Come fare la vignarola senza frizzi e lazzi, cioè tutta laziale

La vignarola è uno di quei piatti facili facili che quando arriva la primavera devi farla. Almeno se sei appassionato della campagna romana e dintorni. Diciamo pure di tutto il Lazio. E qui c’è la differenza perché a fare la vignarola con i prodotti la qualunque so’ boni tutti. Ma a farla romana – romana o laziale è tutt’altra cosa.
Se andate a spulciare nel retrobottega di Scatti di Gusto troverete varie declinazioni.
Innanzitutto la vignarola tal quale, originale o tradizionale se vi pare, che ha messo giù Tiziana Dazi prima di aprire il suo Tiz a Roma Nord. E già vignarola e Roma Nord (che è cosa differente di a Nord di Roma) sulla stessa riga funziona poco. Ma quello che mi ha sempre lasciato perplessa è sfumare il guanciale con il vino.
Esiste, è un tocco guascone – diceva la strana coppia dello Scatti di Gusto degli albori. Ma ho sempre avuto il sospetto che il bicchiere di vino Valentini fosse di accompagnamento alla preparazione della vignarola. Cioè, manco ci finiva nella padella.
E poi c’è il corpo monolitico della ricetta scientifica – mi farò un altro amico in questo sito – di Massimo D’Alma. Non avete scelta: o è una tortura o ve la dovete stampare e attaccare sullo schienale della cucina genuflettendovi a ogni passaggio. Ma c’è un passaggio che mi ha tormentato. Che cavolo ci fanno i cipollotti dell’agro nocerino sarnese? Impreziosiscono. Ma che te deve impreziosì una ricetta che la facevano con quello che si trovava tra le vigne? Io al massimo posso pensare ai cipollotti dell’agro dei Farnese e nemmeno troppo lontani dal Colosseo. Tra Isola Farnese e Nepi.
Il risotto alla vignarola, per carità

Non conosco nemmeno Florinda Pavone che, lasciamelo dire, si pavoneggia con un risotto alla vignarola. Un ircocervo che mi ha steso al tappeto. Aggiungete se volete il guanciale, dice. Ma benedetta figliola, il guanciale è tutto e se devi scolarlo dal grasso mangiati solo il cespo di insalata. E lascia perdere il pecorino grattugiato che quello va bene se fai cacio e ova e al limite ci aggiungi gli spinaci per la frittatina simil dietetica. Sulla vignarola ci va a scaglie tagliato con il coltellino che non avevano le grattugie a più facce.
Mi sono sembrati più conformi gli gnocchi alla vignarola di Dino De Bellis che avrebbe avuto l’ispirazione nell’orto di Sacrofano. Deve avergli dato una mano la grande madre Cibele per questa forzatura che io gli gnocchi con il loro bravo sughetto di ordinanza me li mangerei dopo la vignarola.
Ma ora voi vi chiederete perché questa matta sta a demolire ricette nate dall’amore per la cucina de mi’ nonna, della tradizione non codificata che ognuna ci fa quello che gli pare (e mi stava a scappà la censura)? Perché mi è arrivata la ricetta della vignarola di Proloco Trastevere. E già che abbiano messo su una Proloco a Trastevere mi pareva cosa buona e giusta per tutti i pellegrini del Giubileo che c’hanno problemi a capire dove sta Oltretevere e al massimo sono abituati a Rive Droite e Rive Gauche. Invece questa vignarola è ad usum officium stampae che ha da tirà fuori la notizia.
Vignarola e uovo poché che fa gastrofiché

E quindi, non so se in concorso con l’ostessa Elisabetta Guaglianone, la vignarola – porella – si ritrova sopra un uovo. Ma non sodo o a occhio di bue. No, poché, che fa più fighé. Come se a magnarsela sta vignarola fossero manovali che devono erigere una diga sul lago di Nemi e c’hanno bisogno di calorie aggiuntive. Quando ho letto Vignarola Laziale mi sono illuminata prima di cadere tramortita al “con uovo pochè”. Scritto più piccolo, è vero.
Però, però, nella ricetta l’uovo poché sta a parte. È un’aggiunta come quando ti compri la macchina e ci metti l’optional che non ti serve a niente. Tipo i sedili riscaldabili per quando vai a Roccaraso e forse li usi perché la Rita De Crescenzo ha bloccato la strada con gli autobus. Ma a me non me ne frega niente. Vado a Ovindoli e mi porto la copertina di lana home made.
Sono ritornata più su e li ho riletti gli ingredienti della ricetta. Mi paiono buoni, territoriali, senza troppi frizzi e lazzi, e le tre ragazze di Passion Fruit, l’ufficio stampa, hanno fatto il loro dovere mettendo tutti ingredienti DOL. Che non è DOP, ma Di Origine Laziale, il bollino di garanzia di Proloco Trastevere che è un ristorante e non una Pro Loco di quartiere.
La ricetta nuda e cruda

Quindi ve la propongo e ci leverei l’aggiunta dell’ovetto che voleva essere sodo e non c’è riuscito. C’ho solo la difficoltà della foto che ci sta su questo benedetto uovo. Ma voi fate finta di niente. Levatelo con l’immaginazione. O con l’Intelligenza Artificiale. E mangiatevi una vignarola come si deve fare. Non perché la mentuccia è facoltativa, ma perché le verdure non devono essere sminuzzate. E il grasso del guanciale serve per tostare il pane tagliato grossolamente a dadi.
Poi andate in vigna a zappare perché la vignarola era un piatto da dopo lavoro nei campi, mica gnègnè e frufru.
PS. Altre avvertenze. Le fave si cuociono con tutta la buccia. Tenete presente che asparagi e verdure a foglia larga hanno bisogno di meno tempo rispetto ai carciofi e alle fave. Se lasciate da parte un po’ di tempo, evitando di brasare, potete saltare le verdure in padella, cosa buona e giusta. Almeno sui fuochi di casa mia, ma a me piace appunto non brasata la vignarola.
[Foto di copertina di Adriana Forconi]
RicettaVignarola laziale

Ingredienti
Per la vignarola
- 200 g di fave fresche (già sgusciate) di Campagnano o Velletri
- 200 g di piselli freschi (già sgusciati) di Ariccia o Fondi
- 4 carciofi romaneschi (tipo “cimarolo” o “mammola”) di Ladispoli o Cerveteri
- 200 g di asparagi verdi di Canino, Tarquinia o Maccarese, o selvatici
- 1 cespo di lattuga rigorosamente romana
- 100 g di guanciale di maiale nero reatino o altro guanciale D.O.L.
- 1 cipollotto fresco di Nepi o Sezze
- Olio extravergine di oliva Sabina D.O.P.
- Sale q.b.
- Pepe nero q.b
- Mentuccia romana (facoltativa, ma consigliata)
Per l'uovo poché
- 4 uova freschissime, possibilmente da galline livornesi allevate nel Lazio
- Aceto di vino bianco (1 cucchiaio)
- Acqua q.b.