché il regolamento non è chiarissimo, non lo è almeno a detta di moltissime pizzerie che sono poi l’oggetto del contendere.

Sarà perché, cito, deve avere un altro obiettivo: “da fastidio ad un Sistema ormai codificato in cui tutti sono bravissimi e alcuni orwellianamente più bravi dei bravissimi”.

Se orwellianamente gli ispettori di 50 Top Pizza sono i più bravissimi assai, ovvio, freudianamente a me colpisce l’affermazione che loro, cito nuovamente dal passo precedente, votano, mangiano e pagano. In effetti è assai singolare che non mangino, paghino, giudichino e si astengano dal votare su indicazioni di qualcuno. Non sono, dunque, normali clienti.

Sangue e Soldi sono in stretto legame. Sarebbe impossibile far andare tutti e 100 ispettori in tutte e mille le pizzerie, anzi di più perché alcune non entrano in classifica, fare una riunione e dire ma secondo voi la pizzeria Tizio è old? La pizzeria Caio ha i sottopiatti non in linea con la pizza agli asparagi di cui tutti parlano?

Meglio utilizzare il telefono per sapere dal collega del nord se la pizzeria Sempronio ha la giusta accoglienza.

Meglio ancora fare un algoritmo o un sistema tipo La Bestia salviniana per cercare di mettere le vele al vento nella condizione più favorevole per macinare gli ennemila contatti necessari per ripagare l’investimento degli sponsor.

No, non andate lungo questa linea perché vi manca l’elemento più forte e maggiormente presente in chi scrive, fa comunicazione, inventa format, va in video o si spara selfie a ripetizione: il narcisismo.

Quello che impone che la scelta finale sia mediata dalla propria coscienza che si agiterà tra Sesso, Sangue e Soldi perché ai suoi occhi uno solo dei tre deve avere il sopravvento e lenire le ferite da celodurismo gastronomico.

E quindi, essere più forte del più orwellianamente fortissimo pizzaiolo.

Perché più del risultato è importante che tutto concorra a incoronare l’elemento più avverso da tutti i critici e criticati, ma a parole: la soggettività.

E ora basta. Corro a mandare l’IBAN a Pignataro per il migliore e più approfondito pezzo che sia mai stato scritto per la prima volta nella storia dell’unica e più inaffidabile classifica delle pizze, rectius, delle pizzerie in Italia e nel mondo.

E speriamo che almeno un trancio della pizza n°5 di Chanel, ops, di Pizzarium almeno Gabriele Bonci me la incarti. Aggratise ma con lo scontrino altrimenti poi non ne posso scrivere dopo tutta questa fila sulla tastiera.

Buona pizza a tutti!

PS. Voto a Pignataro, 6 meno meno. Può riprendersi se la smette di lanciare anatemi.

 

 

 

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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