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24 Agosto 2019 Aggiornato il 19 Giugno 2021 alle ore 08:41

Assenzio. La storia del liquore che da maledetto è diventato IGP

L'assenzio non è più maledetto. Ora è diventato una IGP (Indicazione Geografica Tipica). Come siamo passati dalla demonizzazione alla glorificazione dei
Assenzio. La storia del liquore che da maledetto è diventato IGP

L’assenzio non è più maledetto. Ora è diventato una IGP (Indicazione Geografica Tipica).

Come siamo passati dalla demonizzazione alla glorificazione dei tempi moderni?

L’Assenzio, come una poesia, favorisce l’amore”: lo diceva Oscar Wilde. Ai tempi, l’assenzio era una bevanda controversa, un liquore considerato alla stregua di una droga, in grado di destabilizzare le mente e il corpo di coloro che lo consumavano – e segnatamente degli artisti, scrittori e pittori che a questo liquore verde – la “fata verde”, veniva chiamato – si rivolgevano in cerca di ispirazione.

Si dice che “Notte stellata” di Vincent van Gogh (1889, MoMA, New York) sia stata dipinta sotto l’effetto dell’assenzio.

Ha consumato, descritto, o dipinto l’assenzio gente come Paul Verlaine, Ernest Hemingway, Vincent van Gogh, Toulouse-Lautrec, Picasso, Giuseppe Rovani, Victor Hugo, Paul Gauguin. Sembra che Arthur Rimbaud abbia scritto “Una stagione all’inferno” con l’aiuto dell’assenzio, mentre Baudelaire, che pure ne era consumatore, non lo nomina mai nelle sue opere.

In realtà, l’assenzio ha già perso da tempo la sua fama di liquore maledetto, e ora i funzionari europei di Bruxelles gli hanno concesso di fregiarsi dell’Indicazione Geografica Protetta.

Ma ci sono voluti 15 anni di battaglie legali perché il liquore di Pontarlier, cittadina francese ai confini con la Svizzera, ottenesse questo marchio IGP. (A proposito di Svizzera: ricorderete la “guerra dell’assenzio” dichiarata dalla Francia alla Confederazione Elvetica per assicurarsi l’esclusiva del nome…)

Edouard Manet, Bar delle Folies Bergère.

Pontarlier nell’Ottocento era diventata il centro con il maggior numero di produttori di questo liquore (66.000 litri al giorno nel 1914), finché la produzione non venne proibita nel 1915. Il divieto venne parzialmente levato alla fine degli anni Novanta, l’assenzio tornò in produzione, e iniziò la battaglia per l’IGP, ottenuta nei giorni scorsi: è il 239° prodotto alcolico a riceverla.

La battaglia è stata condotta in prima persona da uno dei maggiori distillatori della zona, François Guy, anche a causa del gran numero di imitazioni che avevano iniziato a comparire un po’ in tutto il mondo: “Abbiamo trovato anche un assenzio sudafricano con Napoleone e il giglio sull’etichetta”, ha dichiarato Guy a Le Parisien.

Ma l’assenzio era veramente una specie di droga? Cominciamo a capire di cosa si tratta: è un distillato ad alta gradazione alcolica (da 45% può arrivare a 70%), derivato dai fiori e dalle foglie dell’Artemisia Absinthium con altre erbe (melissa, issopo, dittamo ecc.) e aromatizzato all’anice, di colore verde. Venne creato da Pierre Ordinaire, un medico francese rifugiatosi a Couvet, in Svizzera, nel 1792, per sfuggire alla Rivoluzione francese, che lo commercializzava come una specie di toccasana – un po’ come era avvenuto per la Coca-Cola.

Il liquore iniziò ad avere un grande successo in Francia dopo la metà dell’Ottocento, legando il suo nome appunto ad artisti e intellettuali – ma era consumato a tutti i livelli sociali.

Boche aveva conosciuto un falegname che si era messo nudo come un verme in rue Saint- Martin ed era morto ballando la polca; non beveva che assenzio.
(Emile Zola, L’ammazzatoio)

Veniva consumato preferibilmente dopo le 5 del pomeriggio, fino alle 7, in quella che iniziò a essere chiamata appunto “l’ora verde”.

