Il video che svela Valerio M. Visintin, critico gastronomico in anonimato ma non anonimo
La critica gastronomica deve restare anonima altrimenti si rischia l’opinione impopolare secondo la quale i giornalisti che non pagano al ristorante al massimo sono meglio di Tripadvisor. Rispondere a un invito dell’ufficio stampa di un ristorante significa prestarsi all’inciucio e al collaborazionismo con il rischio di mandare a picco l’indice di credibilità dell’autore poiché non si paga il conto o, meglio, lo si trasforma nel cambio merce di una recensione o di un trafiletto favorevole.
Campioni dell’anonimato gastronomico sono gli ispettori Michelin e Valerio M. Visintin, critico che conduce Mangiare a Milano sul Corriere della Sera. Anche se in realtà, alla fine di un pasto e dopo aver pagato il conto, gli ispettori della Rossa si presentano. Invece, Visintin tiene al suo anonimato che gli permette di testare un ristorante come un qualsiasi commensale e di osservare i suoi colleghi in chiaro alle prese con affettuosità giornalistiche quando sono a tavola.
L’anonimato va difeso a ogni costo e, anche in occasione della presentazione dei suoi libri, i fan possono vederlo solo incappucciato a metà tra Fantomas e V (per vendetta dei commensali). Restano le certezze: antipatia per le foodblogger (“erinni taccute armate di twitter”), bocciatura dei rapporti personali critico-chef, idiosincrasia per il dilettantismo e i raduni della casta enogastronomica.
Con l’aiuto di Franca Formenti, che si è intrufolata nella sua cucina, siamo riusciti a sapere di più sulla vita privata del critico più criticato d’Italia che ha da poco festeggiato il 49° compleanno, usa la moka ed è interista. Il resto delle affettuosità, in video.