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24 Ottobre 2013 Aggiornato il 28 Ottobre 2019 alle ore 08:04

Milano. 28 Posti, il ristorante che recupera detenuti, design e piatti mediterranei

Il posto si chiama 28 Posti perché c’è posto solo per 28 posti. Punto. Aperto a Milano da una manciata di mesi, si trova in via Corsico, una traversa che
Milano. 28 Posti, il ristorante che recupera detenuti, design e piatti mediterranei

Il posto si chiama 28 Posti perché c’è posto solo per 28 posti. Punto. Aperto a Milano da una manciata di mesi, si trova in via Corsico, una traversa che da via Vigevano porta al Naviglio Grande – siamo in una delle più nutrite colonie di nuove aperture che negli ultimi anni, e mesi, hanno fatto della Milano “da bere” una Milano “da mangiare”.

28Posti Milano

Aperture che sembrano procedere a “macchia di leopardo”, occupando varie zone della città, dalle più tradizionalmente frequentate, come questa (Navigli), o Brera, ad altre nuove (Isola, Firenze-Sarpi, ad esempio), trasformandole in mega-esposizioni di possibilità manducatorie.

28Posti ambiente28posti cucina a vista

Seguendo un trend fra i più trendy, il locale nasce sulle ceneri del vecchio Karaoke CantaMilano, recuperandone quindi la muratura, debitamente scrostata, arredandolo con materiali di recupero e di design, ingresso che dà sulla cucina a vista, che resta visibile attraverso un’apertura orizzontale ad altezza mani-che-cucinano anche dalla prima delle due sale. Ambiente forse un po’ freddo ma piacevole con questi muri scrostati che abbondano e non mi meraviglierei di vedere il nuovo ristorante di Andrea Berton, in uno dei nuovi grattacieli alle ex-Varesine, tappezzato da pareti di mattoni strappati.

28posti tavoli

Questi, però, hanno una ragione in più. Infatti i lavori edili e gli arredi sono stati realizzati da detenuti dell’Istituto Penitenziario di Bollate, grazie ai benefici del famoso articolo 21 e al laboratorio di falegnameria all’interno del carcere dalla ONG Liveinslums. Il design è firmato da Gaetano Berni, Silvia Orazi, Francesco Faccin, Maria Luisa Daglia con la consulenza del maestro ebanista Giuseppe Filippini. Gli oggetti di arredo saranno in futuro in vendita nel locale al pari delle lampade in bottiglie di plastica riciclate, realizzate da indigeni colombiani su disegno di Alvaro Catalan.

E come si mangia? Bene. Abbiamo optato per il menu degustazione, con calici abbinati, da 60 €, perché la mia compagna d’avventura non se la sentiva di optare per quello più impegnativo, con più portate. Inizio con una entrée in forma di gradevole insalatina, seguita da una Insalata croccante con radicchio, scarola, mela, primo sale, olio, aceto, senape (accompagnata da un Pecorino 2012 Vigneti Radica) – altrettanto gradevole, ma forse poco significativa. La cucina è di impronta mediterranea, creativa, privilegia pesce e verdure, prodotti biologici, chilometro zero.

A seguire, Sardine spadellate e ricotta di pecora su caviale di melanzane – molto molto buone (anzi, buona – la sardina,ma ne avrei anche mangiato un intero branco). Fra gli altri antipasti in carta, Insalata di mango con fichi secchi, pinoli, uvetta, cuore di lattuga, emmenthal, Tortino al radicchio su salsa alle noci e cialda di parmigiano, Tartare di orata con peperoni e  patè vegetale alle mandorle.

I primi. Abbiamo assaggiato una Crema di piselli con crème fraîche, quinto quarto di tonno e ricciola (più Chardonnay 2012, Torre Rosazza) e Spaghetti spolverati al verde su crema di cozze, patate, erba cipollina (con un Pinot Grigio 2012 sempre di Torre Rosazza), intervallati da una specie di sushi riso-tonno-prugne (non male): un parimerito, buoni indovinati gli accostamenti equilibrati e tutto quanto. Resta la curiosità per gli altri primi, fra cui il Risotto al timo con capesante, limone e zafferano. Ho letto mi sembra sul loro sito che il menu cambia tutti i mesi: lo chef è Raffaele Mancini – sua appunto l’impronta mediterranea – molto gentile. È venuto a chiedere se era andato tutto bene (sì, grazie, davvero, a parte le insalatine iniziali e inessenziali).

Molto buona anche la Verticale di parmigiana terra e mare con diversi tipi di formaggi, melanzane e filetti di branzino accompagnata da un Pinot Grigio 2012 ancora di Torre Rosazza. Mi incuriosiscono la Tartare vegetariana ai 3 formaggi, noci e salvia e il Baccalà confit con patate vitelotte, zafferano e salsa allo zenzero, la Tartare di tonno e guacamole alle prugne (il tonno c’è spesso in menu) e il Filetto di ricciola su peperoni marinati al miele con infuso di zenzero e basilico, letti sul menu, che ho poi consultato sul sito. Il sito è bello, funzionale, ordinato, chiaro. Pecca, parziale: il menu non ha i prezzi, per cui va a finire che ci si dimentica tutto; non ci sono i due menu degustazione, né i vini.

Due dolci: Cubi (uno) di panna cotta con coulis di frutta fresca e Soffice al cioccolato con lamponi e panna chantilly, Buoni! Non male anche i vini – a parte uno, molto profumato ma probabilmente rimasto aperto un po’ troppo a lungo.

Tirando le somme: a parte le insalatine iniziali (già detto?), proposte  interessanti, buone, ben equilibrate, con sapori riconoscibili. Il “contorno” sociale (fra l’altro, nelle cucine lavora anche un gruppo di detenuti) rende il tutto ancora più saporoso e piacevole.

28 PostiVia Corsico 1-3. Milano. Tel. +39 02.8392377

[Immagini: Filippo Romano]

 

Emanuele Bonati
"Esco, vedo gente, mangio cose" Lavora nell'editoria da quasi 50 anni. Legge compulsivamente da sessant'anni. Mangia anche da oltre 60 anni – e da una quindicina degusta e racconta quello che mangia, e il perché e il percome, online e non. Tuttavia, verrà ricordato (forse) per aver fatto la foto della pizza di Cracco.
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