Home restaurant: non c’è stata multa di 6000 € a Torino
Gnammo: multa o non multa? Vediamo di fare chiarezza. Dopo le notizie delle ultime ore, durante le quali un quotidiano nazionale ha pubblicato un articolo raccontando di un’ispezione dei Nas nel b&b torinese Al Porta Susa, con conseguente multa di 6 mila euro per il social eating, Gnammo ha voluto dire la sua. Non si sarebbe trattato di una cena organizzata in un’abitazione privata, ma all’interno di una struttura turistica priva delle necessarie autorizzazione per la somministrazione di cibo e bevande. Per questo motivo (e non per scarsa pulizia), la sanzione sarebbe stata di 3 mila euro (e non 6 mila, tra l’altro), pagata in estate, secondo i termini previsti.
Cosa hanno dichiarato al riguardo i soci del principale portale di social eating italiano? “In merito alla notizia pubblicata in data 14 ottobre 2015, teniamo a precisare che non è stata comminata nessuna multa alla pratica di social eating, bensì è stata sanzionata una persona fisica che ha somministrato dei pasti in una struttura non autorizzata a farlo. Il social eating, ossia cene private e occasionali tra amici che ho liberamente scelto io di accettare è una pratica assolutamente legale”.
E aggiungono: “Cogliamo però l’occasione per ribadire la necessità di differenziare l’attività di social eating da quella di home restaurant, e noi stessi ci facciamo portatori della volontà che quest’ultimo, cioè l’home restaurant continuativo e non il social eating saltuario abbia una specifica normativa. Dall’esperienza di quanto accaduto a maggio presso il bed & breakfast torinese è nata la necessità di dar vita al nostro Codice Etico, che abbiamo lanciato il 9 luglio 2015”.
E nonostante proseguano gli incontri con organi politici e associazioni legate al mondo del food e del turismo per giungere alla redazione di una normativa che tenga conto delle evoluzioni sociali, sul portale è disponibile il Codice Etico di Gnammo, che stabilisce le modalità di comportamento che gli utenti della piattaforma (gli Gnammers) si impegnano a rispettare nell’organizzazione e gestione degli eventi food casalinghi. Si tratta di un codice partecipato: chiunque può contribuire alla sua crescita e definizione, utilizzando gli strumenti di dialogo presenti sul portale.
Un altro po’ di chiarezza: cosa differenzia il social eating e l’home restaurant?
Il primo corrisponde ad eventi di libero svolgimento tra amici, saltuari, riservati a chi ha prenotato ed è stato accettato dal cuoco e senza organizzazione imprenditoriale, il cui scopo è esclusivamente quello della socialità. Tutto regolare dal punto di vista fiscale: i pagamenti devono essere online e dunque tracciati.
Con home restaurant si definiscono, invece, realtà che organizzano eventi con regolarità, ed adoperandosi affinché anche il rendiconto economico abbia una valenza importante. Secondo Gnammo, per questa categoria sarebbe opportuno seguire le normative, a protezione del modello stesso e dei consumatori, evitando che si creino nuovamente fraintendimenti che penalizzano l’iniziativa dei singoli cittadini, sia essa imprenditoriale che di puro scopo sociale.
Cosa ne pensate? La differenza tra social eating e home restaurant è così evidente da richiedere due codici normativi differenti? E soprattutto, sono curiosa di saperlo: quale preferite tra le due pratiche?