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Ristoranti
19 Marzo 2021 Aggiornato il 19 Marzo 2021 alle ore 11:08

Due metri di distanza al ristorante: l’ultima follia, dice Piero Pompili

Piero Pompili, istrionico Restaurant Manager, dice la sua sulla raccomandazione del CTS di mantenere due metri di distanza al ristorante
Due metri di distanza al ristorante: l’ultima follia, dice Piero Pompili

Piero Pompili, istrionico Restaurant Manager a Bologna, invitata a ripartire dalla sala per battere il coronavirus. Lo aveva aveva detto a Scatti di Gusto in vista della riapertura dopo il lockdown dello scorso anno.

Ora in questo anomalo lockdown della primavera 2021, la sala rischia. Una ulteriore riduzione dei posti a sedere. Almeno se la nuova raccomandazione del CTS di portare a due metri la distanza tra tavoli e commensali diventerà operativa.

Un incubo per un uomo di sala come Piero Pompili che dell’accoglienza e della convivialità è punto di riferimento. Un aggiornamento, quindi, era necessario.

Il futuro immediato della ristorazione

Pietro Pompili, hai dichiarato che i prossimi 15 giorni saranno decisivi per il futuro della ristorazione. Cosa intendevi dire?

È dallo scorso novembre che moltissimi ristornati sono chiusi e ancora non hanno riaperto. Chi ha avuto la fortuna di lavorare perché in zona gialla lo ha fatto a spizzichi e bocconi. E ormai sono 3 mesi che neanche arrivano i promessi ristori. In questa ottica non mi stupirebbe la mazzata finale dopo Pasqua. Se alcune regioni resteranno in fascia arancione registreremo l’ennesimo crollo psicologico che porterebbe molti a decidere di gettare la spugna. 

Ma ahimè anche in caso di riapertura, non c’è da star sereni. Basta analizzare quello che è successo lo scorso anno e quello che forse ci aspetta.

Perché?

Perché il comitato tecnico scientifico sta valutando un nuovo regolamento di messa in sicurezza dei ristoranti. A causa delle varianti (che sembrano essere più contagiose) prevede di passare dall’attuale distanza di sicurezza tra i tavoli di 1 metro a 2 metri. Se la raccomandazione diventerà norma, ci troveremmo a un serio problema. Perché verrebbe ulteriormente dimezzata la capacità lavorativa. E se confermata fino alla fine dell’anno, in molti getterebbero la spugna.

E non sarebbe giusto. Perché la ristorazione in questa pandemia ha dato e continua a dare un grandissimo esempio di moralità ed educazione civica a tutti. Ma a distanza di un anno, credo che oggi la nostra più grande battaglia la dobbiamo in realtà giocare contro il comitato tecnico scientifico. Perché quella contro il virus, l’abbiamo già moralmente vinta.

Gli errori che potrebbero condannare i ristoranti

In che senso?

Nel senso che un anno fa quando l’emergenza sanitaria è esplosa cuochi come Alberto Gipponi o Massimo Bottura hanno deciso di chiudere il proprio ristorante per mettere in sicurezza se stessi, i propri collaboratori e clienti. E a distanza di pochi giorni tutto il mondo della ristorazione ha seguito pian piano il loro esempio chiudendo di spontanea volontà. Prima che Conte decidesse di chiudere tutto.

Se ricordate, fu l’unico comparto produttivo che per primo decise di mettersi in sicurezza. E non mi sembra che altri comparti economici fecero lo stesso. Chiusero perché obbligati a farlo. Per cui, se vogliamo, quello della ristorazione è stato un gesto eroico di cui però nessun media ha parlato o dato risalto. Anzi, il comitato tecnico scientifico ha trattato sempre la categoria dei ristoratori facendoli passare come untori e i ristoranti. Come un luogo pericoloso dove contagiarsi. E in futuro questo messaggio non deve più passare. Anche perché oggi è sotto gli occhi di tutti che i numeri dei contagi a ristoranti chiusi sia aumentato. Le persone più che contagiarsi al ristorante si contagiano in mille altri luoghi. Compresa casa.

Se è vero che il contagio diminuisce limitando gli spostamenti delle persone, è un dovere morale del CTS e dello Stato bloccare e chiudere tutto. E non a fasce orarie o a singoli comparti.

Ma non è l’unico sbaglio che il CTS ha commesso contro la ristorazione.

Che altro non ti convince?

La decisione di permettere ai ristoranti di stare aperti (nel caso fossero in zona gialla) per il solo servizio del pranzo. E questa scelta forse è ancora più grave del passaggio del “ristoratore untore”. Perché è abbastanza evidente che all’interno del comitato tecnico scientifico non ci sia nessuno che realmente si occupi di ristorazione. O comunque la conosca molto bene, perché solo degli scellerati avrebbero permesso di far aprire i ristoranti per metà giornata. Significa essere ignari che stando aperti solo a pranzo ci si accolli maggiori spese fisse. E gli incassi, esclusi quelli del week end, non sempre permettono di coprire tutte le spese.

