\n\n\n\n
Ci sono stati modi diversi di reagire alla crisi della ristorazione innescata dal Covid da parte dei principali fornitori.
\n\n\n\n\n\n\n\nRiccardo Uleri di Longino e Cardenal, società lombarda con fatturato vicino ai 30 milioni di euro in epoca pre-Covid, ha proposto pagamenti rateizzati sui periodi pre-lockdown. Una specie di extrafido che l’azienda ha potuto concedere ai clienti perché economicamente solida.
\n\n\n\n\n\n\n\nGiordano Paparella, che da Fiumicino rifornisce di prodotti freschi, salumi, latticini e formaggi molti ristoranti romani, vorrebbe fare molto di più. Ma i suoi fornitori pretendono pagamenti immediati. Così, per non mandare in blocco il sistema, la sua azienda è costretta a fare altrettanto con i clienti.
\n\n\n\n\n\n\n\nDurante i lockdown causati dal Covid, Simone Cozzi, a capo di un’altra azienda specializzata in forniture per ristoranti, ha condiviso piani di rientro da marzo del 2020.
\n\n\n\n\n\n\n\nE poi c’è il Gruppo Galli, oltre 500 clienti tra macellerie, ristoranti stellati e hotel esclusivi della capitale.
\n\n\n\n“Alla fine dell’anno scorso eravamo in credito con i clienti per oltre un milione di euro, soldi che non rivedremo mai”.
\n\n\n\nI numeri della crisi forniti da Fabio Galli sono impressionanti anche quando l’imprenditore romano parla della sua azienda.
\n\n\n\n“Lo smart working ha decretato la fine dei pranzi veloci fuori ufficio e dei buoni pasto. Fornivamo carne alle mense universitarie, solo alla Sapienza 3.500 pasti al giorno: fino a novembre scorso la riduzione è stata del 90%”.
\n\n\n\nPer dare una dimensione esatta dello tsunami economico che si è abbattuto sui conti dell’azienda, Galli cita altre cifre.
\n\n\n\n“In alcuni mesi del 2020 i nostri investimenti sono crollati del 95%, e anche in autunno sono stati inferiori del 75% rispetto all’anno precedente. Senza contare i 500 mila euro di merce nelle celle frigorifere”.
\n\n\n\nParlando di Roma è inevitabile pensare alle ricadute su settori quali turismo e terziario. “Prima c’era un turismo di qualità, un buon ristorante in centro poteva guadagnare anche 40-50 mila euro a settimana. Oggi molti di questi si ritrovano nel baratro. I ristori non sono sufficienti”.
\n\n\n\nLa realtà è molto più dura di quello che sembra. Fabio Galli è sconsolato: “Riconvertire un’azienda o un’attività non è mai facile”. Oggi più che mai.
\n","description":"Covid: il crollo del fatturato non colpisce solo i ristoranti, anche i fornitori dei locali stellati sono in difficoltà: I numeri della crisi"}]}I clienti lo chiamavano in lacrime dopo le prime chiusure per Covid. ”Non sapevano come pagare i 1.500 euro dell’ultima fornitura”. Questo dice oggi al Corriere Roma Fabio Galli, responsabile del gruppo Galli, uno tra i principali fornitori di carne a Roma e nel Centro Italia.
I vari lockdown, espliciti o mascherati, non hanno mandato in crisi di liquidità soltanto ristoranti, pizzerie e bar. Ma l’intera filiera della ristorazione, compresi i fornitori. A muoversi con cautela sono soprattutto quelli che annoverano tra i clienti chef famosi e ristoranti stellati.
Un circolo vizioso originato dal bisogno di fare cassa, che non va incontro a chi le casse le ha già vuote perché costretto a chiudere il suo locale.
Ci sono stati modi diversi di reagire alla crisi della ristorazione innescata dal Covid da parte dei principali fornitori.
Riccardo Uleri di Longino e Cardenal, società lombarda con fatturato vicino ai 30 milioni di euro in epoca pre-Covid, ha proposto pagamenti rateizzati sui periodi pre-lockdown. Una specie di extrafido che l’azienda ha potuto concedere ai clienti perché economicamente solida.
Giordano Paparella, che da Fiumicino rifornisce di prodotti freschi, salumi, latticini e formaggi molti ristoranti romani, vorrebbe fare molto di più. Ma i suoi fornitori pretendono pagamenti immediati. Così, per non mandare in blocco il sistema, la sua azienda è costretta a fare altrettanto con i clienti.
Durante i lockdown causati dal Covid, Simone Cozzi, a capo di un’altra azienda specializzata in forniture per ristoranti, ha condiviso piani di rientro da marzo del 2020.
E poi c’è il Gruppo Galli, oltre 500 clienti tra macellerie, ristoranti stellati e hotel esclusivi della capitale.
“Alla fine dell’anno scorso eravamo in credito con i clienti per oltre un milione di euro, soldi che non rivedremo mai”.
I numeri della crisi forniti da Fabio Galli sono impressionanti anche quando l’imprenditore romano parla della sua azienda.
“Lo smart working ha decretato la fine dei pranzi veloci fuori ufficio e dei buoni pasto. Fornivamo carne alle mense universitarie, solo alla Sapienza 3.500 pasti al giorno: fino a novembre scorso la riduzione è stata del 90%”.
Per dare una dimensione esatta dello tsunami economico che si è abbattuto sui conti dell’azienda, Galli cita altre cifre.
“In alcuni mesi del 2020 i nostri investimenti sono crollati del 95%, e anche in autunno sono stati inferiori del 75% rispetto all’anno precedente. Senza contare i 500 mila euro di merce nelle celle frigorifere”.
Parlando di Roma è inevitabile pensare alle ricadute su settori quali turismo e terziario. “Prima c’era un turismo di qualità, un buon ristorante in centro poteva guadagnare anche 40-50 mila euro a settimana. Oggi molti di questi si ritrovano nel baratro. I ristori non sono sufficienti”.
La realtà è molto più dura di quello che sembra. Fabio Galli è sconsolato: “Riconvertire un’azienda o un’attività non è mai facile”. Oggi più che mai.