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Vino
19 Settembre 2022 Aggiornato il 20 Settembre 2022 alle ore 09:20

Berlucchi ’61 Numero Primo: l’assaggio del nuovo Franciacorta

Il Franciacorta Berlucchi ’61 diventa Numero Primo con la nuova etichetta di Extra Brut, Satèn e Rosé nella presentazione al ristorante Horto
Berlucchi ’61 Numero Primo: l’assaggio del nuovo Franciacorta

Presentata a Milano Berlucchi ‘61 Numero Primo, con un naming che parla di forza, unicità, bellezza: valori nativi del Franciacorta che ha lanciato una casa, uno stile, un intero territorio.

Passo indietro: il 1961 è una data fondamentale nella storia dell’azienda franciacortina: è l’anno in cui nasce il primo Franciacorta dall’alleanza tra Guido Berlucchi e Franco Ziliani.

Ma il ’61 fa anche parte di un’epoca straordinaria per tutta l’Italia. Era un tempo di slancio, rinascita, energie, entusiasmo. Alcuni di noi sono figli di quegli anni. Viva gli anni ‘60, così vintage. E così contemporanei.

Berlucchi ’61 e il fascino dei numeri primi

Cristina e Arturo Ziliani presentazione Berlucchi '61 Numero Primo

Il numero 61 ha anche una sua affascinante proprietà: è un numero primo, unico e indivisibile. O meglio: divisibile per 1 e per sé stesso. Quale miglior spunto per il restyling di questa linea di Franciacorta, se non il numero che era lì da sempre stampato sulle etichette?

Il naming di un prodotto è spesso un propulsore della sua fortuna. Forse anche quella che fa di un numero primo un numero uno.

Sarà una deformazione professionale, anzi lo è, ma volevo sapere assolutamente chi avesse avuto l’idea per Berlucchi ’61 Numero Primo che ha fatto innamorare la famiglia Ziliani al timone di Berlucchi.

E quindi ho indagato e l’ho scoperto: complimenti all’architetto Grassi e all’omonima agenzia Grassi + Partners che ha creato intorno a questa idea la narrazione giusta. Quella che mette in luce “La forza di un’idea, la bellezza della natura, la cura del saper fare.”

Che cosa è cambiato con Numero Primo

Terrazza Horto presentazione Berlucchi 61 Numero Primo

Più natura, più sostenibilità, più artigianalità. Perché non è solo una questione di nome. Berlucchi ’61 ha con Numero Primo una nuova identità visuale e sensoriale. Essenziale, e su tutta la linea.

Se ne è occupato Spazio di Paolo, scegliendo per le etichette due strati di carta naturale, dalla tattilità particolare. Perché una bottiglia è un piacere anche tra le mani. Ma deve anche dare un messaggio dell’altissima artigianalità che parte dal lavoro in vigna e poi in cantina e ancora dopo sui mercati.

Linea Berlucchi 61 Numero Primo

È anche una questione di contenuto. Perché se sono tre i Franciacorta protagonisti – Satèn, Rosé, Extra Brut – è quest’ultimo la vera new entry, che ambisce ad essere la massima espressione di naturalezza dei vigneti di Berlucchi, con il suo dosaggio quasi zero e ancor più vividi i sentori agrumati e di frutti a polpa bianca.

L’abbiamo degustato da Horto

Berlucchi 61 Numero Primo brindisi

L’esordio del Numero Primo necessitava di assaggi all’altezza. Ecco perché ci siamo trovati sui tetti vista Madonnina e tra i giardini di Horto. È la nuova casa milanese dello chef tristellato Norbert Niederkofler. Abbiamo gustato dei fuoricarta coerenti con il mood vegetale, profumato, gioioso del Franciacorta ma anche capaci di creare aspettative alte sulla carta ufficiale del ristorante guidato dallo chef Stefano Ferraro affiancato da Alberto Toè.

Berlucchi 61 Numero Primo e spaghetti freddi

E quindi, Berlucchi ’61 Numero Primo e fiori di zucca in tempura e rami di rosmarino e con coregone, maionese e chips vegetali. O con Tartare di pesce di lago di carne e/o o insieme a una coppia di straordinari primi: uno, gli spaghetti freddi zafferano-lievito-olio di pomodoro.

gnocchi barbabietola rafano by Horto

Due, degli gnocchi pazzeschi barbabietola e rafano, presente sia nel ripieno degli gnocchi stessi sia in quenelle che lo accompagnavano – perfetti con il Numero Primo Extra Brut. Ma c’è chi ha preferito il Rosé.

[Immagini: Andrea Zampatti; iPhone di Daniela Ferrando]

Daniela Ferrando
Milanese, trent’anni di copywriting e comunicazione aziendale. Le piace che il cibo abbia le parole che merita: è cultura. Parlando molto e mangiando poco, non si applica nel suo caso il “parla come mangi”.
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