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16 Gennaio 2012 Aggiornato il 17 Settembre 2020 alle ore 09:10

Colline Ciociare | L’anima di Salvatore Tassa in 15 piatti

Tornare bambini a tavola. Riscoprire la capacità di emozionarsi entrando in contatto con aspetti del cibo mai considerati prima. Cenare alle Colline
Colline Ciociare | L’anima di Salvatore Tassa in 15 piatti

Tornare bambini a tavola. Riscoprire la capacità di emozionarsi entrando in contatto con aspetti del cibo mai considerati prima. Cenare alle Colline Ciociare di Acuto dopo il racconto dell’equipaggio ha rappresentato questo e molto di più. Un’esperienza disarmante, che ti attraversa come un brivido prolungato e si innesta nel profondo della memoria sensoriale.

La cucina di Salvatore Tassa si è rivelata se possibile ancora più estrema e intensa dalla mia ultima visita di un un anno fa. Una mano contadina ed elegante al tempo stesso, che con la sua unicità è in grado di stregare e travolgerti nella propria lettura del territorio. Il cuciniere ha ormai raggiunto una grande maturità nella padronanza della materia prima, e lo dimostra presentando piatti che vanno oltre la concezione del termine. Tutto diviene veicolo di esperienze uniche, esaltandosi in una paradossale complessità minimalista di stimoli e sapori.

Impossibile catalogare piatti in continua evoluzione, per questo il nostro percorso ha previsto una fusione tra il Salvatore attuale e quello dei suoi classici intramontabili. Passato e presente dell’anima del cuciniere.

Buoni i pani serviti in più tipologie con lievito madre e l’assuefacente sfoglia di polenta e frutta secca. In sala il figlio di Salvatore, Walter, accompagna il viaggio con classe e cordialità.

Profumi… Non un vero e proprio piatto (come molte altre fasi della cena), bensì un incipit corroborante del pasto tra i sapori della terra. Note aromatiche e profonde di bosco invadono il palato con una marcia soave e intrigante.
 Bon bon di castagne e rape, Mandarino e curry, Croccante di topinambur. Tre apparentemente semplici snack dal concentrato spiazzante. Il topinambur presenta una lunghezza quasi dolce, spezzata con equilibrio in sapidità e consistenze. La castagna ripiena di caffè rilascia una persistenza terrosa e suadente riempiendo il palato tra note dolci, grasse ed amare. Per ultimo il mandarino si impone con la sua freschezza amara e pungente, e il contrappunto geniale del curry con le erbe. Una modalità coinvolgente e immediata di sintonizzare il territorio.

Panino al vapore, zuppa di mandorle. Un’immersione lenta e goduriosa nella terra boschiva, dove il mix intelligente di contrasti e consistenze invita il cliente a comporre da solo il piatto. Intingendo il morbido maritozzo nel curry e poi nella zuppa di mandorle e tartufo, si genera una stupenda armonia tra grassezza, dolce, piccante, minerale e terra. Un crescendo continuo al palato che termina sgranocchiando sorprendentemente la foglia di castagno alla base. Memorabile.

Cocktail di zucca, rape e gin. Un divenire liquido e spumoso che muta entusiasmando la bocca. I contrappunti crescono bevendo dalla coppa Martini, sviluppando un’acidità dinamica che si impone con la dolcezza finale del frutto della passione.

Triglia. Uno dei piatti del viaggio. La cottura realizzata solo con aria calda, senza aggiunta di grassi, dona una consistenza spaziale a partire dalla pelle esterna. In bocca la potenza del pesce si espande rilasciando i succhi in maniera golosa e prorompete, amplificata dalla presenza della liquirizia. Travolgente.

Cipolla fondente. Una preparazione che tormentava la mia curiosità per non averla provata la scorsa visita. L’assaggio ha ripagato e superato ogni aspettativa, manifestando tutta la sua intensità calda ed avvolgente rinvigorita dal pepe finale. Una zuppa assoluta e persistente che non vorreste avesse mai fine. Unica.

