Nuovo Dpcm: ristoranti chiusi alle 18. Chi è il ristoratore della foto simbolo
Era disperato perché le misure del nuovo Dpcm sul coronavirus, che prevedono la chiusura dei ristoranti e dei bar alle ore 18, lo faranno “morire di fame”.
Si chiama Giuseppe Tonon, gestisce il ristorante gelateria di Ca’ Lozzio di Oderzo, nel trevigiano. Sabato pomeriggio, mentre sconsolato leggeva i provvedimenti restrittivi assunti dal Governo per contrastare la seconda ondata della pandemia, è stato immortalato dalla figlia. La foto, diffusa su Facebook, è diventata il simbolo delle difficoltà in cui versa la maggioranza dei ristoratori italiani.
Un’immagine che parla da sola, con “Beppo” –soprannome di Tonon– abbattuto più che accasciato davanti all’entrata della sua attività, che fissa un foglio chiedendosi perché.
Perché è toccata proprio a lui questa maledizione di dover chiudere alle 18, come se non fosse bastato il pesantissimo lockdown di primavera, senza più la possibilità di aprire la domenica, “giornata di incasso assicurato” (misura in seguito tagliata dal nuovo Dpcm).
La storia di Beppo è tutta nell’attacco del post che la figlia ha condiviso su Facebook, insieme alla foto poi diventata virale con oltre 6 mila condivisioni in meno di un giorno. “Questo è mio papà. Un uomo che si è fatto dal niente, dalla povertà di una famiglia di mezzadri veneti. Gente umile, senza tanti fronzoli per la testa”.
Una reazione di vicinanza alle sorti problematiche del piccolo ristorante che ha allargato il cuore di ”Beppo” e di sua figlia nel giorno più duro. Perfino Luca Zaia, governatore del Veneto, lo ha contattato dimostrandosi solidale.
Vero, l’affetto non porta il pane a casa, ma è importante per chi è convinto di aver subito un torto evidente. Senza più la possibilità di svolgere il suo lavoro, che ne sarà della dignità con cui Tonon e la sua famiglia hanno condotto in tutti questi anni il loro ristorante?
Perché se aprire la domenica mette in salvo una piccola parte dei ricavi, “con l’obbligo di chiudere alle 18, tanto vale tenere direttamente chiuso”. E si capisce perché, Ca’ Lozzio di Oderzo non è una metropoli dove essere aperti a pranzo garantisce la sopravvivenza.
E nonostante tutta l’attenzione delle ultime ore, per Beppo e sua figlia i problemi, purtroppo, rimangono.