Il ver0 assenzio, come questo, contiene l’artemisia. Dicono che faccia marcire il cervello, ma io non lo credo. Fa solo deviare i pensieri. La regola è di versarci dentro lentamente l’acqua, a gocce, ma io ho versato il liquore nell’acqua.
(Ernest hemingway, Per chi suona la campana)

Le modalità di consumo erano spesso originali: veniva servito versandolo su una zolletta di zucchero posta su un cucchiaino traforato posto sull’imboccatura del bicchiere.

Racconta lo scrittore Maurice Maeterlinck di una volta che vide passare un treno con un “folle” a bordo, Paul Verlaine: “Il treno da Bruxelles si fermò nella stazione quasi deserta. Con gran clamore si aprì un finestrino in uno scompartimento di terza classe e apparve la faccia faunesca del vecchio poeta. ‘Ci voglio lo zucchero!’, gridava. A quanto pare era il suo saluto abituale quando era in viaggio: una sorta di grido di battaglia o parola d’ordine che significava che voleva lo zucchero nell’assenzio.

Lo ripeto a mia vergogna, avrò più avanti da raccontare molte e ben altre assurdità (e peggio), dovute a questo abuso di questa cosa orribile, il bere, e di ciò che è nel bere, questo abuso in sé stesso, fonte di follia e di delitti, di idiozie e di vergogna, che i governi dovrebbero se non abolire (e in fondo perché no?) almeno gravare terribilmente di tasse e imposte: l’assenzio!
(Paul Verlaine, Confessioni, 1895)

Le cause che determinarono il divieto di produzione e consumo furono molteplici, dal timore che l’assenzio potesse in qualche modo indebolire i giovani militari in partenza per la Prima guerra mondiale alle pressioni dei produttori di vino, che vedevano nel liquore verde un pericoloso concorrente, alla diffusione della lotta all’alcolismo, che stava diventando una piaga sociale.

L’assenzio prodotto da Marilyn Manson si chiama Mansinthe.

Ma naturalmente la produzione continuò clandestinamente. Proprio per aver assaggiato un assenzio illegale Marilyn Manson decise di produrre il suo assenzio, Mansinthe.

Assenzio veleno ultraviolento: un bicchiere e siete morti. I giornalisti lo bevono mentre scrivono i loro articoli. Ha ucciso più francesi degli stessi beduini.
(Gustave Flaubert, Dizionario dei luoghi comuni)

E anche il presunto pericolo derivante dalla presenza nel liquore del tujone, un composto chimico che si supponeva causasse allucinazioni e danni al cervello: ma ancora François Guy ha contribuito a dimostrare che le quantità presenti nell’assenzio sono irrisorie.

Edgar Degas, Al caffè (L’assenzio) (1875-76, Musée d’Orsay, Parigi)

I danni imputati alla “fata verde” sono probabilmente da imputare alla grande quantità e gradazione di alcol consumate nella Belle Epoque.

Finisce sempre con uomini ubriachi e ragazze incinte.
(Emile Zola)

Il marchio IGP definisce un prodotto “originario di un luogo, una regione o un paese specifici la cui qualità, reputazione o altre caratteristiche sono essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica e almeno una delle fasi di produzione che ha luogo nella zona geografica definita”. Tuttavia, con l’IGP viene tra l’altro stabilita anche una quantità massima di tujone permessa, 20 g/litro – ma Stati Uniti e Giappone, i maggiori importatori di assenzio, non permettono di importare superalcolici che lo contengano.

Dopo il primo bicchiere, vedi le cose come desideri.
Dopo il secondo, vedi le cose come non lo sono.
Infine, vedi le cose come sono realmente, che è la cosa più orribile al mondo.
(attribuita a Oscar Wilde)

Il mondo è davvero cambiato.

[Link: The Telegraph, Federvini, La fata verde (stampaalternativa), AssenzioItalia]


Argomenti:
alcol
Emanuele Bonati
"Esco, vedo gente, mangio cose" Lavora nell'editoria da quasi 50 anni. Legge compulsivamente da sessant'anni. Mangia anche da oltre 60 anni – e da una quindicina degusta e racconta quello che mangia, e il perché e il percome, online e non. Tuttavia, verrà ricordato (forse) per aver fatto la foto della pizza di Cracco.
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