Scampo dell’Adriatico e cipolla bruciata. Prosegue la marcia con un modo esemplare di Tassa di saper fondere terra e mare (o di tramutare proprio il mare in terra?). Lo scampo preserva tutta la sua dolcezza e carnosità mentre le foglie boschive e la menta tagliano il palato accompagnate da una stupenda cipolla bruciata. Consistenze e temperature si alternano in un valzer entusiasmante. Risolutivo il cucchiaio finale di essenza degli scampi al cumino, per corredare una preparazione quasi a 360 gradi.

Minestra di cicorie selvatiche. Portata memorabile nella sua costruzione. Due fiori completamente diversi, la rosa e il cavolfiore, legati in crema soave da un leggero brodo di aringa. In bocca la delicatezza aromatica dei due rimane ampia e rotonda, mentre le cicorie selvatiche spezzano preziosamente la masticazione con note amare e con la grassezza terrosa della castagna. Un vortice di sapori e contrasti in evoluzione continua, ma in perenne equilibrio.

Fettuccine vaniglia bourbon, pomodorini alla brace e mantecato di pecorino. Intermezzo classico e goloso come lo ricordavo. La fettuccina è spaziale nella sua fattura e le note aromatiche che sprigiona sono ben dosate tra loro. Peccato rimanga un piatto così staccato dalle creazioni del nuovo menu. Quasi fuori contesto.

Ravioli di mela e lepre. Un piatto in lavorazione, che nasce dall’idea di creare un contrasto tra due liquidi. L’effetto è in gran parte riuscito, ma Tassa è ancora in cerca di un elemento che lo completi. La pasta ripiena inganna occhio e palato risultando assente nella masticazione. Il ripieno liquido di mela e il brodo di lepre si espandono mantenendo il proprio spessore aromatico, arricchiti puntualmente dal pino e dalla crema di caffè. Portata audace ed intensa, forse ancora in cerca di identità.

Lepre e mela. Una gran prova, estrema e diretta proprio come il cuciniere. La carne lasciata cruda subisce una marinata con tre tipologie di aceto, sviluppando una consistenza e acidità impressionanti. In bocca la carne sprigiona tutta la sua masticabilità unica e golosa, spezzata abilmente dal purè all’aglio e dalla mela. Assoluta.

Spalla di agnello. Esemplare ma quasi stonata nella sua classicità rispetto agli altri piatti. La carne integrata con la grassezza della coppa è ben rinfrescata dalle note dell’arancia, mentre la polenta avvolge l’agnello alleggerendo le consistenze. Una pietanza che non delude la gola, ma sconta l’arrivo dopo la lepre.

Caccia. Un finale coi botti. Si conclude il giro delle pietanze con una starna davvero unica. Il morso è ricco e succulento, mentre l’acidità del ribes stempera in maniera imponente le note selvatiche. La salsa al cacao lega tutto con un’intensità amara dallo spessore importante. Intensa e selvaggia.

Pera affumicata e granita di muschio. Un dolce intelligente, perfettamente collocato all’interno del pasto. L’affumicatura del sorbetto di pera alla pigna è a dir poco geniale, il resto è un dolce bacio glaciale in pieno inverno.

Wafer con crema al caramello e gelato moca. Si torna sui classici di Salvatore con un dessert a tutta golosità. Pochi sofismi e tanta sostanza, in una cialda farcita da una crema ruffiana ed intensa. Goloso.

Crema e tartufo. Tassa vuol dire anche riuscire ad apprezzare delle lenticchie in un dolce, e in questo caso la goduria vale doppio grazie agli accostamenti puntuali di tanti ingredienti. Mentre la crema avvolge soavemente il tartufo, la meringa e altri elementi, la lenticchia irrompe nel gioco di consistenze e sapori conferendo dinamicità continua. Un gran fine pasto che chiude perfettamente il concetto di terra.

Si termina il lungo percorso con una variazione di “Cioccolato”, che nella sua limpida esecuzione conferma la grandezza unica di questa tavola laziale.

Le Colline Ciociare.  Via Prenestina, 23 03010 Acuto (Frosinone). Tel. +39 0775 56049

 (Big Picture: le foto possono essere ingrandite cliccando sull’immagine preferita. Si attiva anche la galleria con le freccette)

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