Feltri e la schifezza pizza e spaghetti: perché è colpa del Sud

Ci sono cascati. Ci sono caduto dentro in pieno. I Grandi Critici del Sud, unici depositari della cucina meridionale, hanno abboccato e ci sono cascati come dei novellini alle prime armi.
Vittorio Feltri, autore con Tommaso Farina del libro Mangia come scrivi provoca. E loro hanno risposto. Sono caduti nella rete.
Una rete da loro stessi costruita.
Sì, perché Vittorio Feltri, ovviamente a torto, descrive come “una schifezza” la cucina del Sud toccando pizza e spaghetti in un’intervista al Corriere.
E sbaglia grossolanamente.
Ma se nessuno l’avesse violentemente ripreso in questi giorni, da Sud, tutto sarebbe passato in sordina.
E invece ecco i Grandi Soloni, come i piccoli blogger e gli hater maccheronici, tutti uniti nella difesa a spada tratta dell’insulto ricevuto.
Ma in realtà quello che fa imbestialire Feltri non è tanto la preminenza nella bocca e nella penna di questi della pizza, del sartù di riso o della pasta, patate e provola.
È la sovraesposizione mediatica che a questa cucina viene data. È il fatto di sostenere sempre che Sud sia uguale a Meglio. Come un mantra imprescindibile anche se si mescolano super ristoranti con bettole, bravissimi pizzaioli con forni dai prodotti immangiabili, fritture eccelse con pappette inguardabili.
Chi si loda, si imbroda, dice il proverbio.
E qui, altro che brodo !
Questo è esattamente quello che fanno molti “critici” al Sud.
La cucina del sud non esiste

La cucina del Sud (premesso che neanche questa esiste, come non esiste la Cucina Italiana) e quindi la cucina siciliana, la cucina pugliese, la cucina campana, devono essere citate separatamente. Per mettere in risalto le fantastiche preparazioni e ricette di quei territori. Cucine che stanno affondando per mano di quegli stessi “critici”, “influenZer”(sì, con la Z) e pseudobloggari che ne over-esaltano le caratteristiche e la bontà.
“La Puglia è meglio”, “la Campania è il top”, la “ Sicilia, minkiuzza”. Tutte esclamazioni esagerate e poco intelligenti che rovinano la percezione dei piatti e degli ingredienti.
La critica gastronomica (e non) deve ritrovare apprezzamenti selettivi, precisi, accurati e misurati.
E le varie cucine del nostro paese, da nord a sud, da est a ovest, devono tornare ad essere motivo di interesse, gusto e ricerca da parte dei milioni di turisti che invadono (anche troppo) le nostre regioni. In cerca non della cucina italiana, ma di tortellini, mozzarelle, cassate, risotti e fiorentine, oltre che se Dio vuole di Michelangelo, Raffaello e Caravaggio.
E non esiste la cucina italiana

E poi, avete mai mangiato un brovade e musèt nel Lazio?
Dei canederli in Calabria ?
Un risotto come Dio comanda in Sicilia ?
Una cassata ben fatta a Bolzano o un sartù di riso nelle Langhe ?
La cucina italiana semplicemente non esiste.
Esistono le varie, meravigliose cucine regionali, provinciali, cittadine e della zia e della nonna.
Quelle vanno preservate!
I luoghi della cucina popolare, i cuochi che la portano avanti e che stanno soffocando nella marea di Masterchef, nelle assurdità dei 4 ristoranti per un funerale, nella rarità della ricerca, della storicità del piatto, considerati e premiati in Italia da pochissime guide serie (cito quella di Slow Food per tutte) e così diversi e unici tra loro, dovrebbero ricevere medaglie al valore e entrare nella Treccani per la loro resilienza.
Non essere esaltati come se fossero calciatori al Maradona di Napoli.
Gli eroi della cucina popolare
Un paese in cui i politici si riempiono la bocca dell’impossibile “Riconoscimento della Cucina Italiana come Patrimonio Unesco“. Riconoscimento impossibile per via semplicemente dell’inesistenza della stessa, come ormai in molti sosteniamo con solide ragioni. Questo paese, dicevo, si dimentica di tutelare le uniche cucine che sono veramente Patrimonio delle nostre Regioni, province, città, borghi e famiglie: le cucine popolari.
Bene (o meglio, male): in tutto questo alcuni impavidi portabandiera esistono e sopravvivono in giro per la penisola. Artisti del Friko in Friuli, del bue grasso in Piemonte, del tortellino in Emilia, del sartù in Campania, della ‘nduja in Calabria e via dicendo.
Ma non è con la “difesa a catenaccio” che li aiutiamo.
E soprattutto non devono vincere gli uni contro gli altri.
Devono CON-vincere.
E venire aiutati.
Tutti, da Aosta a Ragusa, da Cagliari a Lecce.
Non vi sembra?
I 35 ristoranti di Alta Cucina del Nord nel libro Mangia come scrivi

Per chi volesse criticare i ristoranti rappresentativi della cucina del nord scelti dagli autori, ecco l’elenco.
- Antica Trattoria Monlue
- Osteria Brunello
- Canter
- Clinica Gastronomica Arnaldo
- Hotel Combolo
- Dal Bolognese
- Da Manuela
- Da Vittorio
- Derby Grill
- Don Lisander
- La Cucina dei Frigoriferi Milanesi
- Frosio
- La Grangia
- Trattoria Guallina
- I Castagni
- Il Cantuccio
- Il Liberty
- Ingalera
- Al Laghett
- Lanterna Verde
- La Sprelunga
- Ristorante Macelleria Motta
- Materia
- Novecento All’isola
- Osteria Tre Gobbi
- Il Pianone
- Pierino Penati
- Piero e Pia
- Pinocchio
- Pomiroeu
- Ribot
- Sassella da Jim
- Stendhal
- Trattoria di Coronate
- Trattoria Falconi
PS. In copertina ci sono i pizzoccheri che Vittorio Feltri dice essere piatto rappresentativo dell’Italia.