Il risotto di Gualtiero Marchesi non si può copiare: lo dice una sentenza
Questa storia del risotto di Gualtiero Marchesi sembra tratta da un episodio del tenente Colombo. Solo che non c’è nessun morto, se non il senso del decoro, si intende.
Praticamente c’è uno cheffone con la c maiuscola che si chiama Gualtiero Marchesi che da anni, tra fumi e vapori manteca senza soluzione di continuità una specie di nettare divino: il risotto oro e zafferano, una roba di tale bontà che ne custodisce gelosamente la ricetta rivelandone i più preziosi dettagli solo all’allievo prediletto della sua fabbrica di sapori, il signor Guido Rossi.
Mai credendo, l’ingenuo Marchesi, che la gemma più preziosa della sua corona se la sarebbe data a gambe riproponendo nel suo nuovo ristorante milanese -udite udite- proprio un risotto oro e zafferano, arricchito però, nella dicitura di un inequivocabile ‘omaggio a Marchesi’. Stesso nome (più o meno), stesso prezzo, diverso il riso che non è già più l’italico carnaroli bensì un esotico basmati.
E non un basmati qualunque, ma un basmati di bassa qualità, come si legge nel comunicato stampa. ‘Alcuni chicchi sono macchiati, rotti e molto cristallini, sintomo di una lavorazione che deteriora i chicchi (anche quelli apparentemente integri)’.
Cosa succede al risotto di Marchesi
Ma la guerra dei risi è appena alle battute iniziali. Marchesi, informato della faccenda, scende in campo con le truppe cammellate. Si rivolge al Tribunale. Che prontamente nomina un CTU (la Dott.ssa Cinzia Simonelli del Centro di Ricerche dell’Ente Risi Italiano) il quale assaggia, verifica, degusta, rileva, misura. Fino a stabilire che no ‘la varietà di riso utilizzata non è adatta per la preparazione del risotto. E che la qualità del riso utilizzato non rispetta gli standard previsti dalle normative’. A peggiorare la posizione di Rossi il fatto che nel 2002 Marchesi ha registrato il design del piatto (immagine per altro pluripubblicata). Di modo che ‘l’immagine del piatto in unione con la dizione riso, oro e zafferano o anche considerato singolarmente possa essere tutelabile come marchio’.
E che dice l’avvocato di Rossi? Prova timidamente ad opporre argomentazioni circa la non validità del marchio registrato, ma gli dice male, proprio male, poiché ‘oltre ad essere tutelabile come marchio di forma, il prodotto è altresì tutelabile in forza della capacità distintiva che ha acquistato come è stato dimostrato dai testi assunti nel corso del procedimento, anche dalle dichiarazioni rese dai consumatori medi, e si deve anche dare atto che si tratta di un prodotto molto pubblicizzato su libri, su riviste in Italia, in Europa e in tutto il mondo e anche nel mondo più allargato non solo in quello riservato agli addetti alla ristorazione e della cucina’.
Com’è finita questa guerra all’ultimo riso, combattuta a suon di righello, misurando chicco su chicco, il diametro dei piatti e l’ego degli chef? Che Guido Rossi si è fatto la cartella e ha dovuto eliminare a tempo di record il suo piatto dal menù dell’elegante ristorante milanese.
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[Immagini: Battiloro, Italia a Tavola]