Le Trabe, ristorante alle porte del Cilento al sapore fresco di stella Michelin
Capodifiume, Caput Aquae, è un luogo denso di storia. Il menu del ristorante Le Trabe te lo ricorda. Qui era ed è l’inizio del corso d’acqua e dell’abbondanza. I Greci lo santificarono con un tempio dedicato alla dea Persefone la divinità della primavera e dell’estate. E, un secolo dopo, costruirono una strada di collegamento con Paestum e i suoi templi che finiranno nell’oblio sino al Grand Tour e alla passione per l’archeologia e il mondo classico.
La tenuta Capodifiume come la si vede oggi è proscenio ideale per cerimonie e matrimoni, un’altra attività insieme a quella delle mozzarelle di bufala che riesce benissimo nell’area di Paestum. La famiglia Chiacchiaro una ventina di anni fa rileva la tenuta di circa 15 ettari che fino agli anni ’60 ospitava una centrale idroelettrica per riportarla all’antico splendore. Una ristrutturazione a tratti appariscente, con la sala esterna a contatto dell’acqua che ha ripreso a scorrere nella centrale (la tenuta produce circa 100 kw al giorno che finiscono nella rete elettrica dell’Enel), fa la felicità delle coppie di sposi con la bella scenografia.
Alla fine degli anni ’90, la voglia di cimentarsi anche con la ristorazione. Attività coronata a novembre dello scorso anno con l’assegnazione della stella Michelin che ha premiato l’impegno dello chef Peppe Stanzione e della sua brigata. La geografia del cielo stellato di questo lembo di terra salernitana è diventato un triangolo insieme al Papavero di Eboli e alla Locanda Severino di Caggiano, tutti intorno ai confini del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
Nella serata ferragostana l’atmosfera è rilassata e, per fortuna, la cucina chiude alle 22:30, orario che consente di mettere una toppa al consueto affollamento e ritardo dei treni: la ferrovia si è fermata a Salerno, nemmeno ad Eboli. Altri due commensali ad un altro tavolo e attenzione concentrata sui 5 avventori.
Per chi ha una lumga frequentazione della ristorazione cilentana basica e spesso familiare (con punte di eccellenza da segnare in rubrica), fa un certo effetto trovare riti e movenze di alta cucina a queste latitudini. Un piacere che speriamo si diffonda anche lungo l’acrocoro e la costa di un territorio generoso di materie prime ma ancora legato a calendari di villeggiatura che non esistono più.
Locale e internazionale, tradizione, wedding, materie prime. Tutto si concentra in un piattino che mette insieme il burro di bufala del caseificio Barlotti e quello di alpeggio francese proposto dalla Selecta. Un contrasto, buonissimo, che accompagna tutta la cena partendo da questi assaggini su un pane delicato e saporito (e che costituirà l’unica pecca della serata, perché 2 pani terminano prima della fine della cena e da uno stellato non te lo aspetteresti, insieme a un certo riverbero di fiori edibili).
L’entrée di benvenuto è fulminante con un pomodoro acido e fresco che si stampa nella memoria insieme al frittino. Un po’ più spaesato il polipetto arrosto con sbriciolata di tarallo al finocchietto, con cuori di insalatine saltati all’olio di macadonia. Mi manca un po’ di mordente in questo piatto che fa parte del menu degustazione di mare con 6 portate che lasciamo a scelta dello chef.
Si riprende subito a salire con la tagliatellina di seppia arrostita al suo nero, crema di mais e maionese di avocado che lascia un sapore lunghissimo del cereale. I mezzi paccheri del pastificio Vicidomini con taratufi di mare sono un inno alla freschezza grazie soprattutto al limone sfusato di Amalfi. Una variazione alla classica pasta d’estate da segnare in agenda.
Ancora uno sguardo oltre il territorio con la capasanta scottata al burro di cacao con cetrioli, asparagi, salsa di soia e insalatina di alghe apprezzata anche da chi al tavolo non ha grande predilizione per i molluschi.
Molto buona la frutta fresca e ghiacciata, abbinamento tra frutto e sorbetto che propone in maniera ineccepibile il dolce freddo. Il dolce è un trittico Cioccolato, rum e caffè con pan di spagna e cioccolato bianco salato molto buono.
Indeciso tra due vini prediletti che difficilmente incontro nella stessa carta, Pian di Stio San Salvatore e Fiano di Ciro Picariello, ho optato per l’avellinese del 2011 che al solito ha regalato una bella soddisfazione per tutta la cena.
Nel silenzio del curatissimo viottolo, il casale che ospita la sala del ristorante si staglia sotto le luminarie che rischiarano la sagoma del santuario della Madonna del Granato in alto sul promontorio del Monte Calpazio. La Tenuta Capodifiume e il ristorante Le Trabe sembrano il punto di congiunzione di due mondi impossibili: l’alta cucina e il catering. E diventano possibile modello di riferimento per un’industria turistica del Sud che sa come valorizzare territorio e cucina. Non poco di questi tempi.
Le Trabe Tenuta Capodifiume. Via Capodifiume, 4. Capaccio-Paestum (Salerno). Tel. +39 0828 724 165