Arancione scuro, la nuova zona che allontana la riapertura dei ristoranti
Arancione scuro. Il nuovo colore della zona intermedia tra il rischio alto della zona rossa e quello medio alto della zona arancione potrebbe essere la novità del nuovo Dpcm anti Covid-19. Il primo del Governo Draghi.
Da 3 a 4 fasce o zone per delimitare territori più ristretti rispetto ad un’intera regione. Il tentativo è di cercare di isolare con maggiore precisione i focolai. E tenere a bada le varianti del virus che preoccupano gli scienziati e il Comitato Tecnico Scientifico.
La parola d’ordine è evitare la terza ondata del coronavirus che si preannuncia ancora più forte della seconda di autunno.
Siamo ancora a livello di indiscrezioni, ma è certo che la creazione di questa quarta zona significherebbe allo stato attuale delle misure anti contagio allontanare la riapertura di bar, ristoranti, pizzerie.
Di 4 zone resterebbe solo la gialla a consentire l’apertura delle attività di ristorazione e solo a pranzo.
Malgrado la convergenza bipartisan della politica sulla necessità di riaprire i ristoranti anche la sera in zona gialla, lo stop della comunità scientifica è evidente.
Basta riavvolgere il film delle riaperture dopo il lockdown della primavera dello scorso anno. E segnalare che il picco della nuova ondata o comunque di questa curva mai del tutto domata è previsto per la metà di marzo.
Nel 2020 i ristoranti furono gli ultimi a riaprire insieme alle palestre. E anche questo nuovo Dpcm farebbe slittare la riapertura di palestre e cinema come riporta il Corriere.
Zona arancione scuro e aperture a cena
Il fronte dei favorevole alle riaperture per la cena è ampio, ma è tutto concentrato nell’area politica. Con il Governatore dell’Emilia Romagna e presidente della conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, virtualmente al comando. Tra lo strappo per la sua Regione la primavera scorsa e la richiesta di aprire a cena, ha inserito anche la proposta naufragata di una Italia tutta arancione. Per le settimane necessarie a riaprire senza ulteriori interruzioni.
Una possibilità che si infrange sul numero che il Cts ritiene sicuro per riaprire le palestre e dunque, per analogia, anche i ristoranti la sera. Numero che ben conosciamo. Soltanto 50 nuovi contagiati su 100 mila abitanti. Il limite per raggiungere l’agognata fascia bianca, speranza persa nei meandri della crisi e della difficoltà di vaccinare una parte consistente di popolazione. Quel traguardo che permetterà all’Inghilterra di riaprire pub e ristoranti dopo Pasqua, il 12 aprile. E con la limitazione di prevedere tavoli all’aperto. Per disperdere i droplet delle varianti che incutono timore.
Se lo fanno in Inghilterra, potremmo farlo anche noi che abbiamo la primavera alle porte. È il ragionamento suggestivo che si scontra con la realtà degli eventi degli ultimi fine settimana con i lungomare e i centri storici presi d’assalto da migliaia di persone. E senza alcuna possibilità di rispettare il distanziamento (che secondo nuovi studi è salito a 1,4 metri).
Folle con mascherine, ma non sempre. Che potrebbero essere convogliate ordinatamente a tavoli magari con misure più rigide. In nome della tracciabilità e di evitare assembramenti nelle case che vanno ben oltre i 4 commensali a tavola.
Le distanze
La speranza è che le pressioni della politica e delle associazioni facciano breccia. Anche se la proposta di consentire l’apertura ai ristoranti con grandi superfici a disposizioni per aumentare il distanziamento tra tavoli è folle. Almeno se la si vede alla luce della battaglia condotta l’anno scorso alle riaperture per diminuire quella distanza invocata dall’Inail e dal Cts.
La memoria è corta e ora coloro che hanno gettato le basi per rendere meno sicuri i ristoranti in nome della sostenibilità economica provano a sparigliare le carte. Toccherà vedere se il mazziere è d’accordo. O se la zona arancione scuro renderà ancora più difficile promuovere i ristoranti come luoghi sicuri.