Milano. Pranzo stampa per scoprire la cucina d’Abruzzo de Il Capestrano
Tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero assaggiare l’pallotte cace e ove abruzzesi o gli arrosticini o tutto quello che abbiamo provato noi in un pranzo stampa con showcooking e menu guidato.
Breve passo indietro: Il Capestrano è un ristorante abruzzese defilato da quasi dieci anni in una traversa della lunghissima via Ripamonti a Milano. Ci si va apposta, non lo si scopre per caso.
Lo conduce con moglie e figlie Roberto (Wladimiro) Babbo, amabile abruzzese della Marsica, geometra-ingegnere-cuoco che non solo ha curato la ristrutturazione del Capestrano ristorante e dell’attigua omonima maison con camere, ma anche ha voluto farne un avamposto culinario della sua regione.
Avamposto culinario e colto – Il Capestrano si chiama così in omaggio alla statua di un guerriero piceno dal largo cappello, rinvenuto in un campo nel 1934. Si tratta di un manufatto raro, che ci illumina sull’arte italica nel VI secolo a.C e che è un po’ il simbolo dell’Abruzzo.
La tradizione generosa e aggiornata
In che senso aggiornata? Generosa nell’autenticità, alleggerita nei condimenti pensando al dispendio energetico contemporaneo. I clienti che inforchettano spaghetti alla chitarra o carni d’agnello o Baccalà alla marsicana durante il business lunch presumibilmente dovranno lavorare a una scrivania anche nel pomeriggio, non proteggere greggi dai lupi.
Ecco perché in casa Babbo sono nati piatti come la tartare di pecora con uova di quaglia e i suoi condimenti per valorizzare prodotti pregiati d’Abruzzo lavorandoli in semplicità.
Un’idea dei prezzi? Gli antipasti costano in media sui 12 €, le zuppe sui 10 € i primi da 13 € e i secondi dai 14 €, mentre i dolci partono dai 6 €.
Le sorelle Babbo – Martina, Giorgia e Serena – sono angeli custodi in sala. I vini, presentati da Serena, sono soprattutto selezioni regionali. Nei nostri calici, un Eughenos Rosato IGP delle terre Aquilane 2017, cantine Di Cato e un Montepulciano d’Abruzzo Riserva DOC 2014, Praesidium.
Il nostro percorso buono per carnivori e non
Una goduria, resa ancor più saporita dal nome vernacolare dei piatti (sì, i nomi danno gusto!). E quindi, via con un Tajer’ di formaggi e salumi come pecorino Canestrato di Castel del Monte, Mortadella di Campotosto, salsiccia di fegato di Paganica, Salsicciotto Frentano, con mostarda di cipolle rosse e pane fatti in casa.
Poi, le pallotte cace e ove. Tenere, profumate, in una densa salsa al pomodoro. Queste polpettine grandi come un’albicocca, in origine un piatto del recupero (di pane raffermo, resti di formaggio), rappresentano una delle più sincere associazioni di idee con la terra d’Abruzzo, rustica e amorevole.
Nelle pallotte del Capestrano c’è un piccolo segreto e ve lo rivelo subito: sono lavorate a quenelle, mantenendo l’impasto più morbido rispetto alla modellatura a mano. In questo modo la frittura sigilla un bocconcino più delicato.
Noi le abbiamo viste fare e assaggiate solo fritte e ancora non impiattate, afferrandole con le mani. Non a tutti è dato questo privilegio, però potreste chiederlo eccezionalmente a Roberto in nome della bontà paradisiaca del piatto.
Pizz’e foje: verdurine di campo ripassate, con aglio rosso di Sulmona e peperone dolce di Altino Presidio Slow Food, su crema di fave e croccante di mais.
Se amate fave e cicorie in qualsiasi possibile declinazione regionale è il vostro piatto.
La Zuppa c’le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio. Molti ricorderanno questo luogo come borgo aquilano salvato dall’abbandono, trasformato in albergo diffuso, colpito crudelmente dal sisma del 2009. Ecco, Santo Stefano ci ha dato lenticchie che rendono meravigliosa la minestra con sopra crostini di pane di Avezzano e rametto di rosmarino.
Pasta aj’ carratur c’ je sughe d’agnèjie, fatta in casa. Capite il dialetto? Sono spaghetti alla chitarra con ragù di castrato e scaglie di pecorino di Castel del Monte. La porzione degustazione è corretta, abbondante quella alla carta sbirciata nei tavoli contigui.
La pècora aj’e cotture è questo stracotto tradizionale un vero piatto corroborante da pastori in montagna, che conosce anche una variante in rosso nell’Abruzzo costiero. Al Capestrano è cucinato in bianco e insaporito da erbe selvatiche.
Alt! Qui si parla di arrosticini
Immancabili. Con che cosa accompagna gli arrosticini il vero abruzzese? Col pane. E con l’olio, un buonissimo Olio DOP abruzzese. Se vi dico che in tavola avevamo il Veneranda 19 dell’azienda Zuppini, vincitore del concorso oleario “Il Magnifico” 2017? E comunque J’arrosticini “fatt’ a man” c’ l’ bruschett’ arrivano caldi nell’apposito boccale, riscaldato accanto alla griglia.
Sono tagliati pazientemente a mano, inframmezzando carne di pecora e quadratini di lardo. Costano 14 € a porzione (o 2,5 € l’uno quelli di fegato) e vanno addentati senza ritegno.
Abruzzo tre volte dolce
Triplice dolce (14 € in carta): Ricotta molla, cioè mousse di ricotta di pecora con amarena candita, scaglie di cioccolato guarnito con gelatina alla centerba, una mini “Pizza doce”, la torta abruzzese multistrato con pan di spagna, cioccolato, crema ed alchermes, guarnita di panna, come per un matrimonio e Je parrozz’ dolce dannunziano preparato con mandorle tritate, ricoperto di cioccolato su crema pasticcera.
Caffè, Ratafià, biscottini impastati con grano di Solina.
Il Capestrano in piccolo
In viale Sabotino, a pochi passi da Porta Romana, uno spin-off del Capestrano: si chiama La Bottega del Capestrano e ripropone tipicità abruzzesi sia per l’asporto sia per un consumo veloce. Nato con sedici posti a sedere, sta per riaprire ampliato.
Toccherà provarlo!
Il Capestrano. Via Gian Francesco Pizzi, 14, Milano. Tel. +39 02 56 93 345
[Immagini: iPhone di Daniela, Il Capestrano]