Milano. Apre Rest@Duomo, direzione artistica Philippe Daverio
Se a Milano, in questi ultimi mesi, si può parlare di un vero e proprio boom della ristorazione, un caso eclatante è quello della “ristorazione museale”, ovvero dei locali, tipo bistrot, aperti all’interno di musei (e anche di teatri). Ultimissimo nato, Rest@Duomo ha aperto un po’ in sordina rispetto ai clamori mediatici (e di cronaca) dell’Expo e del Mercato del Duomo, tenuto a battesimo da Philippe Daverio, che del Museo del Duomo (che ospita il bistrot) è il Direttore Artistico.
Voluto dalla Veneranda Fabbrica del Duomo in occasione di Expo, aperto tutti i giorni dalle 8 alle 23, Rest@Duomo occupa la Sala delle Colonne all’interno del Museo (ma potrà “espandersi” sino alla terrazza nord del Duomo); lo spazio è rimasto sobrio ed essenziale, solo ritmato da grandi “vele” lungo la navata centrale.
La ristorazione è affidata al food specialist Carlo Paganina e alle mani di Lino Valli, figlio di un altro grande chef meneghino, quell’Alfredo Valli che, al timone del Biffi Scala (in Galleria dal 1948), si guadagnò una stella Michelin nel 1968.
La milanesità è, ovviamente, tratto distintivo del locale – e non poteva essere altrimenti, per un locale così legato al Duomo, che è il cuore della città, condotto da uno chef di nobili origini gastronomiche milanesi: e milanesissimo è il cuore del menù, con il risotto al salto, i mondeghili, la barbajada, la michetta. Ben realizzati, molto. Accompagnati dai vini di san Colombano, anzi, del Consorzio Vino doc San Colombano.
Il risotto al salto è nato come recupero degli avanzi di risotto alla milanese. E il risotto giallo, secondo la tradizione, è nato proprio qui, nei pressi del Duomo, nel 1574, per mano di Zafferano, il garzone di un mastro vetraio belga, Valerio di Fiandra, abilissimo nell’usare il colore giallo zafferano; anche se poi il risotto alla milanese quale lo conosciamo noi è stato codificato da Felice Luraschi nel 1829.
Il pane proposto dal bistrot (buonissimo, morbido: ne avrò mangiate una decina) è la michetta, che troviamo rappresentata all’interno della cattedrale nell’Ultima Cena e che viene donato alla santa nelle vetrate delle Storie di Santa Caterina d’Alessandria.
E la barbajada è anch’essa un concentrato di milanesità: fu inventtata da Domenico Barbaja, cameriere, che si arricchì grazie alla sua ricetta (cioccolata, latte e caffè in dosi uguali, zucchero, lavorati con la frusta fino a farli schiumare), diventando in seguito uno dei più importanti impresari teatrali d’Italia. E anche la macchina del caffè si può dire milanese: è stata presentata durante l’edizione milanese del 1906 dell’Esposizione Universale. Tutto torna…
Rest@Duomo, Sala delle Colonne del Museo del Duomo, Piazza Duomo 14/A, Milano