Il successo di Langosteria spiegato dal fondatore Enrico Buonocore
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Mi pare di aver detto più volte perché questa triste solfa del fine dining in crisi non mi appassiona e mi lascia totalmente annoiato e indifferente. Mi sembra di aver spiegato nei dettagli che cosa un ristoratore deve fare, come si deve organizzare, a cosa deve stare attento e che flessibilità deve dimostrare nel suo lavoro.
Bene. Volete un esempio? Presto fatto.
Langosteria. Un nome, un progetto.
Sono ormai 18 anni che il Progetto Langosteria, come mi piace chiamarlo, si muove, si sviluppa, cresce e si internazionalizza, tra Milano via Savona primo storico locale, e gli altri locali aperti da Enrico Buonocore.
E la domanda del mondo e delle imprese di ristorazione è sempre la stessa. Come fa LANGO, come quasi tutti familiarmente la chiamiamo a Milano, a crescere e svilupparsi nonostante ci siano chiaramente meno soldi in giro e meno voglia di tirarli fuori?
La risposta breve è: Perché Langosteria non è solo un’insegna di ristorazione.
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Enrico Buonocore ci regala una mezz’ora del suo tempo al telefono mentre sta salendo da Milano a St. Moritz, a trascorrere il fine settimana (lavorando) nel Langosteria da lui aperto qualche anno fa nella cittadina svizzera. Costato otto milioni di euro e che ne fattura ormai già sette ogni anno.
Le ragioni del successo di Langosteria spiegate da Enrico Buonocore
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“Langosteria non è solo una serie di ristoranti dove si mangia e si beve bene, anzi direi molto bene. Langosteria è un Club, una community di persone che lavorano per far star bene attraverso il cibo, il bere e l’accoglienza in generale un’altra community. Quella dei clienti, che spesso entrano, mangiano, bevono e poi tornano, e ritornano, e ritornano ancora.
Perché? Perché sono stati bene. Li abbiamo accolti sempre col sorriso, li abbiamo fatti sentire a casa, ma in una casa bellissima, calda, accogliente, diversa.
Molte volte entrare in un ristorante di lusso, stellato o meno, è un’esperienza fredda, rigorosa… direi addirittura “clinica”.
Ecco, noi siamo tutto tranne questo. Siamo un gruppo di persone che assumiamo già con la predisposizione al sorriso, che formiamo al lavoro di gruppo, che organizziamo in una struttura aziendale precisa, con ruoli definiti.”
Come si costruisce un brand di successo
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Ma come avete anticipato e risolto i problemi di calo della disponibilità finanziaria delle persone, di mobilità eccessiva del personale, nonché di tutte le lamentazioni questo mondo negli ultimi tempi?
“Intanto…io non ho mai fatto l’oste, come fanno molti ristoratori. Ho costruito un’impresa fatta di manager e di ruoli. Alcuni anche con delega “pesante”dal 2015, con un CFO, il Direttore finanziario, un Direttore marketing, un Responsabile del Personale e poi vari team all’interno dell’ organizzazione, uno per ogni locale.
E comunque siamo molto flessibili: continuiamo a settare la macchina organizzativa.
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Parigi ha superato lo scorso anno i 15 milioni e mezzo di Euro di fatturato.
“Molti giornalisti non si spiegano come mai noi “costiamo” come uno stellato pur mantenendo la nostra identità “sorridente” e siamo praticamente sempre pieni.
E fra poco arriverà Montenapoleone, tre piani di locale all’interno del palazzo Fendi, e poi Porto Cervo (nel 2026), e ancora Londra e Miami.
Tutto con un Ebitda importante. Un’azienda di 500 persone e fra 5 anni di 1200 persone.
E gli investitori sono soci di minoranza.
Ruffini, di Moncler, in questo ha avuto visione, è stato bravo ed ha anticipato i tempi. Da quando lui è entrato siamo cresciuti moltissimo”.
Il brand del lusso a tavola
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Bene, quindi un modello di successo, un’azienda di successo ma anche e soprattutto un posto dove si mangia e beve bene e dove si sta bene con gli altri…
“Pensa che all’inizio della mia impresa, il mio punto di riferimento era Zuma. Perché per me Zuma era lusso. E io volevo creare un Brand di lusso. E l’ho fatto.
Quando vengono a mangiare in Langosteria, i clienti non si preoccupano di nulla: neanche del conto.
Come quando compri una Kelly di Hermès o stappi un Selosse. Il prezzo non è la cosa importante. Oggi siamo lusso
Il Brand Langosteria ha attirato Moncler, ma lavoriamo con Arnault a Parigi al Cheval Blanc, e lavoreremo con Fendi, come dicevo, in Montenapoleone”, continua Enrico Buonocore.
Il personale
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“Ma il brand è un brand che attira anche il personale. Il 75% dei miei manager erano camerieri e cuochi. E sarebbero rimasti tali in un altro contesto.
Condividiamo intenti e valori, con tutte le mie persone. Oggi l’emozione che ti dà il progetto nuovo è enorme. Io non ho un ristorante.. Ho una comunità che da da mangiare ad una community di clienti, come ho detto.
Intangible value. Valori intangibili. Normale per il mondo del Lusso, ma che moltiplicano per 18/19/20 volte il tuo ebida e il valore della tua impresa”.
Langosteria di Enrico Buonocore è una community
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Enrico Buonocore è un fiume in piena ma, per chi come me lo conosce lo è sempre stato e Langosteria è veramente speciale.
A Milano, e non solo, vanno di moda i Membership Club. Langosteria è un Membership club senza fee annuale e dove exclusivity e inclusivity si sposano.
Ecco il segreto del suo successo. Sempre con il sorriso in faccia.
Se vi sembra poco.