Coronavirus e ristoranti cinesi. La Notte delle Bacchette per dire no alla paura
Il 20 febbraio – ma anche dopo – tutti a mangiare, comprare, cucinare cinese per dire no alla discriminazione, all’odio, alla paura: è la Notte delle Bacchette, nata da un’idea che è cominciata a circolare qualche settimana fa con l’hashtag #iovadoalcinese, e che Lorenzo Biagiarelli ha trasformato in un appuntamento più strutturato.
Noi di Scatti di Gusto eravamo già stati a mangiare in un ristorante cinese durante una serata organizzata un paio di settimane fa da Sara Porro e Francesca Noè (blogger) qui a Chinatown a Milano.
Eravamo in 35 da Jin Yong, un buon ristorante cinese all’inizio di Paolo Sarpi: era un venerdì sera, la saletta superiore stracolma di noi, ma anche il pianterreno pieno. E di italiani.
Nel frattempo, le iniziative per sostenere moralmente la comunità cinese, ed economicamente i ristoratori, si sono moltiplicate – come peraltro anche i segnali di crisi, primo fra tutti la chiusura temporanea, per un periodo di ferie forzato, del ristorante Wheat in Loreto.
L’idea di Biagiarelli è abbastanza semplice, anche se di non facile realizzazione: dedicare una serata alla cucina cinese, coinvolgendo i ristoranti, cinesi e non, gli chef, le pizzerie, i foodblogger, tutti quanti potevano aiutare a contrastare il male oscuro del sospetto e della paura – entrambi immotivati. E, acquistando il piatto solidale pensato da ogni ristorante per la serata, il 50% andrà in beneficenza.
E così stasera un’ottantina di locali (sono elencati sulla pagina Facebook di La Notte delle Bacchette – Serata di solidarietà gastronomica d’Oriente. E c’è anche una mappa interattiva.
«Da organizzatore sono felice dell’adesione di più di 80 tra ristoranti, locali, enoteche, pizzerie eccetera eccetera,» scrive Biagiarelli sulla sua pagina Facebook. «C’è una varietà di cibo inimmaginabile a disposizione, una varietà di arredamenti incredibile, una grandissima possibilità di fare del bene ordinando ovunque il piatto solidale (il 50% andrà ad AiBi Amici dei Bambini e aggiudicandosi le spille Jay You). Molti ristoranti sono già pieni da giorni, soprattutto i più famosi.
Da essere umano e appassionato, pertanto, mi piacerebbe invitarvi a scegliere, da questa gallery, un locale tra quelli meno celebri. Tra quelli aperti da poco, come #thepot in Piazzale Baiamonti che ha aperto, pensate la sfiga, il 31 gennaio. Come 米兰百味饭店Ristorante Baiwei che serve la più autentica cucina dello Zhejiang a tanti compatrioti e ha voglia di conoscere nuovi amici italiani. Come il Ristorante Phoenix e le sue specialità dell’Hunan. Come le trattorie più nascoste in via Sarpi, Hong Ni, Xian in via Procaccini, il Ristorante di Houjie. Per le comitive numerose 168 Chinese Township non ha rivali, per quelle curiose Ba Hot Pot è il mio posto del cuore. Alcuni non hanno nemmeno una pagina, come Don’t Bite Me in via Bramante 40 o l’impronunciabile Yuekaoyuexiang BBQ nella stessa via, al civico 33/35, e la sua incredibile grigliata.
La verità è che la VERA cucina cinese, quella regionale, autentica, tradizionale, in Italia è appena un neonato, ed ha bisogno di essere nutrita con amore dai suoi esordi. Questi giovani imprenditori, timidamente, ci mettono la faccia. Diamogli una mano, stasera. Se lo meritano!»
Aggiungiamo anche noi i nostri ristoranti del cuore, allora: dai vari MU (Fish, DimjSum. Corso Como) alla Ravioleria Sarpi, compresi Wonton, Nove Scodelle, e poi Fusho e Wok’in, e Bon Wei, La Buttiga (sì, una birreria), i Mao/Maoji Mini e Street Food, Il Gusto della Nebbia, e le pizzerie, come Da Giuliano, e i giapponesi, come Shibuya, e Ramen a mano…
Bon Wei ad esempio propone il Pollo del Mercante di Canton.
Ecco; andare in uno di questi locali, mangiare fotografare postare storificare eccetera, hashtaggare: è cosa buona e giusta, e salutare: allontana la paura del contagio e sconfigge l’ignoranza.
Per i buontemponi (ovvero per quelli che, a differenza del sottoscritto, riescono a maneggiare le bacchette con disinvoltura, senza cavarsi l’appendice), Lorenzo ha anche inventato una #bacchettechallenge. Ci ho provato: credetemi, è più pericolosa del Corona…