Riaperture. I ristoranti non possono sembrare ospedali, dice Al Bano
I ristoranti post Covid-19? Non possono certo sembrare degli ospedali: parola di Al Bano, che si appresta a riaprire il suo ristorante Don Carmelo il 20 giugno.
Sì, anche Albano Carrisi, il cantante nazionale più prolifico (in tutti i sensi) del nostro Paese, l’ugola d’oro capace di arrivare alla veneranda età di 75 anni suonati emettendo dei do di petto old-style capaci di spaccare tutti i vetri di casa, anche lui si getta nella mischia quelli che fan sentire la loro voce in merito allo sciagurato virus che ci sta avvelenando la vita ormai da mesi e che si ripromette di rovinarcela ancora per molto tempo a venire, soprattutto in termini di convivialità, divertimento e socialità.
Le riflessioni di Al Bano sono state riportate dal giornale Diva e Donna, al quale il cantante pugliese ha rilasciato nei giorni scorsi un’intervista in merito alla situazione che sta vivendo i nostro paese e in particolare la sua terra natia, quella Cellino San Marco dove il cantante ha la sua residenza.
Una residenza che è in realtà una magnifica tenuta costituita da ettari ed ettari di vigneti, uliveti, frutteti, scuderie, giardini e e che comprende al suo interno anche una enoteca e un parco con tanto di hotel completo di ristorante, in cui il cantante offre ristoro ai numerosi turisti-fan che si spingono nella sua struttura ricettiva proprio nella speranza di incontrarlo.
Nella tenuta, grazie all’uva dei suoi vigneti, il Leone di Cellino San Marco produce anche con orgoglio un ottimo vino, che poi commercializza con profitto e soddisfazione.
Insomma, un’impresa di tutto rispetto, quella di Albano, che richiede anche comprensibilmente un adeguato numero di persone che la facciano prosperare e andare avanti.
Ed è proprio qui che si inserisce lo sfogo di Albano in merito al Coronavirus e alla situazione che stiamo vivendo in questi tempi, una situazione che gli ha imposto di interrompere i concerti in giro per il mondo, che per il cantante costituivano la principale fonte di reddito.
“Ho solo uscite, nessuna entrata. Limando qua e là, con le giuste accortezze, vado avanti un anno: chi si fida a prendere un aereo, ad andare in giro per il mondo con questo dannato virus in giro… con costi poi che sono una sperequazione. Però – continua il cantante – non capisco perché la musica leggera sia sempre considerata la Cenerentola dello spettacolo: trovano contributi per tutti ma non per chi fa il nostro lavoro”.
E qui Al Bano illustra la situazione delle persone che lavorano nella sua tenuta: “Venti fisse e un’altra ventina e più che ruotano. Alla fine sono 50 famiglie senza reddito. Poi ci sono le persone che di solito lavorano qui a Cellino. E vedremo quando a settembre dovremo fare la vendemmia o quando ci sarà la raccolta delle olive come faremo”.
E se per il lato agricolo della tenuta del celebre cantante l’avvenire non è roseo, non meglio va per il comparto ricettivo, cioè l’ hotel e il ristorante: “Chiuso l’albergo, chiuso il ristorante. Lei ha letto tutte le norme per riaprire? La spesa non vale l’impresa e poi finirebbe per assomigliare tutto ad un ospedale. E un ristorante non può sembrare un ospedale”.
Quant’amara ragione in queste poche parole: un ristorante non è un ospedale, e il (giusto) rispetto delle norme anti- Covid-19 lo farebbe invece inesorabilmente assomigliare a un reparto di un nosocomio, facendo allontanare gli avventori piuttosto che attirarli. Non per nulla infatti è stato stimato che ben tre ristoranti su dieci non alzeranno per il momento le proprie serrande, proprio a causa delle norme stringenti dettate dall’emergenza coronavirus.
Un problema che riguarda Al Bano come tutti i ristoratori a livello mondiale, attanagliati tra l’esigenza di garantire sicurezza agli avventori e l’angoscia di vedere trasformati i propri locali, un tempo simbolo di convivio e di benessere, in una sorta di zona militarizzata con tanto di percorsi guidati, camerieri in tuta spaziale e pannelli divisori modello uffici open-space anni ’90. Insomma, non certo un luogo dove andare con animo sereno per passare un paio d’ore in tranquillità.
Insomma, una voce, quella di Al Bano, che oggi si leva non certo per cantare “Felicità” ma piuttosto “Coronavirus canaglia”, accompagnata da un coro formato da tutti i ristoratori che si trovano nella sua stessa amara situazione.
[Link: Huffington Post]