Nuovo Dpcm. Le Regioni vogliono la chiusura dei ristoranti alle 23
Le Regioni non ci stanno con uno dei punti più penalizzanti del nuovo Dpcm diffuso in bozza. Non vogliono la chiusura di bar e ristoranti alle 18, ma chiedono la chiusura dei bar alle 20 e dei ristoranti alle 23. E nemmeno la chiusura domenicale.
Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia Romagna e Presidente della Conferenza delle Regioni, ha preso carta e penna e ha inviato al Governo una lettera con le richieste.
La missiva è giunta ieri sul tavolo del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha fatto slittare la conferenza stampa in cui avrebbe annunciato le nuove misure.
Ecco cosa dice la lettera sul punto della ristorazione.
Prevedere l’orario di chiusura per i ristoranti alle ore 23.00, con il solo servizio al tavolo; per i bar prevedere la chiusura alle ore 20.00 ad eccezione degli esercizi che possono garantire il servizio al tavolo. Eliminare l’obbligo di chiusura domenicale.
Perché fare uscire la bozza del Dpcm
Una presa di posizione precisa che salverebbe le attività di ristorazione da un collasso certo. Ma allora perché il Governo, diversamente da quanto accaduto nella storia dei numerosi Dpcm, ha fatto circolare la bozza del nuovo Dpcm in cui è prevista la chiusura alle 18?
Ha provato a testare le reazioni su una misura così stringente pur sapendo che sarebbe stata avversata innanzitutto dagli operatori del settore? Le manifestazioni in Campania – sfociate in guerriglia di cui i ristoratori sono state vittime – avevano già dato un chiaro segnale.
O ha indicato una strada che già sa impossibile da percorrere in una sorta di pericoloso scarica barile? Noi lo avremmo fatto ma la popolazione non è d’accordo.
O ancora. È stato uno dei presidenti di Regione o tutta la conferenza delle Regioni a farla circolare per avere il sostegno degli addetti ai lavori e a catena dei cittadini che guardano con terrore a un nuovo lockdown?
Domande al momento senza risposta, ma la decisa presa di posizione delle Regioni e il malcontento che serpeggia in molti Italiani probabilmente avrà l’effetto desiderato. Evitare una chiusura alle 18 con un coprifuoco serale che di fatto è un quasi lockdown.
Rischiamo il lockdown a Natale o i ristoranti vuoti?
Il nuovo Dpcm ha sulla bilancia il diritto alla salute, bene costituzionalmente garantito, e il diritto al lavoro che porta con sé la necessità di salvaguardare l’economia. E aggiungerei anche lo stato psico-fisico degli Italiani.
Far lampeggiare l’ipotesi che un coprifuoco o un parziale lockdown – come si voglia chiamare – sia la medicina amara per salvare vite umane e prosaicamente il Natale è un’operazione non da Stato civile.
L’incertezza, per restare al solo settore della ristorazione, fa peggio di qualsiasi altra cosa. Lo abbiamo visto con le ordinanze restrittive di alcune Regioni che hanno innescato reazioni di paura. I ristoranti, le pizzerie, i locali del cibo ne hanno pagato subito pesanti conseguenze.
La gente ha paura e preferisce non uscire anche perché l’indicazione è chiara: restate a casa per quanto possibile.
Purtroppo il balletto delle misure e delle bozze dei Dpcm non aiutano. Si rischia di fare inutilmente la battaglia dell’orario come è stata fatta quella del metro. Toccherà ai ristoratori guadagnare di nuovo la fiducia dei clienti per farli ritornare in sala.
La necessità di un aiuto al settore chiesto dalle Regioni
Stefano Bonaccini, nel presentare le richieste delle Regioni, ha indicato anche la necessità di un ristoro per le attività colpite dalle limitazioni del nuovo Dpcm, quindi anche dalla necessità di chiudere alle 23 per i ristoranti e alle 20 per i bar.
In via generale, si fa rilevare la necessità di prevedere adeguate forme di ristoro per i settori e le attività economiche interessate dalle limitazioni introdotte dal provvedimento oggetto del presente parere, mediante la contestuale attivazione di specifici tavoli di confronto con i Ministeri competenti.
Ma il danno è già stato fatto dai precedenti Dpcm e dalla situazione di instabilità creata con fughe di notizie e ordinanze regionali a macchia di leopardo.
Stabilire una via retta e non contorta per consentire alla ristorazione di continuare le attività è necessaria. Serve soprattutto una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica di segno contrario rispetto alle dichiarazioni fin qui ascoltate e alle minacce di chiusura e di orari. Una campagna di verità che confermi che le misure adottate come la distanza tra i tavoli sia efficace. E non lasciare l’onere della prova a ristoranti, bar e pizzerie. Non è la loro competenza. Possono muoversi in un quadro ma che sia chiaro e non a tinte fosche e incerto come quello in cui la bozza del nuovo Dpcm li ha gettati.
Qui la lettera del Presidente della Conferenza delle Regioni.