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Pizzerie
17 Febbraio 2017 Aggiornato il 19 Marzo 2017 alle ore 21:08

Milano. Il calzone di Vincenzo Capuano è il miglior investimento in pizza della città

Di pizzerie napoletane, o presunte tali, ormai Milano è piena. Tante che a volte mi pare proprio di vivere a Napoli più che a Milano. In una consueta
Milano. Il calzone di Vincenzo Capuano è il miglior investimento in pizza della città

Di pizzerie napoletane, o presunte tali, ormai Milano è piena. Tante che a volte mi pare proprio di vivere a Napoli più che a Milano.

In una consueta pausa pranzo adocchio l’insegna di Rossopomodoro LAB di cui ho sentito tanto parlare ma che ancora non avevo testato.

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Sono giorni che mangio pizza – “no oggi no” – vado oltre alla ricerca di un’alternativa ma mi arrendo quasi subito e torno indietro: pizza sia, pure oggi!

Partiamo dal presupposto che io non ne sapevo niente (sacrilegio!) non sapevo esattamente a cosa stessi andando incontro varcato l’ingresso della pizzeria: conoscevo Rossopomodoro ancora ai tempi (passati da un pezzo) dell’università e quel che mi è rimasto impresso era il ricordo di una pizza sufficientemente buona in una Milano che già allora cercava con ostinazione di riprodurre un impasto il più possibile fedele all’originale napoletano.

Non sapevo niente (o quasi) di Vincenzo Capuano, il pizzaiolo con la barba che ho incrociato e riconosciuto appena entrata, operativissimo al suo forno, di rosso scarlatto vestito.

Non sapere non sempre è un male no?

Nel menù una selezione di pizze classiche, dalla tradizionale Marinara – 6 € e/o Margherita – 6.50 €, alla Salsiccia& Friarielli – 9.30 €, così come Diavola – 8.50 € e Capricciosa – 9.30 € (tanto per citarne alcune).

Ma anche pizze con impasti integrali, Farina Caputo tipo 1, che si accompagnano a ingredienti di qualità come i pomodorini del piennolo del Vesuvio Dop, il pecorino bagnolese e, ancora, pizze fritte.

Se non bastasse, il menù del mese elenca almeno 3 tipologie di pizze speciali così come una lista di portate interessanti a partire dagli antipasti – polpo e porcini affogati su pane fritto a 7.80 € – e i primi come spaghetti alla chitarra salsiccia e carciofi (12 €).

Mi allontano dalla consueta tradizione di ordinare una margherita e decido di affrontare la questione CALZONE, in questo caso ripieno di ricottina di bufala, salame Napoli, mozzarella, pomodoro grana e pepe in superficie – 9 €.

Un elenco di ingredienti che dovrebbe già parlare da solo prima ancora dell’assaggio ma che all’assaggio è andato ben oltre ogni mia aspettativa (che perlopiù non avevo).

L’impasto soffice e lievemente croccante sui bordi, il suo sapore delicato che si mixa a quello saporito del ripieno, perfettamente bilanciato con l’acidità del pomodoro in superficie a cui danno spinta la spolverata di grana e pepe.

L’alveolatura? In una sola parola, meravigliosa.

Nulla è di troppo, né troppo cotto, troppo salato, troppo condito, troppo umido, troppo è la parola giusta in effetti se ci soffermiamo essenzialmente a dire che ‘sto calzone è TROPPO BUONO!

E di lì a poco, va a finire come al solito, che mi ritrovo nella cucina a fare domande.

Vincenzo mi mostra fiero l’impasto che gira nella grande planetaria e che avrà ancora un bel po’ di ore di lievitazione davanti a se prima di essere infornato.

Quello del calzone che ho appena mangiato è lo stesso della pizza: alta idratazione, lunghi tempi di lievitazione (dalle 36 ore in su), minima percentuale di lievito di birra.

Una volta farcito viene richiuso ma non bucato (come si usava fare anni fa a Napoli) in modo che si formi una sorta di camera d’aria all’interno.

Ciò fa si che il fiordilatte si sciolga completamente e bene.

Apparentemente i parametri sono molto simili a quelli di molte delle ricette in circolazione ma di certo qui qualcosa in più c’è.

“ La ricetta può essere standard, il procedimento è personale” – appunto.

Di certo ad entrare in gioco sono quegli insegnamenti tramandati di generazione in generazione, dal nonno al padre (l’altrettanto famoso Luigi Capuano) proseguiti col figlio Vincenzo che sa applicarli sapientemente per ottenere qualcosa di unico.

“Mio nonno con il suo carattere all’antica , non mi ha mai detto ti voglio bene.
Mi portava in pizzeria da piccolo e mi costringeva ad aiutarlo. 
Crescendo ho capito che ci sono svariati modi di Amare e lui lo faceva cosi…” –

A mio avviso la miglior pizza napoletana mai mangiata prima d’ora a Milano.

Chi mi conosce bene (e mi sopporta) sa quanto sono critica quando si tratta di lievitati.

Quando si dice che – “E’ colpa dell’acqua che non è la stessa, è la farina, è l’aria!” – oggi posso dire dire che no, evidentemente fino ad ora è mancato qualcosa.

Il segreto, che sta nell’esperienza così come nella costanza, nella sperimentazione che è poi quello che vuol essere il LAB di Vincenzo Capuano.

I prezzi sono un po’ più alti rispetto alla media ma nemmeno più di tanto rispetto ai menù di molte di quelle pizzerie che seguono uno stesso filone di ricercatezza della materia prima così come del prodotto finale.

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In molti casi ci si chiede se sia giusto spendere più di 6 euro per una margherita, in questo mi sento di dire tranquillamente che i 9 euro del calzone che ho mangiato sono stati il miglior “investimento” che potessi fare per il mio stomaco durante la mia pausa pranzo.

Perché non ne ho mangiata un’altra?

Ma per tornare!

E poi mi è venuta voglia di fare la pizza a casa. Ma questo è un altro discorso….

Rossopomodoro LAB. Viale Sabotino, 15. Milano. Tel. +39 02 5832 8501

[Immagini: iPhone Azzurra Rossi, Facebook]

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