FAO, il cibo deve restare locale
925 milioni di affamati nel mondo, tra i quali 600 milioni di contadini. La giornata mondiale dell’alimentazione, che si celebra ogni anno il 16 ottobre, giorno dell’istituzione della FAO, 65 anni fa, “è un altro giorno senza cibo”, ha commentato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon nel messaggio inviato al palazzo della Fao di Roma dove si svolgono i lavori del Comitato Mondiale per la Sicurezza Alimentare (CSA).
Il bilancio è tragico e positivo allo stesso tempo. Perché se i il numero delle persone malnutrite è più basso dell’anno scorso, quando aveva sforato quota un miliardo, l’obiettivo di dimezzarlo entro il 2015, come previsto dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, appare tragicamente lontano.
Sul banco degli imputati il sistema degli aiuti ai paesi poveri adottati finora. Ad essere entrato in crisi è ormai il modello di sviluppo che vede al centro gli investimenti in agricoltura elargiti in larga misura dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Un sistema che ben poco ha potuto contro le ultime emergenze che si sono abbattute sui sistemi economici più fragili del pianeta. E cioè “l’aumento della domanda dei paesi emergenti, il riscaldamento globale e i sussidi che distorcono la concorrenza”, ha spiegato Ban Ki-Moon.
Le nuove emergenze sono il terremoto di Haiti e le alluvioni in Pakistan ma anche l’aumento del prezzo del petrolio e dei prodotti alimentari a causa delle speculazioni in Borsa e della crescente domanda di carne che sottrae cereali al mercato alimentare. Sono il calo sul mercato della disponibilità di mais utilizzato per produrre biocarburanti ma anche il land-grabbing (letteralmente furto della terra), cioè l’acquisto di grandi estensioni agricole nei paesi poveri dell’Africa e dell’America del Sud da parte di nazioni ricchissime che trasformano i piccoli contadini in braccianti spingendone 600 milioni nelle braccia della povertà.
E l’agricoltura, quando non è sottratta al controllo dei contadini e quando alimenta il mercato locale, fornisce una valida alternativa a sistemi di sviluppo basati invece sulle esportazioni e sull’inurbamento selvaggio. E in questo l’Africa sconfessa le previsioni del mondo ricco . ” La sparizione dei contadini negli ultimi 25 anni è più bassa di quanto si prospettasse nei processi di modernazzazione dell’Africa”, ha spiegato a Repubblica.it Antonio Onorati, rappresentante italiano dell’International Planning Committee, la rete mondiale di organizzazioni della società civile e dei movimenti per la sovranità alimentare. “Il modello era sbagliato perché ha prodotto fame e non ricchezza. Chi sta resistendo alla crisi alimentare sono i piccoli produttori rispetto alle popolazioni povere urbane”.
“Tutti uniti contro la fame”, lo slogan delle celebrazioni di quest’anno, sintetizza bene questo cambio di passo. La fame si sconfigge coinvolgendo nelle decisioni anche i rappresentanti della società civile, gli istituti di ricerca, le fondazioni caritatevoli, gli esperti e il privato, tutti riuniti in un organismo intergovernativo che affianca dall’anno scorso la FAO.
Perché se il cibo c’è ma mancano i soldi per comprarlo, vuol dire che la soluzione è quasi a portata di mano. Basta cambiare modello. Oggi a Roma la FAO ha provato ad immaginarne uno migliore.
Foto: Giuseppe Bizzarri, LaPresse