Flop del Mercato Centrale di Torino: accuse a Del Cambio e Magorabin
È una furia Umberto Montano quando parla del Mercato Centrale di Torino.
“Occelli, Marchetti, Del Cambio… ci hanno lasciato appena è finito il furore dell’apertura, tanto l’investimento l’avevamo fatto noi”.
Un momento, Umberto Montano chi? E gli altri, i pavidi scappati dalla struttura torinese alle prime difficoltà, chi sarebbero?
Umberto Montano, il fondatore del Mercato Centrale di Torino
Montano è il fondatore del Mercato Centrale di Torino, aperto al Fuksas di Porta Palazzo nell’aprile 2019, dove c’è sempre poca gente. Pare che in quasi tre anni non sia stato capace –il Mercato non Montano– di creare un rapporto con i golosi torinesi.
Ma Umberto Montano è anche l’imprenditore dietro l’intero progetto Mercato Centrale. Il cui modello di business è annettere alle principali stazioni ferroviarie italiane isole felici piene di botteghe, ristorantini e guru del cibo, in zone dove prima tutto era sbrecciato, sporco, rotto e dove l’illegalità era diffusa.
Operazione riuscita con i fiocchi a Firenze, Milano e in particolare Roma, dove ogni giorno continuano a ritrovarsi oltre cinquemila persone, con punte di dieci.
Allora il Mercato Centrale di Torino? “C’è poca gente, c’è poca gente” è il chiodo fisso di Montano, evidente nell’intervista appena data dall’imprenditore al Corriere.
Montano contro i pavidi che hanno lasciato alle prime difficoltà
Le cose non hanno funzionato dall’inizio e le critiche sono arrivate impietose. Così diversi partner commerciali di Montano che occupavano i banchi del Mercato se la sono data a gambe. Evidentemente gli accordi con il Mercato Centrale di Torino lo permettevano.
Se ne sono andati Occelli, nel senso di Beppino Occelli, patron di un caseificio nel cuore delle Langhe piemontesi sinonimo di qualità, noto in particolare per il burro. Così lo descrive lo stesso blog del Mercato Centrale di Torino che ai tempi dell’inaugurazione, evidentemente, non lo riteneva un pavido che “quando c’era il vento in poppa tutto bene ma alla prima onda preferisce abbandonare”.
“Artigiano visionario, Beppino ha sempre investito nella ricerca per garantire una qualità altissima dei prodotti e nel mondo dei formaggi per lui non ci sono più segreti”.
Il secondo grande accusato da Montano è Alberto Marchetti, noto gelatiere piemontese con 7 botteghe all’attivo, cooptato anche da Starbucks nella gigantesca roastery di Palazzo Broggi in Piazza Cordusio a Milano.
Di lui, sul blog del Mercato Centrale di Torino si legge che “sarebbe capace di aprire una gelateria perfino su un’isola deserta!”. Chissà se poi scapperebbe anche da lì, come ha fatto a Torino, nel caso le cose si mettessero male.
Del Cambio e Magorabin scappati dal Mercato Centrale di Torino
Ci sono anche due notissimi ristoranti torinesi nel j’accuse snocciolato al Corriere da Montano. “Mercato Centrale ha dovuto fare uno sforzo enorme per colmare quei buchi. Un premio ci dovrebbero dare!”.
L’imprenditore ce l’ha con Del Cambio, “luogo d’innata eleganza”, lo definisce la Guida Michelin, caro perfino a Cavour, che nel migliore ristorante di Torino aveva il suo tavolo prediletto. Oggi guidata dallo chef Matteo Baronetto, ex creatura di Carlo Cracco, la prestigiosa insegna cittadina ha lasciato presto il Mercato Centrale di Torino rimpiazzata dall’istrionico Davide Scabin.
Uno che non puoi non amare malgrado le disavventure, comprese le stelle levate al suo ex ristorante dalla Michelin suddetta.
Montano non nasconde di avercela anche con Marcello Trentini, meglio noto come “Magorabin”, dal nome del suo ristorante. “Abbiamo trovato altri che non fanno rimpiangere quelli di prima”, lo apostrofa Umberto Montano: “Chiodi Latini (ristoratore che ha preso il posto di Magorabin) segue il ristorante vegetale molto più di quanto lo facesse Marcello Trentini, che al Mercato non metteva più piede”.
Lo strazio del Covid
La pandemia ha giocato un ruolo importante nel flop del Mercato Centrale di Torino. Il Covid è arrivato a meno di un anno dall’apertura, e per i posti conviviali si è fatta dura.
Era previsto che le quattro food court del Mercato Centrale messe assieme, Roma, Firenze, Milano e Torino, chiudessero il 2021 con un fatturato di 100 milioni. Ne sono stati fatti 20, di cui solo tre-quattro a Torino.
Ma Montano, malgrado i dubbi per la tiepida (glaciale?) accoglienza riservata alla struttura dalla Torino, sostiene di non voler chiudere. La sua sfida è superare il Covid e rilanciare il Mercato Centrale.
Prima però si toglie un altro sassolino. Non è vero, come si maligna nel capoluogo piemontese, che l’affitto è stracciato. “Mi sono dovuto accollare i debiti della Cooperativa che c’era prima, milioni”.
Il “Mercato” non è Eataly, afferma sottilmente ironico Montano: “Farinetti è Farinetti, uno ce n’è, lui è un grande imprenditore, io sono un parvenu. Poi loro hanno i capitali noi siamo una startup che fa tutto di tasca propria, che investe quello che può”.
Ma se lo strazio del Covid dovesse prolungarsi sarebbe davvero dura.
La chiusura di Montano è sconsolata: “Anche Milano che a settembre è partita con il botto, dal 10 dicembre, con l’arrivo di Omicron, ha perso il 70% del fatturato”.