Acidità belghe all’Open Baladin
Ho conosciuto Rossella in uno dei tanti incontri organizzati su Twitter o FB che vedono riuniti blogger in occasioni sempre piacevoli e interessanti. Pasta Voiello, Bombay Sapphire e altri appuntamenti. Oppure semplici serate tra amici come è accaduto mesi fa da Roscioli e questa all’Open Baladin. Da poco, oltre a pubblicare ricette sul suo blog, Rossella si sta dedicando con la Cavia alla birrificazione casalinga con ottimi risultati (che ho già assaggiato). Perfettamente in linea con la serata che ci racconta (Daniela Delogu – Senza Panna)
Un incontro “acido” si è tenuto a Roma grazie a Twitter con un gruppo di foodblogger romani che hanno dato il benvenuto nella città eterna a @Tirebouchon, alias Vittorio, appena arrivato da Torino. Ritrovo all’Open Baladin, che nella saletta del Petit Bar, per una serata ha ospitato, oltre alle birre alla spina straniere, anche blogger come Senza Panna, Precisina, Elisa Kitty Kitchen, The Fooders, A Bagnomaria, Ma che ti sei mangiato, sommelier come VinoRoma (Hande) e aspiranti ristoratori capitolini come NanoMondano.
Ci è voluto poco per ragionare sulla neonata Compagnia dell’Acidità rappresentata da @Tirebouchon ed avviata da Andrea Bezzecchi dell’Acetaia San Giacomo. Scopo dell’allegra e professionale combriccola è rilanciare il gusto dell’acido, che nell’attuale produzione agroalimentare sta per perdersi. Il vero aceto di vino potrebbe diventare un prodotto a rischio estinzione al pari del Lambic. Parlando della sua terra, @Tirebouchon ha portato ad esempio il Barbera, vino in origine caratterizzato da un’acidità aggressiva. Acidità che in talune produzioni viene assai moderata, destando le critiche dei wine blogger americani che hanno partecipato al Barbera Meeting. La Compagnia dell’Acidità diventerà operativa al 100% nei prossimi mesi e promette eventi indipendenti durante la settimana del Salone del Gusto a Torino.
Il rapporto dei foodblogger con l’acidità è stato subito testato con l’ultima bottiglia dell’Open Baladin di Cantillon Kriek 100% del 2007. Il rosso della Kriek è sceso nei bicchieri ed il naso ha subito lasciato intuire che non era nè un vino nè una classica birra. La leggenda dice che la Kriek sia nata dall’idea di un soldato originario di Schaerbeek (nord-est del Belgio, zona famosa per l’omonima varietà di ciliegie) che al tempo delle crociate scoprì il vino rosso degli spagnoli. Non avendo vigneti, aveva pensato di mettere a macerare delle ciliegie nella Lambic. Ciliegie Griotte e la Lambic divenne una sorta di birra del popolo o del nonno (nella tela conservata al Museo di Vienna di Pieter Bruegel del 1568 – Matrimonio di contadino – si vede una persona sulla sinistra che versa la Lambic). Una birra dalla fermentazione spontanea, quasi selvaggia, facile da farsi in casa e da conservare a lungo in bottiglia (si azzarda che possa raggiungere i 20 anni). L’effetto dell’acidità è immediato sia al naso che in bocca. Forse dicendo che è l’anello mancante tra birra e vino si rischia di fuorviare chi è al primo assaggio. In generale, una Lambic ha sapori forti che vanno dall’aceto, al formaggio stagionato, alla carne e persino al sangue. La Kriek è un prodotto che a livello industriale viene molto addolcito, mentre nella versione doc della Cantillon ha un sapore più complesso, che solo in minima parte richiama all’aceto. Curiosità storica e forse suggerimento per chi è stato colpito dalla Kriek, è l’aggiunta di una zolletta di zucchero da frantumare col pestello detto “stoemper”.
Nella famiglia delle Lambic rientrano anche i Gueuze e i Faro. Le Gueuze sono una miscela di Lambic di diverse età di fermentazione e sono definite Champagne del Belgio. Il nome Gueze vuol dire pezzente e c’è un detto che afferma che “una buona e vera Gueze deve puzzare”. Mentre la Faro è una Lambic a cui è stato aggiunto zucchero bruno caramellato. Pur parlando dei bicchieri adatti alla Lambic, più larghi di un Teku, @Tirebouchon ha selezionato una delle birre del MonteGioco: la MacRuna. Mentre l’aroma dei malti essiccati nella torba veniva scovato da tutti, l’acidità ha continuato a sedurre i presenti coi racconti di notti di Lambic nei dintorni di Bruxelles e col fascino dei prodotti a rischio estinzione. Perché oramai l’aggiunta di zuccheri rischia di snaturare il prodotto e sono rimasti solo pochissimi birrifici a difendere una tradizione secolare.
Nell’intermezzo, hamburger in stile Open nel silenzio rotto solo dalle risate per i nomi provocatori di alcune Lambic e per le etichette quasi felliane della Rosé de Gambrinus (Cantillon). Serata (quasi) conclusa con birra alla spina e incursione per i più temerari al “Ma che siete venuti a fa”.
[Rossella Di Bidino]