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Vino
31 Marzo 2016 Aggiornato il 7 Aprile 2019 alle ore 12:40

Sfumature di Nebbiolo nell’Alto Piemonte

Calice delle mie brame, qual è il nebbiolo più buono del reame? Nebbiolo nel cuore, due giornate intense di assaggi e seminari organizzati da Riserva
Sfumature di Nebbiolo nell’Alto Piemonte

nebbioli Alto Piemonte

Calice delle mie brame, qual è il nebbiolo più buono del reame? Nebbiolo nel cuore, due giornate intense di assaggi e seminari organizzati da Riserva Grande, ha parlato sì di nebbiolo ma in tanti modi diversi, tanti quanti i territori dell’Alto Piemonte. Da ovest a est, Carema, Lessona, Gattinara, Bramaterra, Fara e Boca un piccolo itinerario ideale per scoprire altrettante splendide realtà rispetto ai nebbioli di Langa, Barolo e Barbaresco in primis.

Alla profondità e alla severità di alcuni Baroli, al timore reverenziale che incutono nel calice, lo stesso vitigno riesce a contrapporre esiti più sottili, a parità di complessità.

vigna di Carema

1. Del Carema, che già dal colore aranciato ambisce a distinguersi dal clan dei nebbioli famosi, resta impressa la freschezza. Vino di roccia, sia sotto (siamo alle pendici del monte Maletto, ai confini con la Val d’Aosta) che sopra, arrampicato com’è sulle pergole in pietra e mattoni, per catturare tutto il sole possibile. Della Doc 2012 del Consorzio produttori di Carema in assaggio colpisce la mineralità, e un tannino fine ma presente che esalta e fissa i sentori floreali, fruttati di arancia rossa e speziati di cannella.

Nebbiolo Lessona La Prevostura

2. Procedendo ad est, verso il biellese, entriamo nelle terre dell’antico vulcano che esplodendo milioni di anni ha fortemente determinato il terroir della Val Sesia. Dosi massicce di minerali magmatici, ma anche sabbie e fossili marini nutrono le uve della doc Lessona (nebbiolo in purezza) di La Prevostura, vendemmia 2012, così ricco di fiori scuri e fruttini di bosco, caffè e mandorle leggermente tostate, che poi si risolvono in bocca in un finale persistente ed equilibrato.

nebbiolo gattinara travaglini

3. Ghiaie, sabbie e scheletro nel terroir di Gattinara, poche decine di chilometri ad est, ed ecco che cambia il colore, la struttura, l’impatto al naso e al palato. Di Travaglini ho assaggiato la docg Gattinara vendemmia 2010, nel calice granato tendente all’aranciato, in cui la frutta si fa più scura, e la mineralità torna con note balsamiche e di sottobosco. Con la loro Riserva 2010 le note scure si armonizzano con la sapidità e un tannino ingentilito dall’affinamento in legno, di grande piacevolezza, da sorseggiare con soddisfazione. Non è una riserva, ma è un gran bel bere il Gattinara Nervi del cru Molsino, annata 2009, un naso elegante, di viole, liquerizia, caffè, spezie e lieve caramello, vellutato, intenso e di grande equilibrio, morbido eppure piacevolmente fresco sul finale.

nebbiolo Bramaterra Le Pianelle

4. Tra Lessona e Gattinara, lungo la statale 142, si snodano i territori di una doc senza toponimo: Bramaterra, un nome che tradisce l’anelito all’appartenenza geografica ma anche la caratteristica di questi suoli, resi ‘poveri’ dalla presenza di porfido, duro, ostico per le radici affamate della vite. La ricompensa per tanta fatica è un vino importante, intenso e di carattere, per me una vera scoperta. Il Bramaterra doc Le pianelle 2011 in assaggio viene da Busnengo, e si presenta con un rubino intenso, con lieve accenno aranciato sull’unghia, sentori di mora, bosco, humus al naso, che in bocca si aprono a note più balsamiche e speziate, a un tannino presente ma non invasivo. Un vino serio, che si accompagna bene a umidi saporiti e brasati, ma che anche da solo ha il suo bravo perché.

Ciada Valle Roncati

5. Proseguo per Boca, terra di porfido e sabbie, in grado di regalare finezza e mineralità all’omonima doc, e arrivo a Fara Novarese, patria della doc Fara, che ho assaggiato con etichetta Ciada Valle Roncati (vendemmia 2010). Qui il nebbiolo è presente al 50%, i profumi più fruttati tradiscono la presenza di uva rara e vespolina in percentuali più significative. Eppure l’austerità del suolo e del vitigno si fa presente comunque, e la mineralità è ciò che resta in memoria.

barbera Mascarello

Da qui si scende, verso le langhe e i territori del nebbiolo ‘classico’. Baroli e barbareschi tengono banco, con nomi che si presentano da sé: Giuseppe Mascarello (ottima la sua Barbera Superiore 2011), Oddero, Aurelio Settimo, Palladino ma anche Orlando Abrigo e Prunotto.

Eppure la memoria torna a quei sentori più sottili, forse, ma così fascinosi dei nebbioli ‘cadetti’, intriganti, dai contorni sfumati, ammiccanti.

In amore vince chi fugge? Stai a vedere che pure nel vino…

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