Amaretti come li fanno a Santa Croce sull’Arno all’Immacolata
L’amaretto morbido, così come lo conosciamo oggi, vede la sua origine a Santa Croce sull’Arno, in provincia di Pisa, a fine 1800. Il suo luogo di nascita è il Monastero Agostiniano di Santa Cristiana (1286).
Le monache per ringraziare i benefattori, impastavano mandorle tritate, uova e zucchero con cui realizzavano piccoli coni. Le mandorle erano quel poco di pregiato che ricevevano abitualmente dai parenti delle giovani di origine siciliana, mandate al nord ad abbracciare la fede. Ma i mandorli erano allora presenti anche a Santa Croce, laddove oggi vediamo gli olivi. C’era quindi un misto di mandorle presenti sul territorio e di quelle portate al monastero dai benefattori.
La ricetta poi oltrepassò le mura del monastero e presto anche i fornai e le massaie iniziarono a produrli in proprio, trasformando l’Amaretto nel tipico dolce della ridente cittadina.
Santa Croce sull’Arno, non era solamente già nota al tempo per le sue concerie, ma anche per l’allevamento del baco da seta. Così il lento traffico fluviale di merci sull’Arno fece sì che i molti viandanti, prima di ripartire, ricevessero in dono un amaretto, biscotto adattissimo a resistere al lungo viaggio. E se si seccava, bastava ammorbidirlo con l’acqua (oggi lo si fa con il vinsanto o vini liquorosi da dessert) per essere consumato più morbido.
La ricetta
La ricetta base si compone di mandorle dolci e una piccolissima parte di mandorle amare o di armelline (i semi all’interno del nocciolo di albicocca) che hanno un retrogusto amarognolo usate in pasticceria come essenza, come ingrediente negli amaretti, in sciroppi o liquori.
Parlando con gli amarettai, nessuno dà i dettagli della propria ricetta. Ovvio. Si limitano a dire che la base è composta da tre ingredienti, mandorle zucchero e uova. Poi qualcuno ci aggiunge il limone. C’è chi usa l’ostia e chi no. Pochi a dire il vero perché l’ostia è utilizzata per evitare che il biscotto non si attacchi alla teglia del forno in fase di cottura.
La procedura di lavorazione originaria dell’amaretto prevede inizialmente una leggera tostatura delle mandorle, al fine di poterle successivamente liberare dalla pellicola che le avvolge. Recentemente alcuni produttori hanno sostituito la tostatura con la bollitura delle mandorle.
Successivamente si procede alla macinatura delle mandorle ed al loro successivo impasto con lo zucchero, le uova e la scorza grattugiata di limone.
Quindi con il composto si formano dei mucchietti dalla forma più o meno conica da cuocere nel forno ben caldo.
In passato l’amaretto era venduto sfuso e confezionato al momento della vendita nei classici vassoietti da pasticceria. Ora lo trovate in vendita in piccoli sacchetti di plastica trasparente.
Comunque sia, il vero segreto dell’Amaretto Santacrocese sono le mani. Già, le mani di chi trita, impasta, dà forma. Se fate un giro tra gli amarettai ed assaggiate i loro biscotti, scoprirete che non ce n’è uno uguale all’altro. La forma è simile, però mai identica, il sapore anche. Perché nessun artigiano fa due cose uguali, perché il bello del “fatto a mano” risiede nelle forme irregolari e nel gusto che cambia. Perché è lì, in quelle diversità che si nasconde la passione.
La festa degli amaretti
Ogni anno, il giorno dell’Immacolata Concezione, a Santa Croce c’è la festa dell’amaretto santacrocese. La data non è scelta a caso. In quel giorno la Madonna apparve a Santa Cristiana, ben sette secoli prima di Luordes e Fatima.
Quest’anno Santa Croce festeggia la trentesima edizione della festa dedicato al suo amaretto lanciando un nuovo progetto. L’Associazione degli Amarettai di Santa Croce sull’Arno si pone l’obiettivo, con il supporto del Comune, di veicolare l’immagine del biscotto anche fuori regione.
La festa inizierà alle 09:30 del mattino e per tutto il giorno ci saranno attività per grandi e piccini per tutto il centro storico. Testimonial d’eccezione di quest’anno sarà lo chef Cristiano Tomei che, per l’occasione, preparerà una ricetta con l’amaretto. Alla fine della manifestazione sarà proclamato il miglior amaretto dell’anno e l’amarettaio vincitore sarà premiato con l’amaretto d’oro ideato dalla Gioielleria Baroni.
Gli amarettai sono al lavoro per declinare l’amaretto in una serie di prodotti da pasticceria, lievitati e gelati da consumare tutto l’anno. E molti ristoranti utilizzano il biscotto per alcuni loro piatti. Il ristorante Fanellino, ad esempio, in occasione della cena stampa per la presentazione della festa, ha proposto un baccalà mantecato, crema di zucca e parmigiano, sformato di cavolfiore e crumble di amaretto.
Durante gli amarettai hanno raccontato le storie e i loro ricordi legati alla tradizione, alla famiglia. C’è chi dal ricordo del padre ha creato un gelato, chi ha lasciato la Sicilia (ma solo fisicamente) portandosi nel cuore quel sole che riscalda ogni giorno il suo forno. Una gioia vederli tutti assieme a raccontare ognuno i propri aneddoti, le proprie esperienze. Tutte diverse ma accomunate dalla passione per il loro lavoro, per il loro amaretto, per la loro città.
Dove comprare gli amaretti a Santa Croce sull’Arno
L’associazione degli amarettai conta diversi indirizzi. Noi ve ne suggeriamo tre dove assaggiare il biscotto tipico di Santa Croce sull’Arno.
Pasticceria Vacchetta. Piazza Giuseppe Garibaldi, 12. Santa Croce sull’Arno (PI)
Il laboratorio degli impasti. Corso Giuseppe Mazzini, 57. Santa Croce sull’Arno (PI). Qui troverete anche la pizza
Loriana Betti Patisserie. Via di Pelle, 1. Santa Croce sull’Arno (PI). Sforna anche un panettone con perle di amaretto.