Figuriamoci di guadagnare. Se bastasse solo il servizio del pranzo per avere un utile, tutti i ristoranti sarebbero chiusi a cena. E i cuochi e gli osti se ne starebbero a casa con la propria famiglia piuttosto che sacrificarla. Il CTS invece  autorizzandoli ad aprire (in assenza di ristori) non ha fatto altro che fare leva sulla disperazione di un comparto. Ha messo i ristoratori in condizione di indebitarsi pur di lavorare. Tanti hanno deciso di fermarsi piuttosto che riaprire. E anche il delivery o l’asporto, che ancora in tanti citano nei comunicati dello Stato, è in realtà concentrato solo nei week end. Perché non è redditizio durante la settimana.

Cosa servirebbe ai ristoranti per Piero Pompili

Piero Pompili

Cosa avrebbe dovuto fare il comitato tecnico scientifico?

A rigor di logica e di quello che sostenevano inizialmente avrebbero dovuto far chiudere i ristoranti com’è successo in tutto il mondo. Ristorandoli però in maniera adeguata e tempestiva. Invece questa storia della suddivisione per regioni a colori ha causato alla ristorazione più danni che vantaggi senza, a quanto pare, aver bloccato il virus.

Per cui, ricapitolando, il CTS prima ha deciso che i ristoranti fossero un luogo pericoloso. Poi ha permesso di farli stare aperti metà giornata (come se il virus circolasse a fasce orarie) facendoli ulteriormente indebitare perché ignari della reale gestione di un ristorante. E non da ultimo, il virus non è per nulla sparito, anzi.

Insomma, a rigor di logica pur essendomi fidato di questi tecnici, a conti fatti non mi sembra che avessero tanta ragione. Per questo oggi ho molta più paura di tecnici ignoranti in materia che del virus stesso.

Hai fiducia nel nuovo governo Draghi?

Sono chiuso con il ristorante dal 13 novembre. E anche quando potevamo aprirlo per qualche settimana, abbiamo deciso di star chiusi. Quindi non mi si può dire che non abbia fatto il mio dovere o non mi sia fidato dei tecnici o dello Stato. Però, visto quello che è successo ad oggi, non ho fiducia nella politica in generale. Soprattutto quando questa deve aiutare o sostenere l’attività imprenditoriale.

Viviamo in un paese in cui se ti affermi, sei bravo ed emergi i nostri politici si vantano che sei italiano e diventi fiore all’occhiello. Ma se ti trovi in difficoltà, per lo Stato diventi una spesa da tagliare più che una risorsa da sostenere o promuovere. E la ristorazione, per quello che rappresenta in Italia e nel mondo non merita questo trattamento.

Piero Pompili: Cosa succederà alla riapertura dei ristoranti

Piero Pompili

Previsioni per il futuro?

Non ho bellissime sensazioni, credo che nei prossimi 15 giorni crolleranno parecchie speranze e molti dovranno fare i conti con l’oste. Forse 1 ristorante su 5 chiuderà ma spero di sbagliarmi.

Nel primo lockdown (che tra l’altro è stato più breve), molti ristoranti hanno resistito grazie al finanziamento a tasso agevolato che sono riusciti ad ottenere. Ma tra un paio di mesi inizieranno a restituire in banca, così come torneranno tutte le scadenze che sono state, ahimè, solo sospese e posticipate. E se un ristorante non tornerà a svolgere il servizio di pranzo e cena creando utile e vedrà ulteriormente dimezzati i posti a sedere, non potrà onorare i debiti. Anzi, accumulerà debiti su debiti. La conseguenza sarà la chiusura di tante insegne. E non posso credere che i ristoranti, prima ancora che da un virus, saranno affossate prima dal comitato tecnico scientifico. E poi abbandonate da uno Stato. Almeno stando a vedere i silenzi, i ritardi e gli aiuti ad oggi ai più inadeguati.

Occorrono ristori veri per far sopravvivere le aziende. E soprattutto, iniziare a maturare tutti quanti una consapevolezza diversa del virus. Che ci porti coscienziosamente ad imparare a conviverci finché il piano vaccinale non sarà portato a termine. 

In tutto questo, abbiamo bisogno anche di esponenti del mondo della ristorazione all’interno del CTS. Perché non credo che la gestione di questa pandemia si concluderà entro l’estate quando, (come ha affermato Speranza) tutti saremo vaccinati. E nel frattempo, non possiamo permettere che i componenti del CTS, sicuramente massimi esperti nei loro campi ma estranei a questo mondo, decidano cosa sia meglio o no per la ristorazione. Perché tanto per dare l’idea è come se qualcuno decidesse di farsi operare da un bravo elettricista piuttosto che da un chirurgo. E non so se mi spiego. 

Abbiamo anche bisogno di iniziare a pensare di entrare a far parte della politica. Fondare ora un partito che rappresenti tutto il mondo della ristorazione, dell’accoglienza e tutto il comparto che ne deriva e ne fa parte. Sarebbe un ottima mossa per stringere future alleanze per quando ci sarà la necessità di partire e crescere. Perché se c’è una cosa che questa pandemia ci ha insegnato è la validità di un vecchio proverbio: “aiutati che Dio ti aiuta”.

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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