Gianfranco Vissani: il ristorante di Baschi rischia di chiudere per sempre
Gianfranco Vissani rischia di chiudere il suo glorioso ristorante di Baschi, in provincia di Terni. Dove, al netto della propensione per l’involontaria topica dell’irsuto cuoco umbro, è passata la storia migliore dell’alta cucina italiana.
”È una vergogna“, commenta Vissani usando il registro verbale che gli è proprio. Parla esagitato del recente passaggio della sua Umbria dalle regioni “gialle” a quelle inserite nella zona arancione.
Fronteggiare l’emergenza pandemia è un conto. Ma ciò che sta accadendo ”è un calvario infinito”, sbotta l’ex cuoco più famoso d’Italia. ”Come imprenditore sento il reale rischio chiusura della mia attività”.
Rientrando nella zona arancione, come tutti gli altri ristoranti e bar in Umbria, anche Casa Vissani, il bel locale adagiato sul lago di Corbara oggi gestito in prima persona da Luca Vissani, figlio di Gianfranco, dovrà restare chiuso 7 giorni su 7.
Vissani, che ai tempi del primo lockdown aveva promesso una class-action contro il governo Conte, non riesce a darsi pace.
“Abbiamo adottato tutti i dispositivi di sicurezza indicati”, ha detto il cuoco al sito dell’Ansa. “I ristoranti sono luoghi assolutamente sicuri, ma non è bastato e paghiamo il prezzo di scelte assurde, come quella di aver permesso la movida nelle grandi città in estate”.
Poi, lo chef che nessuna guida è mai riuscito a modificare nella sua veracità arrembante, se l’è presa con lo Stato. Dal quale “non arriva un euro. Se ci venisse garantita la sopravvivenza delle nostre attività potremmo chiudere anche per mesi pur di tutelare la salute, ma così non è”.
Avevamo già ascoltato le proteste di Vissani, nel ruolo di capopopolo di un’intera categoria, durante il lockdown di primavera. “Ma chiudere di nuovo i ristoranti significa mettere in ginocchio tutte quelle attività collegate alla ristorazione, una su tutte le cantine”, ha aggiunto questa volta.
Quindi, pensando ai tempi di magra che toccheranno anche il personale di Casa Vissani, ha parlato così dei suoi ragazzi.
“Non voglio immaginare quando anche loro, come tutti quelli che lavorano nella ristorazione, prenderanno la cassa integrazione. Ci sarà gente che non arriverà a fine mese e sarà disperata”.
La parte finale dell’intemerata di un Vissani mai così tanto preoccupato di dover chiudere il suo ristorante a tempo indeterminato, ha come bersaglio l’eccesso di tasse che colpisce lui al pari dei suoi colleghi.
“Le paghiamo tutti i mesi, quando invece andavano bloccate perché non si può immaginare che un’attività, in un anno, possa lavorare soltanto due mesi d’estate. Siamo la vergogna dell’Unione europea”.