Il nuovo Dpcm sul coronavirus è legge. Ristoranti e bar: cambiano le regole
Più di 11.705 contagi in 24 ore hanno convinto tutti di mandare in soffitta il “nuovo” Dpcm del 13 ottobre. E di sostituirlo con il nuovo, anzi nuovissimo Dpcm coronavirus del 18 ottobre.
Che salva i ristoranti. Ecco perché.
[Aggiornamento 24 ottobre: la bozza di un nuovo Dpcm prevede la chiusura di bar, ristoranti e pizzerie alle 18. Chiusura totale la domenica e i giorni festivi. Sempre possibile il delivery. Qui le nuove limitazioni]
In 5 giorni il quadro epidemiologico del coronavirus è cambiato di molto. In Lombardia si contano oltre 1.000 ricoveri e la situazione degli ospedali della regione è considerata già critica.
Osservati speciali sono gli assembramenti che danno il terreno necessario al Covid-19 di diffondersi con l’aumento più che proporzionale dei casi. Innalzare una diga all’avanzata dei casi positivi per evitare un nuovo lockdown. E la paura di non farcela.
Bar e ristoranti nel nuovo Dpcm Coronavirus
Bar, ristoranti e pizzerie sono finite nell’occhio del ciclone. Il nodo dell’orario di chiusura ha fatto discutere a lungo Governo, Regioni e Comitato Scientifico. L’obiettivo è sempre uno solo: eliminare gli assembramenti con la “movida” dei locali senza servizio al tavolo diventata il principale imputato.
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte non voleva chiudere i ristoranti troppo presto per evitare un nuovo contraccolpo a un settore già provato dalle chiusure di primavera. Il rischio che la boccata di ossigeno dell’estate finisse subito è troppo forte. Il dilemma è sempre quello rischiare la chiusura definitiva di molti esercizi commerciali imponendo misure non sostenibili economicamente.
E poi c’è l’effetto paura che ha già dispiegato i suoi effetti dopo le prime ordinanze della Campania e il Dpcm del 13 ottobre con una rilevante riduzione del fatturato.
Giuseppe Conte, spalleggiato dal Ministro dell’Economia Robero Gualtieri, non ha voluto dare nel nuovo Dpcm coronavirus l’impressione l’Italia stia entrando progressivamente in un nuovo lockdown generalizzato.
In questa direzione va anche la necessità di evitare la chiusura, ad esempio, dei centri estetici che farebbe ripiombare nel clima di paura del lockdown.
Le proteste delle associazioni di categoria della ristorazione sembrano aver avuto effetto sul nuovo Dpcm coronavirus considerato che i ristoranti chiuderanno, anzi, continueranno a chiudere alle 24. Ma ancora una volta una limitazione è necessaria.
La corrispondenza divieto di assembramento – ristoranti però ha creato un nuovo limite.
La regole delle 6 persone a tavola, la capienza e i coprifuoco dei sindaci
Ogni tavolo potrà accogliere al massimo 6 persone.
La regola del 6 – a tavola come in casa – presta il fianco a una serie di polemiche infinite. Ma è il metro per evitare lo stesso errore che ha caratterizzato le riaperture di bar, ristoranti e pizzerie. Polemizzare sul numero di commensali equivale a contestare la distanza tra i tavoli. Aumenta l’incertezza dei potenziali clienti. Le sale restano vuote e non ci sono centimetri o sedie che controbattano la paura di rischiare il contagio.
È fatto obbligo per gli esercenti di esporre all’ingresso del locale un cartello che riporti il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente nel locale, sulla base dei protocolli e delle linee guida vigenti.
La movida intesa come assembramento va azzerata e in questo senso ecco la ragione del divieto per bar, pub e altri locali di stare aperti dopo le 18 se non c’è servizio al tavolo. Andare mangiando o bevendo per strada senza – ovviamente – la mascherina è da evitare.
Le multe salate per chi non rispetta orari e distanziamenti trovano ragione di essere in questa necessità ripetuta fino alla noia: non possiamo permetterci assembramenti.
La stretta sulla movida diventa ancora più forte grazie al potere riconosciuto ai sindaci di chiudere strade e piazze particolarmente frequentate alle 21, stabilendo di fatto un “coprifuoco” locale.
