Prosecco: Bottega non trova personale e perde 10 milioni di €
Un’azienda di prosecco cerca personale offrendo stipendi da 1.200 / 1.300 euro netti ma nessuno si presenta, il titolare costretto a rinunciare a 10 milioni di euro di ordini.
È la sintesi della vicenda denunciata da Sandro Bottega, titolare dell’omonima azienda vinicola di Bibano di Godega di Sant’Urbano, alle porte di Treviso.
16 milioni di bottiglie prodotte, quota export dell’85%, inventore dei “Prosecco Bar” che vanno forte in tutto il mondo.
Mancanza di personale: aziende del Prosecco in crisi
“Cerco almeno 20 persone, ma nessuno si presenta”.
“Nonostante la disoccupazione sia a oltre l’8%”, aggiunge stupito. Eppure quella che non trova personale è un’azienda leader del made in Italy nell’export di prosecco.
La ricerca è aperta per manutentori, magazzinieri, mulettisti, autisti, anche enologi e distillatori, soffiatori, impiegati di segreteria, operai semplici o specializzati.
Non si presenta nessuno e l’azienda di Prosecco lancia l’allarme personale con una nota firmata dal titolare.
Il reddito di cittadinanza nel mirino
“Chi può lavorare ma preferisce percepire il reddito di cittadinanza è un ladro”. Accuse che pesano quelle dell’imprenditore veneto.
“La ricerca di personale –spiega il titolare dell’azienda di prosecco– dà risultati disarmanti: mesi e mesi per trovare persone che abbiano competenza, volontà di lavorare, disponibilità a rimboccarsi le maniche. Le persone non accettano il doversi svegliare troppo presto la mattina e ignorano lo spirito del sacrificio.
Nel frattempo –aggiunge l’imprenditore– si perdono ordini e i clienti scelgono strade diverse in altri Paesi, dove le aziende riescono a consegnare con puntualità e dove il rispetto per il lavoro è maggiore”.
Bottega quantifica il danno subito dalla sua azienda: “In questi primi sei mesi dell’anno per la carenza di personale abbiamo dovuto rinunciare a oltre 10 milioni di euro in ordinazioni di prosecco. Che avrebbero portato tasse nelle casse dello Stato, diminuito le uscite da reddito di cittadinanza e generato lavoro per altre imprese”.
Ma anche il mondo della ristorazione è in difficoltà. Della cronica mancanza di personale si sono lamentati in tanti.
Basta ricordare i casi di Alessandro Borghese e Filippo La Mantia. Noi stessi abbiamo raccontato la mancanza di personale nei ristoranti tramite la cronaca di una giornalista che si è finta cameriera.
Ma è davvero solo colpa del reddito di cittadinanza?
Anche nel settore del prosecco numerosi imprenditori spiegano la mancanza di personale puntando il dito verso il provvedimento, colpevole di demotivare i cittadini al lavoro.
“Certo bisogna aiutare chi non ce la fa, ma non si deve accettare l’assistenzialismo”, dice l’imprenditore.
”Sicuramente va mantenuto il reddito di cittadinanza o il sussidio alla disoccupazione che è sempre esistito, ma al tempo stesso chi lo riceve, se la condizione fisica glielo permette, deve studiare per imparare un lavoro e deve accettare ogni opportunità che gli si presenta”.
Solo personale immigrato per il Prosecco
Poi Bottega passa a un tema scivoloso:
“Oggi siamo costretti a assumere persone, per lo più immigrati perché altro non si trova, con esperienze e preparazione ben inferiori a quelle degli italiani. Purtroppo questi ultimi spesso non hanno convenienza a lavorare perché mantenuti dal reddito di cittadinanza”.
Il titolare dell’azienda di prosecco risponde anche alle accuse rivolte agli imprenditori per le paghe misere e le condizioni spesso degradanti imposte al personale.
“Non mi si venga a dire che gli imprenditori pagano poco, perché se anche può essere vero in alcuni casi, non lo è nella maggior parte delle aziende d’Italia che hanno un costo del personale di poco inferiore alla media UE.
Con la differenza –aggiunge Bottega–che il maggior cuneo fiscale italiano provoca un netto in busta paga dei dipendenti ben inferiore a quello degli altri Paesi.
Imprenditori costretti a chiudere
I politici italiani dovrebbero entrare nelle aziende e capire che cosa vuole dire fare impresa. Dovrebbero aggiornare leggi obsolete che risalgono a 100 anni fa e che le aziende del prosecco devono rispettare con conseguente perdita di efficienza e personale. Devono sapere, promuovere e tutelare il Made in Italy”.
Bottega è ormai un fiume in piena: “Noi, in 45 anni di storia ineccepibile, che ci ha portati a diventare il primo spumante italiano nel mondo per immagine, notorietà e simbolo della migliore qualità, avremmo potuto fare molto di più senza le difficoltà assurde del sistema Italia, non ultima la lentezza della giustizia.
Quando anche l’ultimo degli imprenditori del prosecco sarà costretto a chiudere perché non trova personale che lavora, chi pagherà il reddito di cittadinanza?”.
E poi la conclusione di Sandro Bottega: “Se chi fa la guerra è un assassino e chi non rispetta le leggi è un delinquente, chi invece può lavorare, ma preferisce percepire il reddito di cittadinanza, è un ladro”.
Un lavoro non più ”attrattivo”
Di tutt’altro tenore le risposte dei sindacati.
Davide Fiatti, segretario nazionale Flai-Cgil, commenta le parole di Bottega.
Causa della “non attrattività del lavoro in agricoltura è che si tratta di lavoro pagato poco rispetto alla fatica che comporta, oltre alla mancanza di formazione del personale, perché nel prosecco il lavoro non è solo saper raccogliere l’uva”.
In più, aggiunge il sindacalista, “Il lavoro è sottopagato, e spesso il lavoratore è soggetto al lavoro nero, o grigio e a irregolarità, o addirittura a sfruttamento”.