Milano. Lo street food sardo del Carasino, cioè il pane carasau in forma di panino
Posso azzardare una previsione diciamo così interna? Nel 2017 mangerò un po’ di tutto – ma soprattutto molto etnico. Non so se avremo, qui a Milano, altre aperture di pizzerie (speriamo di no, almeno per un po’: non ho ancora finito di assaggiare quelle aperte l’anno scorso), e se dovremo rimettere mano alla nostra classifica delle migliori 25 pizzerie di Milano, aggiornandola con le nuove entrate, reimmettendovi le vecchie uscite, arrivando probabilmente a 50. Ma vedo che la scena etnica si sta animando, con nuove aperture di ristoranti (da ultimo il nepalese Achar) e di locali specializzati in street food, sia italiano/regionale, sia straniero.
Uno di questi è Il Carasino by Sardò, in piazza Argentina – zona che si sta trasformando in un piccolo food district: nel giro di poche decine di metri hanno aperto in tempi più o meno recenti la Toasteria Italiana, Pizzità, Capatoast, e qualche altro.
Partiamo dalla denominazione: Il Carasino. Eccellenze Regionali Italiane by Sardò. “Carasino” è in sé un termine oscuro, “Eccellenze eccetera” è uno slogan che dice e non dice, ab-usato com’è nella Nuova Ristorazione Italiana. La parola chiave è “Sardò” – e i miei lettori lo riconosceranno come quello di un micro-locale di street food poi diventato ristorante più grande, su due piani, al Verziere, recentemente diventato La Sardina Innamorata. Sempre sotto la stessa proprietà – che ha anche altri progetti, mi si dice, sempre nell’ambito dello street food (magari una culurgioneria?).
“Carasino” allora si spiega: l’ho già assaggiato nel primo Sardò, e lo ritrovo qui – è il pane carasau sotto forma di panino, ovvero, se non ho capito male, un carasau non sottoposto alla seconda cottura, che lo renderebbe croccante e friabile, ma tenuto più morbido in modo da poter essere farcito e ripiegato.
Una doppia consistenza, croccante e più morbida – anche se devo dire che l’insieme risulta di morbido non ha poi molto, almeno nel senso di soffice. Però i sapori ci sono, ben distribuiti ed equilibrati direi.
Il menù si divide in salumi e affettati, pesce, vegetariani e vegani, dolci. Una ventina di proposte fra i 5.30/5.50 € e i 6.30 €.
L’onomastica carasina tocca con un certo gusto la sardegnolità – insomma, la regione Sardegna – e la madrepatria italica: troviamo così Shardana (è il nome del Popolo del Mare, presunto progenitore dei Sardi), arrosto di tacchino, gorgonzola, noci, e Colombo, mortadella senza pistacchi, brie, senape, Isola (arrosto di tacchino brie rucola) e Continentale (salsiccia sarda stagionata, crema di pecorino piccante, pere, finocchietto selvatico), Carloforte (tonno sott’olio, tartara, menta, scorza di limone: è già tra i miei preferiti), Sandalia (salame, provola dolce, rucola), Cavour (salsiccia sarda stagionata, pecorino stagionato, crema di carciofi)…
Niente sito, pagina facebook non molto attiva sono fra i dati negativi – assieme al non avere una porta d’ingresso: si tratta di un street-take-away-food, certo, ma in questa stagione non propizia più di tanto l’avvento degli avventori e una loro permanenza.