[Aggiornamento del 19.10.2020 ore 9,30: nel testo del Dpcm è scomparsa l’indicazione dei sindaci. All’art.1 del decreto si legge che «delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, può essere disposta la chiusura al pubblico dopo le 21». «La norma — ammette il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia a Rainews24 — è stata smussata. Detto questo, se c’è un quartiere da chiudere lo decidono i sindaci. Per la verità non c’era nemmeno bisogno di una norma specifica perché è già così. Non c’è nessuno scaricabarile sui sindaci, i sindaci sanno che lo Stato è al loro fianco 24 ore su 24. Dobbiamo tornare alla collaborazione massima».]
Nuovo Dpcm coronavirus: vietata la vendita degli alcolici
In conseguenza di questo ragionamento, è vietata la vendita di alcolici da asporto dopo le 18 anziché alle 21 come stabilito dal precedente Dpcm.
E a catena, ecco la limitazione all’asporto anche dei cibi fino alle 24. Non è il colpo temuto a tutte quelle attività, soprattutto pizzerie e hamburgerie, che sull’asporto avevano fondato la resistenza economica in questo periodo.
Attenzione, però. Il limite di orario riguarda l’asporto, non la consegna a domicilio di cibi e bevande. Il servizio di portare a casa è possibile proprio perché limita gli assembramenti. Ovviamente bisogna rispettare le distanze e le altre misure con il sistema che utilizza i rider. Un’altra complicazione non solo lessicale. Molti identificano asporto e delivery come unica cosa. Ma la pizza da asporto, cioè ritirata in pizzeria dal cliente, è cosa diversa dalla pizza delivery, cioè consegnata al cliente al suo domicilio. Meglio ricordarlo.
Nuovo Dpcm: sagre, eventi, manifestazioni
Lo stop agli assembramenti si traduce anche in uno stop a sagre e fiere locali. Le ultime disposizioni anti coronavirus hanno già falcidiato molti eventi enogastronomici in programma ad ottobre. Da Identità Golose a Milano a La Città della Pizza a Roma per continuare con il Merano Wine Festival o la manifestazione Orange Wine a Piacenza. Tutto rimandato al 2021.
Anche se restano consentite le manifestazioni fieristiche di carattere nazionale e internazionale.
Lo smart working e gli effetti sulla ristorazione
Il Presidente del Consiglio vuole incrementare lo smart working nel pubblico impiego. Al provvedimento ad hoc sta lavorando la ministra della Funzione pubblica Fabiana Dadone. Ma da subito tutte le riunioni nella Pubblica Amministrazione saranno a distanza.
È un altro colpo alla ristorazione. Smart working significa un quasi azzeramento delle pause pranzo con una ricaduta immediata e preoccupante sugli esercizi di ristorazione specializzati in questa attività. Lavorare da casa significa mangiare a casa. Pensare a un cambiamento di mentalità dei lavoratori di casa in favore di bento box al momento attuale è pura utopia.
Occasioni conviviali e furbate
Gli esperti ritengono le occasioni conviviali, proprio quelle che sono alla base della differenza tra riempire lo stomaco e andare al ristorante, ad alto rischio di contagio.
Abbassare questo indice comporta un notevole sforzo da parte degli operatori. Significa pensare al proprio ristorante e alla propria pizzeria in un modo diverso. Pensare cioè che il ristorante non inizi dalla porta ma un po’ più in là. Al telefono per le prenotazioni e fuori dall’uscio per evitare assembramenti. Una strada strettissima, ma da percorrere quanto prima possibile.
Inutile ricorrere a sotterfugi come l’apertura a mezzanotte e un quarto giocando sulla mancata lettera delle disposizioni del Dpcm. Una furbata resa inutile dalla nuova disposizione che permette la riapertura dei bar alle 5, come annunciato dal Presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini.
E i Presidenti delle Regioni avranno ancora voce in capitolo nel rendere più stringenti le misure del nuovissimo Dpcm. Come Vincenzo De Luca che in Campania si prepara a varare il lockdon totale nei fine settimana da qui ad Halloween. Il piccolo ribasso dei contagi registrati oggi non autorizzano al rompere le righe anche se l’Independent ha molto criticato la sua uscita sulla festa che è un’americanata.
Qui il testo integrale del nuovo Dpcm Coronavirus.