Alessandro Borghese: bocciato il suo ristorante di Milano, il conto fa male
Alessandro Borghese è un mostro di popolarità grazie ai (4) ristoranti degli altri. Con i suoi gli va meno bene, le critiche non mancano. È il turno di “Alessandro Borghese, il lusso della semplicità”, il ristorante dello chef-tv e imprenditore in via Belisario a Milano.
A somministrargli la stroncatura è Il Fatto quotidiano, con una recensione divertente, giusto un po’ lunga. Per questo ve la presentiamo destrutturata. Come fanno gli chef quando vogliono alleggerire un piatto corposo.
Ecco i passaggi salienti della recensione negativa del ristorante di Alessandro Borghese, organizzati per temi.
SULLA PRENOTAZIONE: “Per prenotare bisogna dare il numero della carta di credito e l’email, arriva l’email di conferma con questa frase: non vediamo l’ora di accoglierla“.
SULL’ESTERNO DEL LOCALE: “Non sembra l’entrata di un ristorante, mi ricorda di più un albergo“.
SULL’ACCOGLIENZA: “Entriamo, ci accoglie una signorina sexy, le faccio vedere la prenotazione sullo schermo del cellulare: “Ah, lei è il gentile Ricky Farina, prego accomodatevi”. In effetti sono una persona gentile.
SULLA SALA: “Facciamo le scale e arriviamo in una grande sala che assomiglia vagamente a un night club”.
SU TAVOLI E POSATE: ”Il tavolo è senza tovaglia, ci sono dei poggia posate e una scultura in ceramica. Le posate sono bellissime, quasi commoventi, verranno cambiate a ogni portata”.
SUL CAMERIERE: “Arriva un uomo con una giacchetta stravagante e dei pantaloni neri, si chiama Giampiero, ci consiglia il menù da 4 portate, 90 euro a testa, escluse le bevande, è il più economico”.
SUL BAGNO: “Andiamo a turno nel bagno, Ethel non riesce nemmeno ad azionare il getto d’acqua, si tratta di una semplicissima fotocellula. “La fotocellula non funzionava”.
SUL PIATTO DI BENVENUTO: “A me arriva una striscetta (quasi inesistente) di speck di tonno con puntini colorati che dovrebbero essere salsine di accompagnamento… Certo lo speck di tonno è così esile che passa quasi inosservato”.
SUL COCKTAIL DI GAMBERI: “Una rivisitazione di un classico anni Ottanta: cocktail di gamberi in salsa rosa. C’è molta cura: un ciuffetto di insalata, un ciuffetto di salsa rosa, e due cialde che racchiudono mezzancolle sgusciate, nude, tremanti, rosse”.
SULLA CACIO E PEPE: “È l’unico piatto che trasmette abbondanza e un senso di generosità, molto invitante e cremosa, sensuale, piccante al punto giusto, le manca un solo ingrediente per essere perfetta: Roma”.
SUL FILETTO DI VITELLA: “Non è memorabile, non è abbastanza gustoso e sensuale: non mi eccita, il palato resta ‘barzotto’.“
SULLA MERINGATA: “È accompagnata da un liquido marrone da bere a parte che sembra proprio Nesquik! Buonissima la meringata, ma il Nesquik no, no e poi no. Il Nesquik non è eccitante, non è sensuale! Infantilizza la meringata! Alessandro, mi cadi sul Nesquik!”
SUL CONTO: “Leggo: 267 euro. Le chiappe mi si stringono subito, ma ormai è già entrato tutto dentro il… conto”.
SUL VOTO AL MENÙ: “Mi alzo a chiappe strette. Ci viene chiesto di dare un voto al menù come nel famoso programma televisivo, alla location, al servizio e al conto: sorvolo“.
SULL’ESPERIENZA 1: “Le mie chiappe si rilassano, forse sono pronto per un’altra, per un’altra… come chiamarla? Meglio non chiamarla”.
SULL’ESPERIENZA 2: “A parte il Nesquik e i 24 euro al calice, è stata una bella serata, un caro saluto chef, ma molto meno caro del conto. Che sapore ha la felicità? Torno a baciare Ethel per ricordarmelo”.