Le nuove etichette della Nutella? Jamm’ bbèll’, sono bruttissime
Non sono mai stata una fanatica della Nutella. La mangio ogni tanto, se proprio capita. Ma non sono tra coloro che vengono attraversati da un brivido blu quando vedono Nanni Moretti in Bianca, per dire, né tantomeno ho gridato al miracolo quando in commercio è stato messo il barattoli da un chilo. Insomma, non mi piace molto.
E da qualche tempo mi piace ancora di meno.
Da quando, nello specifico, ha iniziato a mettere i nomi propri sui barattoli, esercizio di marketing ridondante e pleonastico (peraltro già anticipato da Coca Cola) che ha trovato la sua deriva proprio in queste ultime ore, con la scelta di mettere sugli inconfondibili otri grassocci espressioni dialettali tutte italiane.
Insomma, dopo Barbara, Giovanni, Francesca e Matteo, il dott. Nutella deve aver pensato che più che un nome, è il suono dei luoghi che rafforza il senso di identità, che cementa il campanilismo. Che sei più felice se con gli occhi cisposi ti avventi su una crema spalmabile che ti strizza l’occhio a suon di Jamm Bell, Sciamu me, Alura, Uh cumbà.
Dando un’occhiata al sito ci si imbatte in una corposa analisi glottologica che cerca di giustificare, con un incomprensibile e ingiustificabile spreco di carta e di tempo, il senso dell’operazione tutta. Manuale linguistico dell’entusiasmo, titola. E a seguire: Un viaggio nell’Italia dei dialetti. Oltre cento espressioni -che a dire del dott. Nutella dovrebbero evocare allegria ed eccitazione- per sedici ceppi dialettali individuati; sedici –a mio modesto parere- goffi salti carpiati all’indietro, che vanno nella direzione che già fu, nel lontano 1997 dei compari del Carroccio. Federalismo a colazione: ma che davvero?
Qual è il senso ultimo di questo identificarsi in una minoranza linguistica, quale quello di difendere una radice lessicologica? Di trincerarsi dietro fonemi incomprensibili all’altro?
Era il 1960 quando il sorridente Alberto Manzi ingaggiava la sua personalissima battaglia contro l’analfabetismo e diventava con Non è mai troppo tardi il maestro d’Italia cercando di trovare un minimo comune denominatore –quantomeno linguistico- all’italica popolazione. Uno sforzo che ha dato dei risultati, invero, alquanto tiepidi se si pensa che al 2012 solo il 53% degli italiani risultava parlare regolarmente italiano (dati Istat). E dubito che da allora ad oggi tali numeri siano molto cambiati, soprattutto alla luce del crescente numero di stranieri che abita il nostro paese e che immagino faccia colazione al mattino, esattamente come tutti noi altri.
Che se pure la Nutella non gli piace –come a me, peraltro- Youssef, Animesh, e Irina non avranno forse pure loro il diritto di vedere scritto su quel barattolo il loro nome, di ritrovare i segni e i suoni dei loro paesi di provenienza? E il dott. Nutella sarebbe quello che esporta la crema spalmabile più gustosa nella storia delle creme spalmabili IN TUTTO IL MONDO?
No dott. Nutella, non ci siamo proprio. Sei un poco miope, devo dirtelo. Non lo riesci a vedere quello che accade intorno a te. O forse lo vedi, ti fa paura, e ti rifugi in un ghetto linguistico, metti le tendine di merletto alla tua finestra sul mondo per malcelarne le mille diverse sfaccettature. La tua è un’operazione, lasciamelo dire, oscurantista, che non solo va nella direzione opposta a quella del progresso, dell’innovazione, della crescita, ma cerca, in questa strenua opposizione, una giustificazione nell’entusiasmo, nel colore, nella retorica. La più grottesca delle spiegazioni possibili, insomma.
E dire che una manciata di anni fa, quando da adolescente la Nutella mi era amica, asciugava le lacrime e ingrossava i fianchi, appena una manciata di anni fa i tuoi copywriter parlavano arabo, cinese, russo, polacco. E con essi le tue campagne pubblicitarie. Furbette forse, ma non certo retrive.
Io, piuttosto, faccio tutta la vita il tifo per quel preside di Ladispoli che –facendo i conti con la realtà in cui insiste la sua scuola, un comune abitato per il 20% da persone provenienti dall’est-Europa- ha inserito nel programma di studi l’apprendimento della lingua rumena, una scelta ca va sans dire demonizzata da quei simpaticoni della Lega Nord.
Che cosa ci vuoi dire dott. Nutella, che il tuo brand è tanto forte che se pure se non ci scrivi il tuo nome sui barattoli, sei comunque presente nelle case di tutti? Che sei simpatico? Che siamo un gregge di capre? Ma soprattutto che ti sei inventato un fatto incredibilmente originale? Vale la pena ricordare che prima che in casa Ferrero (ma parecchio prima) da E-bay a Diesel, passando per Ikea, Lufthansa e Mars già estrosi art director ragionavano in termini di vernacolo e advertising, di fatto sdoganando un matrimonio impossibile. Bbonasorta, dott. Nutella, curage e jamm bell!