Rischio ragionato: ristoranti aperti il 26 aprile a pranzo e a cena, ma solo in zona gialla e all’aperto
Ristoranti aperti dal 26 aprile significa seguire un rischio ragionato.
La linea del Governo sulle riaperture dei ristoranti, delle attività commerciali e di quelle sportive è sotto il cappello del rischio ragionato.
Che significa, tradotto in termini pratici, è possibile riaprire ma seguendo con molta attenzione le regole che ci hanno accompagnato in questo anno di crisi pandemica.
E il quadro in cui muoversi è sempre offerto dall’evidenza dei dati scientifici riassunti anche da un rinvigorito Ministro della Salute, Roberto Speranza.
Il rischio ragionato e ristoranti all’aperto
Il dato che interessa e che permette di assumersi questo rischio ragionato è che il coronavirus incontra difficoltà a contagiare le persone se le attività si svolgono all’aperto.
“La priorità della ripresa andrà alle attività che si possono svolgere all’aperto. Nei luoghi all’aperto è molto più difficile contagiarsi rispetto al chiuso. Un principio che applicheremo nella ristorazione e non solo, e ci riaccompagnerà nella fase di transizione. Con l’auspicio che col passare delle settimane, il miglioramento della curva e l’aumento delle vaccinazioni potremo programmare ulteriori aperture anche per attività al chiuso”. Così Speranza.
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi semplifica le questioni economiche e anche quelle delle riaperture. Con un semplice esempio. Chi sta un’ora a tavola a una distanza di 50 centimetri dal commensale ha più facilità di ammalarsi rispetto a chi rispetta il metro di distanza e mangia all’aperto.
Sembra quasi di sentire Pazzaglia, ma l’assunto apre alle nuove possibilità di riaprire.
E dunque ristoranti aperti il 26 aprile, che cade di lunedì e quindi si rispetta la regola di non fare aperture/chiusure nel weekend. La road map, il calendario è chiaro fino a un certo punto.
C’è voglia di infondere fiducia nei cittadini, ma il perimetro o, meglio, la linea su cui muoversi è sottile. Non sono i proclami degli aperturisti come se niente fosse accaduto a dettare la linea.
La regola resta la stessa: zona gialla per stare al ristorante
Quindi si apre nelle regioni che sono in zona gialla. Perché il dato essenziale non cambia. E anche l’idea di un’apertura definitiva è legata al restare definitivamente in zona gialla (quella bianca della Sardegna è stata un po’ sfortunata). Cioè al rispetto dei singoli delle norme per prevenire il contagio. Niente assembramenti, distanza di sicurezza, mascherine, disinfezione delle mani più il corollario per ogni attività.
Significa che rientra in gioco la zona gialla ma non va in soffitta né la zona arancione né la zona rossa. Che sono le armi per soffocare i cluster e le impennate delle curve di contagio e dei ricoveri.
Solo con il rispetto delle norme potremmo assistere a una stagione estiva normale, quasi normale o comunque diversa dall’inverno e continuare a sederci al tavolo di un ristorante.
Non è una concessione, ma una necessità. Come quella di confermare il coprifuoco alle ore 22.
Che permetterà dal 26 aprile di praticare gli sport all’aperto, mentre gli stabilimenti balneari e le piscine all’aperto riapriranno il 15 maggio e il primo giugno sarà la volta delle palestre.
Il 1 giugno i ristoranti con posti a sedere al chiuso potranno riaprire.
Il 1 luglio è la data individuata da Speranza per far ripartire le fiere. Quindi a lume di naso Cibus e Tuttofood si dovrebbero tenere in autunno.
E infine il capitolo, non meno importante per la ristorazione, degli spostamenti tra Regioni. Possibili solo tra zone gialle, mentre per muoversi da un colore all’altro occorrerà un pass vaccinale. Data per avviare gli spostamenti è la metà di maggio.
Il rimbalzo economico e il rischio ragionato
Un percorso, quello delineato da Draghi, che punta sulla crescita per far fronte al debito pubblico monstre e che interessa anche le attività di ristorazione. Il Presidente del Consiglio si è detto sicuro del rimbalzo che ci sarà nei prossimi mesi anche se è difficile quantificarne l’entità.
Ma la parte complessa è accompagnare questo rimbalzo nel tempo per creare un andamento meno spinto ma comunque alto nel rendimento. Non è solo questione dei grandi gruppi industriali, ma di tutte le attività economiche. Che dovranno essere improntate a quella transizione, ecologica e concettuale, in grado di rendere quel debito “buono”, cioè capace di pagarsi. Di viaggiare con le “proprie ali” come nel caso dell’Alitalia. O con i propri tavoli, nel caso di un ristorante o di una pizzeria.
Non bisogna guardare con gli “occhi di prima”. Né il debito pubblico, ma tantomeno le proprie attività. Non cercare di recuperare il passato, ma guardare alle opportunità del futuro perché molti comportamenti sono cambiati.
Scendendo al livello delle zampe di un tavolo, il futuro non sarà il delivery come molti hanno commentato. Ma non sarà nemmeno l’approssimazione negli obiettivi. È una questione di misure. Proprio come i famosi 2 metri di distanza al chiuso che, cacciati via dalle Regioni l’anno scorso, rischiano di rientrare dalle finestre delle stesse Regioni. Desiderose come tutti di restare in zona gialla.
Il “rischio ragionato” ha più peso sul secondo termine. Ragione, non fare qualcosa tanto per vedere l’effetto che fa.